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Ok all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria

Ok all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria

Tar Brescia: possibile derogare al divieto se c’è un vantaggio ambientale

Vedi Aggiornamento del 11/01/2012
di Rossella Calabrese
04/09/2008 - Con la sentenza n. 317/2008 il Tar di Brescia ha accolto il ricorso di una Società contro l’ordinanza di demolizione di opere abusive realizzate all’interno di una fascia di rispetto fluviale.
 
La società, proprietaria di uno stabilimento produttivo, ha realizzato abusivamente una copertura metallica di notevoli dimensioni (58,00 x 6,00 metri) su un terreno di sua proprietà adiacente allo stabilimento e, contestualmente, un muro di recinzione alto circa 2,40 metri e una struttura metallica di appoggio per la suddetta copertura. Il risultato è un ampliamento del capannone industriale di circa 356 mq.
 
L’area su cui sono state edificate le opere abusive è classificata come D1 (produttiva); inoltre, per una superficie di circa 49,59 mq le opere ricadono anche in zona sottoposta a vincolo ambientale ai sensi dell’art. 142 comma 1 lett. c) del Dlgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (fascia di rispetto fluviale di 150 metri).
 
Tuttavia, l’art. 32 delle NTA del PRG ammette in zona D1 l’aumento fino al 10% della superficie coperta esistente alla data di adozione del PRG, previa stipula di una convenzione con il Comune che preveda “miglioramenti qualitativi dell’insediamento produttivo quali la riduzione dell’impatto ambientale nonché la cessione di aree o la realizzazione di opere finalizzate all’interesse pubblico”.
 
In seguito all’ordine di sospensione dei lavori, la Società ricorrente ha presentato domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del DPR 380/2001 , ma prima della conclusione del procedimento, ritenendo impossibile il rilascio di un’autorizzazione paesistica in sanatoria ai sensi dell’art. 167 del Dlgs. 42/2004, il Comune ha ordinato di demolire le opere abusive realizzate nella fascia di rispetto fluviale, precisando che, in seguito alla remissione in pristino dello stato dei luoghi, la ricorrente avrebbe potuto ottenere l’autorizzazione paesistica per realizzare nuovamente le opere demolite.
 
Subito dopo, il Comune e la Società hanno stipulato una convenzione che accerta la conformità urbanistico-edilizia di tutte le opere abusive e la difformità sotto il profilo ambientale delle opere posizionate sull’area di 49,59 mq nella fascia di rispetto fluviale. Per quest’ultima area, nella convenzione si afferma che, essendo mancata la preventiva autorizzazione paesistica, l’assenso sotto il profilo urbanistico-edilizio potrà essere rilasciato solo dopo il ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 167 del Dlgs. 42/2004. Per ottenere il permesso di costruire in sanatoria la ricorrente si è obbligata a realizzare le opere di pavimentazione e illuminazione di un tratto della strada del Solecchio, a introdurre miglioramenti qualitativi dell’insediamento produttivo, a versare 1.946,87 euro a conguaglio degli oneri di urbanizzazione e a prestare garanzia mediante polizza fideiussoria.
 
Contestualmente alla firma della convenzione, la ricorrente ha ottenuto il permesso di costruire in sanatoria soltanto per le opere non ricadenti nella fascia di rispetto fluviale, mentre per le altre permane l’obbligo di demolizione quale condizione per ottenere in seguito un titolo edilizio. La Società ha quindi impugnato l’ordinanza di demolizione evidenziando il contrasto tra essa e la convenzione.
 
Il Tar ha condiviso le ragioni della Società osservando che una parte delle opere abusive ha effettivamente invaso la fascia di rispetto fluviale, dando luogo ad un abuso che fuoriesce dai casi in cui l’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004 (come sostituito dall'art. 27 del Dlgs. 24 marzo 2006 n. 157 ) consente l’autorizzazione paesistica in sanatoria, in deroga al divieto di cui all’art. 146 comma 12 del Dlgs. 42/2004.
 
La vigente normativa sull’autorizzazione paesistica risultante dal combinato dell’art. 146 comma 12 e dell’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004 - spiegano i giudici - è particolarmente severa, in quanto esclude la sanatoria ambientale per le opere non preventivamente assentite, con l’eccezione di alcune fattispecie marginali.
 
La normativa vigente presuppone tuttavia che si confrontino l’interesse pubblico all’utilizzazione controllata del territorio e l’interesse del privato alla sanatoria. Ovviamente prevale l’interesse pubblico e lo stato dei luoghi deve essere ripristinato. La situazione è però diversa se dall’attività edilizia oggetto di sanatoria derivi un vantaggio ambientale. Ad esempio, l’assunzione di oneri da parte del privato per migliorare le infrastrutture pubbliche o gli standard urbanistici, o l’impegno del privato a svolgere un’attività produttiva già insediata secondo criteri ispirati a una maggiore sensibilità ambientale (ossia le obbligazioni contenute nella convenzione tra il Comune e la ricorrente) consentono di superare il rigido rapporto di anteriorità tra l’autorizzazione paesistica e l’attività edificatoria.
 
Per concludere, se il privato è disposto ad assumere oneri specifici per migliorare la situazione ambientale, e se è accertato che dalle opere abusive non può derivare alcun danno collaterale all’ambiente, l’ordine di demolire quale condizione necessaria per poi ottenere l’autorizzazione di opere identiche appare irragionevole.
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