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Professionisti, il Decreto Sviluppo interviene sulle tariffe

Professionisti, il Decreto Sviluppo interviene sulle tariffe

Allo studio la ‘responsabilità solidale’ del progettista con l’impresa per carenze progettuali che emergessero nell’esecuzione dell’opera

Vedi Aggiornamento del 10/11/2011
di Rossella Calabrese
Vedi Aggiornamento del 10/11/2011
21/10/2011 - Potrebbero arrivare dal Decreto Sviluppo importanti novità per i professionisti.
 
Una delle bozze che circolano in questi giorni propone la cancellazione dal testo della Manovra bis varata nell’agosto scorso, del riferimento alle tariffe professionali per il calcolo del compenso spettante al professionista, che gli ordinamenti professionali dovrebbero recepire nei prossimi mesi.
 
Ricordiamo che la Manovra bis (DL 138/2011 convertito nella Legge 148/2011), all’art. 3, prevede che gli ordinamenti professionali recepiscano, entro un anno dalla sua entrata in vigore, alcuni principi tra cui quello secondo il quale “il compenso spettante al professionista è pattuito per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale prendendo come riferimento le tariffe professionali. È ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe” (leggi tutto).
 
Ora, a poco più di un mese dalla sua pubblicazione in Gazzetta, con il Decreto Sviluppo il suddetto riferimento alle tariffe professionali potrebbe essere eliminato.

In realtà si tratterebbe semplicemente di ripristinare la situazione pre-Manovra bis, dal momento che l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime è stata abolita nel 2006 dal decreto Bersani (DL 223/2006 convertito nella Legge 248/2006). Tant’è che ad agosto, la Manovra bis è stata criticata dall’Antitrust proprio in merito al riferimento alle tariffe professionali, definito “un passo indietro rispetto alla norma vigente” (leggi tutto).
 
 
Un’altra novità proposta dalle bozze del Decreto Sviluppo è l’introduzione della “responsabilità solidale” del progettista e del validatore nei confronti dell’impresa per carenze progettuali che dovessero emergere nella fase di esecuzione dell’opera.
 
Contro tale ipotesi si è espresso il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. “La norma - spiega il Cnappc in una nota - genererebbe certamente contenziosi su ogni progetto, dal momento che l’impresa, non potendo più esprimere riserve per il recupero di somme nei confronti della stazione appaltante, in base alle modifiche introdotte all’art. 240 del Codice, potrebbe ricorrere facilmente ad una surrettizia ricerca di presunti errori progettuali, allo scopo di recuperare il ribasso offerto in sede di gara”.
 
“Ne deriverebbe - secondo il Cnappc - la notevole esposizione dei soli progettisti ad una responsabilità enorme, non essendovi limiti alle eventuali azioni di rivalsa delle imprese. In tale contesto, infatti, il danno vantato dalle stesse imprese potrebbe essere notevolmente superiore all’importo dei compensi dovuti al progettista per l’espletamento del servizio. Ciò, peraltro, farebbe lievitare notevolmente i costi delle polizze assicurative nel settore dei servizi di ingegneria ed architettura e, in caso, di più ‘sinistri’, potrebbe comportare, per il professionista, l’espulsione dal mercato assicurativo”. 
 
Gli architetti italiani chiedono quindi il ritiro della norma, che graverebbe pesantemente sui professionisti, elemento più debole dell’intera filiera dei lavori pubblici, rispetto alle Stazioni appaltanti, che sono difese dallo Stato, ed alle imprese, forti del loro potere economico, e l’istituzione di un tavolo tecnico presso il Ministero delle Infrastrutture per affrontare in modo corretto ed organico le modifiche al codice dei contratti, evitandone la frammentazione attraverso una serie di ripetute modifiche in leggi omnibus.
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