Antitrust: via le tariffe e meno poteri agli Ordini professionali
NORMATIVA
Antitrust: via le tariffe e meno poteri agli Ordini professionali
Le proposte dell’Autorità per la Concorrenza e il Mercato per far ripartire la crescita economica
11/01/2012 - Abolire espressamente i tariffari, riformare gli ordinamenti professionali, limitare il potere degli Ordini in materia di formazione e di controllo sulla pubblicità.
Sono queste alcune delle proposte relative alle professioni, contenute in un Documento inviato dall’Antitrust al Governo e al Parlamento, finalizzate a rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono all’apertura dei mercati e a promuovere la concorrenza.
Nel settore delle professioni, l’Antitrust è categorico: occorre abolire espressamente qualsiasi forma di tariffario e riformare gli Ordini, assicurando che la funzione disciplinare sia svolta da organismi che garantiscano un ruolo terzo.
Anche sulla formazione professionale, il potere dei Consigli degli Ordini va - secondo l’Autorità - limitato alla fissazione di requisiti minimi dei corsi di formazione, senza alcuna necessità di autorizzazioni o riconoscimenti preventivi. Per tutti gli Ordini va infine abrogata la norma che prevede il controllo, da parte degli Ordini stessi, sulla trasparenza e veridicità dei messaggi pubblicitari veicolati dai professionisti.
Queste specifiche misure potranno trovare spazio - secondo l’Autorità - nel DPR per la riforma degli ordinamenti professionali (previsto dell’art. 3, comma 5, del DL 138/2011, convertito nella Legge 148/2011). Le altre - relative a servizi pubblici locali, trasporti, semplificazione amministrativa - potranno costituire la base della legge annuale sulla concorrenza, come suggerito dall’Antitrust, oppure confluiranno nel decreto per le liberalizzazioni che il Governo si appresta a presentare nei prossimi giorni.
L’Autorità riconosce il ruolo cruciale delle professioni per la competitività delle imprese e dell’intero sistema economico e ha consapevolezza degli interessi fondamentali collegati ai servizi professionali e del contributo di molte attività professionali all’innovazione scientifica e tecnologico. Inoltre, l’Antitrust chiarisce che non intende assimilare le libere professioni alle attività commerciali (intervenendo nel dibattito sulle Società tra Professionisti, introdotte dalla Legge di Stabilità - leggi tutto) ma ritiene che i principi concorrenziali possano essere applicati, anche in tale settore, in modo compatibile con le esigenze di protezione sociale e di tutela degli interessi pubblici connessi alle attività professionali.
E apprezza i “significativi passi in avanti” fatti con la prevista riforma degli ordini professionali in senso pro-competitivo, la soppressione del riferimento alle tariffe, la riduzione della durata del tirocinio, la fissazione del termine massimo (13 agosto 2012) entro cui decadranno le norme degli ordinamenti professionali in contrasto con le nuove disposizioni, l’introduzione delle Società tra Professionisti.
Entrando nello specifico delle misure, il documento ricorda che i tariffari professionali non sono più obbligatori dal 2006 (Decreto Bersani - DL 223/2006 convertito nellaLegge 248/2006), ma restano come riferimento in alcuni casi (mancata determinazione del compenso tra professionista e beneficiario, quando il committente è un ente Pubblico, ecc.). Secondo l’Autorità, le tariffe minime o fisse costituiscono un vincolo ingiustificato all’esercizio dell’attività professionale e non sono idonee a garantire la qualità delle prestazioni. Occorre quindi cancellare la parte dell’art. 3, comma 5, lett. d), del DL 138/2011, che prevede le residue ipotesi di applicazione obbligatoria dei tariffari.
Per quanto riguarda le funzioni degli Ordini professionali, l’Antitrust evidenzia che l’attività di verifica disciplinare si estrinseca in un vero e proprio controllo nei confronti degli iscritti agli albi, che porta a provvedimenti a carico dei professionisti in grado di avere effetti sulla loro attività. La delicatezza di tale attività rende necessario che l’organo a ciò deputato sia terzo e imparziale, condizione impossibile oggi per un organo costituito dai concorrenti del professionista sottoposto a valutazione disciplinare. Per evitare queste distorsioni, è opportuno modificare l’art. 3, comma 5, lett. f, del DL 138/2011, prevedendo che i nuovi organi territoriali preposti alle questioni disciplinari comprendano anche membri non iscritti agli albi e, limitatamente ai consigli territoriali, iscritti ad albi diversi da quello di competenza.
In tema di formazione, l’Antitrust apprezza la previsione dell’obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua ma raccomanda che l’attribuzione agli Ordini della predisposizione dei percorsi formativi non si traduca in una sorta di esclusiva nella gestione dei corsi o in vantaggi concorrenziali rispetto ad altri organizzatori, che devono ottenere il riconoscimento dei corsi da parte dell’Ordine. Per questo, l’Autorità chiede che gli Ordini si limitino a fissare i requisiti minimi dei corsi di formazione, uniformi sul territorio nazionale, da auto-dichiarare da parte degli organizzatori dei corsi, con possibilità di controlli a campione, ma senza necessità di un’autorizzazione dei corsi e dei relativi crediti formativi.
Infine, la pubblicità dei professionisti. L’art. 3, comma 5, lett. g) del DL 138/2011 convertito nella Legge 148/2011, che obbliga gli Ordini a recepire il principio in base a cui la pubblicità informativa è libera, non cancella il potere di verifica sulla trasparenza e veridicità della pubblicità che il decreto Bersani aveva lasciato nelle mani degli Ordini. L’Antitrust ritiene ingiustificato questo potere e teme che possa essere utilizzato dagli Ordini per limitare l’utilizzo della leva concorrenziale della pubblicità da parte dei professionisti. Propone quindi di eliminare qualunque verifica, ex ante o successiva, da parte degli Ordini sui messaggi pubblicitari dei professionisti, ricordando che proprio l’Antitrust ha poteri di controllo sulla correttezza, veridicità e non ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi da qualsiasi soggetto e, quindi, anche dai professionisti.
Sono queste alcune delle proposte relative alle professioni, contenute in un Documento inviato dall’Antitrust al Governo e al Parlamento, finalizzate a rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono all’apertura dei mercati e a promuovere la concorrenza.
Nel settore delle professioni, l’Antitrust è categorico: occorre abolire espressamente qualsiasi forma di tariffario e riformare gli Ordini, assicurando che la funzione disciplinare sia svolta da organismi che garantiscano un ruolo terzo.
Anche sulla formazione professionale, il potere dei Consigli degli Ordini va - secondo l’Autorità - limitato alla fissazione di requisiti minimi dei corsi di formazione, senza alcuna necessità di autorizzazioni o riconoscimenti preventivi. Per tutti gli Ordini va infine abrogata la norma che prevede il controllo, da parte degli Ordini stessi, sulla trasparenza e veridicità dei messaggi pubblicitari veicolati dai professionisti.
Queste specifiche misure potranno trovare spazio - secondo l’Autorità - nel DPR per la riforma degli ordinamenti professionali (previsto dell’art. 3, comma 5, del DL 138/2011, convertito nella Legge 148/2011). Le altre - relative a servizi pubblici locali, trasporti, semplificazione amministrativa - potranno costituire la base della legge annuale sulla concorrenza, come suggerito dall’Antitrust, oppure confluiranno nel decreto per le liberalizzazioni che il Governo si appresta a presentare nei prossimi giorni.
L’Autorità riconosce il ruolo cruciale delle professioni per la competitività delle imprese e dell’intero sistema economico e ha consapevolezza degli interessi fondamentali collegati ai servizi professionali e del contributo di molte attività professionali all’innovazione scientifica e tecnologico. Inoltre, l’Antitrust chiarisce che non intende assimilare le libere professioni alle attività commerciali (intervenendo nel dibattito sulle Società tra Professionisti, introdotte dalla Legge di Stabilità - leggi tutto) ma ritiene che i principi concorrenziali possano essere applicati, anche in tale settore, in modo compatibile con le esigenze di protezione sociale e di tutela degli interessi pubblici connessi alle attività professionali.
E apprezza i “significativi passi in avanti” fatti con la prevista riforma degli ordini professionali in senso pro-competitivo, la soppressione del riferimento alle tariffe, la riduzione della durata del tirocinio, la fissazione del termine massimo (13 agosto 2012) entro cui decadranno le norme degli ordinamenti professionali in contrasto con le nuove disposizioni, l’introduzione delle Società tra Professionisti.
Entrando nello specifico delle misure, il documento ricorda che i tariffari professionali non sono più obbligatori dal 2006 (Decreto Bersani - DL 223/2006 convertito nellaLegge 248/2006), ma restano come riferimento in alcuni casi (mancata determinazione del compenso tra professionista e beneficiario, quando il committente è un ente Pubblico, ecc.). Secondo l’Autorità, le tariffe minime o fisse costituiscono un vincolo ingiustificato all’esercizio dell’attività professionale e non sono idonee a garantire la qualità delle prestazioni. Occorre quindi cancellare la parte dell’art. 3, comma 5, lett. d), del DL 138/2011, che prevede le residue ipotesi di applicazione obbligatoria dei tariffari.
Per quanto riguarda le funzioni degli Ordini professionali, l’Antitrust evidenzia che l’attività di verifica disciplinare si estrinseca in un vero e proprio controllo nei confronti degli iscritti agli albi, che porta a provvedimenti a carico dei professionisti in grado di avere effetti sulla loro attività. La delicatezza di tale attività rende necessario che l’organo a ciò deputato sia terzo e imparziale, condizione impossibile oggi per un organo costituito dai concorrenti del professionista sottoposto a valutazione disciplinare. Per evitare queste distorsioni, è opportuno modificare l’art. 3, comma 5, lett. f, del DL 138/2011, prevedendo che i nuovi organi territoriali preposti alle questioni disciplinari comprendano anche membri non iscritti agli albi e, limitatamente ai consigli territoriali, iscritti ad albi diversi da quello di competenza.
In tema di formazione, l’Antitrust apprezza la previsione dell’obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua ma raccomanda che l’attribuzione agli Ordini della predisposizione dei percorsi formativi non si traduca in una sorta di esclusiva nella gestione dei corsi o in vantaggi concorrenziali rispetto ad altri organizzatori, che devono ottenere il riconoscimento dei corsi da parte dell’Ordine. Per questo, l’Autorità chiede che gli Ordini si limitino a fissare i requisiti minimi dei corsi di formazione, uniformi sul territorio nazionale, da auto-dichiarare da parte degli organizzatori dei corsi, con possibilità di controlli a campione, ma senza necessità di un’autorizzazione dei corsi e dei relativi crediti formativi.
Infine, la pubblicità dei professionisti. L’art. 3, comma 5, lett. g) del DL 138/2011 convertito nella Legge 148/2011, che obbliga gli Ordini a recepire il principio in base a cui la pubblicità informativa è libera, non cancella il potere di verifica sulla trasparenza e veridicità della pubblicità che il decreto Bersani aveva lasciato nelle mani degli Ordini. L’Antitrust ritiene ingiustificato questo potere e teme che possa essere utilizzato dagli Ordini per limitare l’utilizzo della leva concorrenziale della pubblicità da parte dei professionisti. Propone quindi di eliminare qualunque verifica, ex ante o successiva, da parte degli Ordini sui messaggi pubblicitari dei professionisti, ricordando che proprio l’Antitrust ha poteri di controllo sulla correttezza, veridicità e non ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi da qualsiasi soggetto e, quindi, anche dai professionisti.