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Sicurezza del territorio, il Piano Clini verso il via libera del Cipe

Sicurezza del territorio, il Piano Clini verso il via libera del Cipe

Geologi e urbanisti scettici sull’assicurazione obbligatoria per gli edifici nelle zone a rischio

Vedi Aggiornamento del 01/07/2013
di Rossella Calabrese
13/12/2012 - Potrebbe arrivare il 21 dicembre prossimo sul tavolo del Cipe il “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio” messo a punto dal Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e inviato al Comitato la scorsa settimana.
 
Il Piano (scarica il testo) prevede il divieto di abitare o lavorare nelle zone ad altissimo rischio idrogeologico, l’obbligo di assicurazione per le costruzioni nelle zone a rischio di inondazione, limiti alle costruzioni nelle zone a rischio, il risparmio di suolo, interventi di manutenzione dei corsi d’acqua e di difesa dei centri abitati, il recupero dei terreni abbandonati, la difesa dei boschi, la protezione delle coste e delle lagune esposte all’innalzamento del mare e la riattivazione dei Bacini idrografici (leggi tutto).
 
“Sembra incredibile che si sia dovuto attendere il 2012 per sentirsi dire dal Ministro dell’Ambiente che non si deve costruire in zone a rischio idrogeologico” ha commentato Gian Vito Graziano, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi (CNG). “Eppure era il 1969 quando alla prima seduta dell’appena costituito Ordine Nazionale dei Geologi, l’allora Presidente Ardito Desio propose di scrivere una lettera al governo italiano per sottolineare il grave problema rappresentato dal dissesto idrogeologico. Sono passati cinquant’anni e forse quella lettera, che porta una firma così insigne, è arrivata”.
 
“Ne prendiamo atto - ha proseguito Graziano -, continuando a ribadire le necessità di una drastica riduzione del consumo di suolo, di una visione del problema a scala di bacino e di politiche del governo del territorio che si integrino con quelle urbanistiche, agricole e forestali, che potranno aiutarci ad uscire dalla crisi”. 
 
Sul Piano Clini è intervenuto anche l’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) riconoscendo nel Piano uno strumento che va nella direzione di un buon governo del territorio ma ricordando che tale provvedimento dovrebbe far parte di una politica più complessiva fondata su una nuova legge quadro per il governo del territorio “che nemmeno questo Parlamento giunto ormai a fine mandato ha approvato”. Per l’INU, è importante mettere in sicurezza le aree a rischio, ma lo è altrettanto prevenire in tutto il territorio ogni trasformazione che metta in discussione l’equilibrio ambientale e il paesaggio.
 
Riguardo poi alla proposta di introdurre un’assicurazione obbligatoria per gli edifici delle zone più vulnerabili, l’INU ritiene che si tratti di una misura comprensibile in tempi di restringimento delle risorse pubbliche, ma che, allo stesso tempo, lo Stato non possa esimersi dal provvedere alla sicurezza del territorio. L’assicurazione - secondo l’INU - dovrebbe essere complementare e non sostitutiva delle politiche nazionali e locali di prevenzione, e accompagnata dalla defiscalizzazione dei costi assicurativi.
 
La strada maestra - continua l’INU - deve rimanere quella della programmazione degli interventi di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, i cui costi devono essere ripartiti su una platea più vasta di quella dei proprietari di immobili nelle zone più vulnerabili, se necessario utilizzando la fiscalità.
 
Anche il CNG è scettico in merito all’obbligo di assicurazione. “Ogni anno i costi dei danni dovuti al dissesto idrogeologico assorbono gran parte delle risorse - ha detto Graziano -, ma trovare queste risorse imponendo una assicurazione obbligatoria lascia perplessi, soprattutto in un momento così delicato. Quando poi non si riesce nemmeno a spendere i 4 miliardi di euro destinati alla prevenzione dal 1988 ad oggi. Da una parte, come avviene in tanti altri paesi occidentali, questo potrà servire anche ad aumentare la consapevolezza dei cittadini della condizione di rischio in cui vivono, ma dall’altra potrebbe diventare un alibi nelle già labili politiche di manutenzione del territorio” - ha concluso il CNG.
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