Appalto ok anche se il subappaltatore usa i mezzi dell’appaltatore
LAVORI PUBBLICI
Appalto ok anche se il subappaltatore usa i mezzi dell’appaltatore
Occorre però verificare che l’appaltatore organizzi il lavoro e si assuma il rischio di impresa
04/11/2009 - Il solo utilizzo di strumenti di proprietà del committente o dell’appaltatore da parte dei dipendenti del subappaltatore non qualifica come “non genuino” l’appalto, ferma restando la necessità di verificare la natura e le caratteristiche dell’opera o del servizio.
Lo afferma il Ministero del Lavoro con l’ Interpello n. 77 del 22 ottobre 2009 , in risposta alla Confindustria, che ha chiesto chiarimenti sulla disciplina relativa all’impiego di manodopera negli appalti di opere e di servizi, di cui all’art. 29, comma 1, del Dlgs. 276/2003 (Legge Biagi).
In particolare, l’Associazione degli industriali chiede se sia possibile che un’impresa affidi in subappalto l’esecuzione di una fase specifica del proprio ciclo produttivo, mettendo a disposizione (in comodato, noleggio o uso) dei dipendenti del subappaltatore, le dotazioni esistenti in cantieri e stabilimenti già strutturati. Il problema si pone soprattutto per le imprese che svolgono attività particolarmente complesse e orientate alla qualità e all’innovazione tecnologica. In tale contesto infatti gli appaltatori possono, per motivi oggettivi, non disporre immediatamente delle dotazioni necessarie per l’esecuzione dei lavori (ad es. nel caso di imprese extracomunitarie che vedrebbero allungare i tempi necessari per l’esecuzione dell’incarico a fronte dell’espletamento delle procedure necessarie per l’ingresso in Italia delle proprie dotazioni).
Il Ministero premette che la disponibilità di tutte le attrezzature necessarie per lo svolgimento dell’appalto non costituisce, così come avveniva in vigenza della Legge 1369/1960 , una presunzione di illiceità dell’appalto stesso. Dopo l’abrogazione della Legge 1369/1960, l’art. 29, comma 1, del Dlgs. 276/2003 stabilisce che l’appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro “per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.
Tuttavia, è utile valutare l’assetto dei “mezzi” diversi dalla forza lavoro utilizzati per l’esecuzione dell’appalto, non solo relativamente alla loro proprietà, ma anche in relazione all’assetto organizzativo dell’appalto/subappalto, per verificare se esista o meno una struttura imprenditoriale adeguata rispetto all’oggetto del contratto (c.d. soglia minima di imprenditorialità).
Se l’appaltatore utilizza mezzi di proprietà dell’appaltante, occorre verificare la genuinità dell’appalto, la sussistenza del rischio di impresa e la capacità organizzativa dell’appaltatore, verificando l’esistenza di un’adeguata regolazione economica dell’utilizzo da parte dell’appaltatore di tali mezzi, oltre che la congrua imputazione del costo della somministrazione di energia elettrica, gas, ecc. Inoltre, perché un appalto sia genuino, occorre che l’organizzazione dei macchinari e degli altri elementi sia effettuata dall’appaltatore o subappaltatore con gestione a proprio rischio, come si desume dall’articolo 29 del Dlgs 276/2003, che fa riferimento all’organizzazione dei mezzi necessari e non al titolo giuridico che permette l’utilizzo di tali mezzi. Infatti, in presenza di “esigenze dell’opera e del servizio dedotti in contratto”, l’“organizzazione” si concretizza nell’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori impiegati; ciò è vero in particolare nel caso in cui l’apporto di lavoro è comparativamente più rilevante.
Occorrerà quindi prestare attenzione alle modalità di coordinamento tra le imprese per escludere commistione/sovrapposizione tra le due realtà organizzative, il rispetto della disciplina in tema di interferenze e degli standard di sicurezza per le attrezzature, la previsione - nel caso in cui l’appaltatore operi in cantieri già esistenti del committente - di adeguati strumenti per rendere evidente, anche sul piano logistico, la separazione tra le due imprese e le rispettive fasi della produzione. Infatti, il fenomeno dell’interposizione illecita di manodopera sussiste quando l’appaltatore mette a disposizione del committente soltanto una prestazione lavorativa, mantenendo la gestione amministrativa del rapporto (retribuzione, oneri contributivi ecc.), ma senza un effettivo esercizio dei poteri direttivi nei confronti dei lavoratori e una reale organizzazione dell’intera prestazione o del servizio.
In conclusione, il solo utilizzo di strumenti di proprietà del committente o dell’appaltatore da parte dei dipendenti del subappaltatore non costituisce di per sè elemento decisivo per la qualificazione del rapporto in termini di appalto non genuino. Resta però ferma la necessità di verificare tutte le circostanze concrete dell’appalto e, in particolare, la natura e le caratteristiche dell’opera o del servizio dedotti nel contratto in modo che, nel caso concreto, potrà ritenersi “genuino” anche un appalto in cui i mezzi siano forniti dal soggetto che riceve il servizio, purché la responsabilità del loro utilizzo rimanga totalmente in capo all’appaltatore e purché non sia invertito il rischio di impresa, che deve in ogni caso gravare sull’appaltatore stesso.