Riforma delle professioni, le proposte di Federarchitetti
17/01/2012 - In queste giornate di grande incertezza sul futuro delle professioni, Federarchitetti, il Sindacato nazionale architetti liberi professionisti, mette nero su bianco delle dettagliate indicazioni per una riforma delle libere professioni del comparto tecnico.
Pur riconoscendo la necessità di modernizzare il sistema Italia, il Sindacato degli architetti fa notare che le misure di liberalizzazione si riferiscono prevalentemente al lavoro dipendente, relegando le professioni in una posizione di marginalità. Invece, secondo Federarchitetti, “ogni giorno il Paese vive per l’azione di centinaia di migliaia di liberi professionisti quali referenti ed interpreti dei bisogni della collettività e della sua stessa immagine”.
Negli anni - secondo il Sindacato - si sono succedute norme non congruenti con le reali funzioni e con le responsabilità gravanti sulle professioni tecniche, determinandone l’emarginazione: la crisi economica ne ha quasi sancito la cancellazione e ogni prospettiva di sviluppo libero e democratico. Per attuare una necessaria inversione di tendenza, Federarchitetti mette in evidenze le incongruenze e lancia le sue proposte.
Secondo Federarchitetti, gli Ordini professionali hanno fallito i loro attuali compiti istituzionali a tutela della collettività, non controllano il rispetto delle norme deontologiche, non difendono i ‘minimi tariffari’, non tutelano i cittadini né i professionisti, benché pagati dagli iscritti. Per questo il Sindacato propone di trasformarli in ‘Agenzie di sostegno e controllo allo sviluppo’ con il compito di monitorare gare, bandi e concorsi; supportare le strutture professionali; controllare le realtà professionali estere operanti in Italia.
Altro tema è il ruolo degli Uffici Tecnici degli enti pubblici che - secondo Federarchitetti -, esercitando compiti da sempre affidati all’esterno, hanno abbassato il livello delle prestazioni istituzionali. Federarchitetti propone di individuare misure che portino ad un lavoro sinergico, con reciprocità di interessi tra tecnici interni ed esterni alla P.A., con evidente ricaduta positiva nei risultati e nei costi. Inoltre, spiega il Sindacato, la maggioranza delle prestazioni professionali in-house è svolta senza versare l’IVA; occorre quindi scongiurare l’evasione e rendere incompatibile l’attività professionale privata con il servizio pubblico.
E poi la questione dei minimi tariffari: secondo Federarchitetti, la soppressione, senza indicazione di procedure di valutazione, ha ridotti il costo dei servizi professionali al di sotto di qualsiasi rapporto con il valore intrinseco della prestazione, causando la lievitazione del lavoro nero e lo sfruttamento dei giovani nelle Facoltà universitarie. La proposta prevede di valutare il costo di un servizio professionale, anche in base a parametri soggettivi (valutazione di congruità), e di individuare soglie oggettive oltre le quali la prestazione non può essere eseguita correttamente (soglia di anomalia).
Infine, l’accesso alla professione. Ad oggi - spiega Federarchitetti - un architetto o ingegnere abilitato e iscritto all’Ordine può accedere immediatamente alla professione, e auspica forme di tirocinio post-universitario da svolgersi presso gli studi dei liberi professionisti, ma i cui oneri siano equilibrati rispetto alle esigenze del lavoro, ed eventualmente un salario minimo di sostegno. Per ogni forma alternativa di formazione e aggiornamento professionale, Federarchitetti ritiene essenziale consentire a soggetti terzi di operare in regime di libero mercato e non condivide l’ipotesi di svolgere il tirocinio professionale “all’interno delle Facoltà, con ulteriori vantaggi per i docenti”.