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Governo del territorio: proposta di legge Inu

Governo del territorio: proposta di legge Inu

Tra gli obiettivi: contenere il consumo di suolo e redistribuire le rendite indotte dalla pianificazione

Vedi Aggiornamento del 13/02/2013
di Rossella Calabrese
Vedi Aggiornamento del 13/02/2013
27/11/2008 - È stata presentata nei giorni scorsi la proposta di legge per il governo del territorio elaborata dall’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU).
 
“Una legge snella e funzionale spiega - l’Inu in una nota -, rispettosa della ripartizione dei poteri legislativi e in grado di fornire alle regioni gli strumenti per redigere leggi organiche.” Questo l’obiettivo del disegno di legge che punta ad “armonizzare in un quadro coerente la vigente legislazione che incide sul governo del territorio, e a superare l’angusta disciplina urbanistica nazionale in vigore, che risale al 1942.”
 
Tra le proposte presenti nel testo:
- la suddivisione dei compiti tra governo ed enti locali nella gestione del territorio;
- l’affermazione del principio della “funzione pubblica” nella pianificazione urbana, in maniera che tutti gli interventi rispettino l’interesse generale;
- la restituzione alla collettività di una quota della rendita ricavata dalle nuove edificazioni;
- il contenimento dei nuovi utilizzi di suolo e la verifica che non comportino impatti ambientali negativi.
 
In linea con la propria tradizione, l’Inu offre un contributo metodologico e culturale al dibattito parlamentare sulla stesura di un moderno testo che organizzi e disciplini il governo del territorio, la cui regolamentazione spetta in modo “concorrente” a Stato e regioni. La proposta dell’Inu è una “legge di principi”, non tradizionalmente regolativa né esclusivamente ricognitiva, perché l’Istituto ritiene che il legislatore debba tener conto della vastità della materia e non commettere l’errore di un dettato eccessivamente compressivo.
 
Tra gli obiettivi della legge vi sono quelli di garantire il diritto all’abitazione, di soddisfare le esigenze di mobilità delle comunità e di recuperare a favore delle collettività una quota delle rendite e delle plusvalenze indotte dalla pianificazione (art. 3). Altro importante obiettivo, in linea con il principio di sostenibilità, è il riuso e l’adeguamento di insediamenti e infrastrutture esistenti per contrastare la diffusione insediativa e contenere il consumo di suolo non urbanizzato (art. 4). L’art. 5 è dedicato alla copianificazione, cioè alla partecipazione obbligatoria al processo di pianificazione da parte di tutti i soggetti che hanno responsabilità nel governo del territorio.
 
L’articolo 11 disciplina la partecipazione degli operatori privati all’attuazione dei piani. Se le scelte della pianificazione sono una prerogativa pubblica, nell’attuazione è indispensabile l’apporto dei privati, scelti anche attraverso processi concorrenziali quando si tratta della costruzione della “città pubblica. Lo stesso articolo 11 definisce le modalità della negoziazione urbanistica, definita da procedure trasparenti e ritenuta essenziale per la formazione di piani operativi efficienti ed efficaci.
 
L’articolo 13 conferma la perequazione urbanistica come modalità ordinaria per l’attuazione delle scelte operative del piano e, in particolare, per l’acquisizione delle aree necessarie per la collettività, come peraltro già indicato dalla maggioranza delle leggi riformiste approvate negli ultimi anni e come la recente sentenza 348/07 della Corte Costituzionale sulle indennità espropriative rende ormai obbligatorio. L’esproprio, necessario per la realizzazione delle opere pubbliche, diventa quindi una soluzione straordinaria, da utilizzare quando la perequazione non risulti praticabile.

La fiscalità urbanistica (articolo 14) può svolgere un ruolo determinante nel governo del territorio, sempre che l’approccio sia caratterizzato in termini di scopo: applicando l’ICI solo sulle previsioni conformative e non su quelle programmatiche, che non possono, in alcun modo, generare diritti; reintroducendo la non tassabilità dei trasferimenti volumetrici all’interno degli ambiti perequativi e da un ambito all’altro; definendo incentivi e disincentivi per sostenere interventi di riqualificazione o di trasformazione di particolare interesse pubblico. La proposta ribadisce anche la necessità di una corretta utilizzazione degli oneri di urbanizzazione e del contributo sul costo di costruzione (trasformato in “contributo per la riqualificazione urbana”) , che devono essere sempre aggiornati nei valori ed utilizzati per realizzare le opere necessarie e per contribuire alla riqualificazione della città e del territorio. Liberando così i Comuni dall’attuale conflitto di interessi, che oggi li costringe a finanziare con “moneta urbanistica” le proprie necessità di bilancio.
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