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Piano Casa, in Campania governo regionale a rischio

Piano Casa, in Campania governo regionale a rischio

L’Esecutivo annuncia incontri con le regioni inadempienti, legislatura messa in dubbio dall’opposizione

Vedi Aggiornamento del 05/01/2010
di Paola Mammarella
10/11/2009 - Il Piano Casa mette a rischio il governo della Regione Campania. La mancata approvazione del piano per il rilancio dell’edilizia attraverso gli interventi di ampliamento volumetrico ha fatto scattare l’allarme da parte del Governo, che ha annunciato incontri chiarificatori con le regioni inadempienti. Al momento, oltre alla Campania, mancano all’appello Sicilia, Calabria e Molise.
 
È il centrodestra a mettere in dubbio la legislatura. Come riferisce Mario Landolfi, vice coordinatore vicario del PdL campano, in caso di mancata approvazione del Piano Casa nella prossima seduta del Consiglio Regionale, l’opposizione considererà concluso il mandato della maggioranza. Condannata la ripetuta assenza in aula del Governatore Bassolino, così come il grande numero di emendamenti presentati dal centrosinistra a un proprio progetto di legge.
 
Obiettivi mancati : A causare la spaccatura è la mancanza di un accordo sul testo approvato dalla Giunta, all’esame del Consiglio da oltre sei mesi. Tra gli obiettivi del disegno di legge ricordiamo il rilancio economico, l’incremento dell’occupazione, la riqualificazione del patrimonio immobiliare e il diritto alla casa.
 
Raccordo con la finanziaria : Il mancato passaggio del Piano Casa rende impossibile anche l’approvazione del bilancio 2010. La manovra finanziaria dovrebbe infatti tenere in considerazione anche gli effetti a cascata generati dal programma anticrisi riservato alle costruzioni.
 
Il disegno di legge del quale si chiede l’approvazione prevede ampliamenti volumetrici del 20%, con la possibilità per i Comuni di ridurre il contributo di costruzione del 20% o del 60% in caso di prima abitazione. Consentita anche la realizzazione di un edificio separato nel caso in cui non sia materialmente o giuridicamente possibile realizzarlo in contiguità con il fabbricato esistente.
 
Alle demolizioni e ricostruzioni sugli edifici realizzati prima del 1989 è riconosciuto invece un bonus del 30% o del 35% se si ricorre alle tecniche della bioedilizia. Non c’è ancora accordo sulla possibilità di rendere non edificabile l’area originaria nel caso in cui si ricostruisca in altra zona.

Semplificate le procedure grazie all’ampliamento dei casi di edilizia libera e denuncia di inizio attività. Proposta anche la sostituzione del permesso di costruire con una certificazione di conformità giurata da parte del progettista.
 
Esclusi dalle possibilità di intervento gli immobili abusivi e quelli vincolati. Previsto però il ravvedimento operoso e l’estinzione dell’illecito per le infrazioni meno gravi, dopo l’accertamento di conformità e quello di compatibilità ambientale.
 
Totale disaccordo invece sul cambio di destinazione d’uso nelle aree industriali, che consentirebbe la trasformazione delle fabbriche dismesse in edifici residenziali, a condizione che una quota non inferiore al 20% delle cuba­ture sia destinata all’edilizia convenzionata.
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