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Manutenzioni straordinarie: dal 26 maggio basta una Comunicazione

Manutenzioni straordinarie: dal 26 maggio basta una Comunicazione

In vigore la nuova procedura che sostituisce la DIA, avvio dei lavori senza attendere 30 giorni. Il CNI contro il provvedimento

Vedi Aggiornamento del 31/01/2011
di Rossella Calabrese
Vedi Aggiornamento del 31/01/2011
27/05/2010 - È entrata in vigore ieri 26 maggio, la Legge n. 73 del 22 maggio 2010 di conversione del  decreto-legge 40/2010 che, tra le altre misure, modifica la procedura per effettuare interventi di manutenzione straordinaria che non riguardino le parti strutturali degli edifici.
 
Da ieri, quindi, l’articolo 6 del Testo Unico dell’Edilizia (Dpr 380/2001), come modificato dalla legge 73/2010, consente di eseguire un intervento di manutenzione straordinaria inviando al Comune, prima di aprire il cantiere, una Comunicazione corredata di relazione tecnica e progetto firmati da un progettista abilitato; non è più necessario aspettare 30 giorni prima di iniziare i lavori.
 
Alla Comunicazione devono essere allegate le eventuali autorizzazioni obbligatorie, i dati identificativi dell’impresa che realizzerà i lavori e la dichiarazione del tecnico di non avere rapporti di dipendenza con l’impresa né con il committente. Il tecnico deve inoltre asseverare, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo.
 
Chi non presenta la Comunicazione di inizio dei lavori rischia una sanzione pecuniaria di 258,00 euro, ridotta di due terzi se la comunicazione è fatta spontaneamente quando i lavori sono in corso.
 
L’obbligo di inoltrare al Comune la Comunicazione di inizio lavori, corredata dalle autorizzazioni eventualmente obbligatorie, riguarda anche: le opere temporanee; le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni; i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, al di fuori dei centri storici; le aree ludiche e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
 
Possono essere eseguiti, invece, senza alcun titolo abilitativo: gli interventi di manutenzione ordinaria; gli interventi per eliminare le barriere architettoniche; le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo; i movimenti di terra pertinenti all’attività agricola; le serre mobili stagionali.

Per tutti gli interventi resta l’obbligo di rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e le altre norme di settore (norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, relative all'efficienza energetica e del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Infine, l’interessato deve provvedere, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni, alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.

La nuova procedura si applica su tutto il territorio nazionale. Le Regioni a statuto ordinario possono però estenderla ad ulteriori interventi, possono individuare ulteriori interventi, tra quelli con obbligo di Comunicazione, da sottoporre anche all'obbligo di relazione tecnica e stabilire ulteriori contenuti per la relazione.


Con un comunicato diramato il 25 maggio scorso, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri interviene sul decreto incentivi e, in particolare sulla liberalizzazione delle manutenzioni straordinarie. “L’obbligo di una relazione tecnica redatta da un tecnico abilitato non è né una vittoria né un successo per i progettisti o per gli Ordini che li rappresentano” afferma il CNI, e continua: “è avvilente vedere che, in caso di inadempimento, è prevista una irrisoria sanzione di 258 Euro”, visto che tale decisione non fa che svilire “il senso della prestazione professionale al valore della quale dovrebbe essere proporzionata la sanzione”.
 
Con la sanzione prevista c’è il rischio più che fondato di consegnare la materia “alla deregolamentazione spinta e all’abusivismo, il tutto in nome e all’insegna di un rilancio dell’attività edilizia e di pseudo risparmi sulle prestazioni professionali in realtà molto modesti e che non automaticamente comporteranno reali economie e vantaggi per il cittadino, sia in termini di economia sia, soprattutto, in termini di qualità del costruito e del prodotto edilizio”.
 
Il CNI sottolinea come “in un contesto di deregolamentazione spinta (che non va confusa con una invece auspicabile e ragionevole semplificazione delle procedure) chi ci rimette non sono tanto i professionisti, quanto piuttosto i committenti e la collettività in termini di garanzie di sicurezza delle strutture, di sicurezza degli impianti e di sicurezza del lavoro nel cantiere”. Gli ingegneri italiani chiedono che venga previsto un diverso e più serio quadro sanzionatorio, in modo da disincentivare i possibili abusi, così da creare un deterrente ad un tipo di edilizia “improvvisata, spericolata e soprattutto pericolosa per la collettività”.
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