Professioni, Cnappc: no a norme su tirocinio e Collegi disciplinari
PROFESSIONE
Professioni, Cnappc: no a norme su tirocinio e Collegi disciplinari
Praticantato e corsi di formazione obbligatori sono ‘‘una vessazione in termini di tempi e costi’’
22/06/2012 - È in dirittura d’arrivo il Regolamento per la riforma degli ordinamenti professionali. Venerdì scorso è arrivato il primo via libera del Consiglio dei Ministri sul testo che regolerà l’accesso alla professione, la pubblicità, l’assicurazione, il tirocinio e i Consigli di disciplina.
E su questi ultimi due aspetti si è espresso negativamente il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori che ha scritto una lettera al Ministro della Giustizia, Paola Severino, per chiederle di modificare il testo.
L’articolo 6 del testo, ricordiamo, prevede l’obbligo di svolgere un tirocinio professionale post-laurea di diciotto mesi, previa iscrizione nel registro dei praticanti, presso un professionista affidatario che abbia almeno cinque anni di anzianità. Il tirocinio può essere svolto, per un massimo di sei mesi, presso enti pubblici e, per i primi sei mesi, in concomitanza con l’ultimo anno di università. Il tirocinio è incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico ma può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato privato. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche dei professionisti e sono soggetti al medesimo potere disciplinare. Terminato il tirocinio, il consiglio dell'ordine o collegio rilascia il relativo certificato, che consente di accedere all’esame di Stato nei successivi cinque anni.
La bozza di Regolamento introduce poi l’obbligo di frequentare, contesualmente alla pratica presso uno studio professionale, specifici corsi di formazione, della durata minima di sei mesi e di duecento ore, organizzati da ordini o collegi o associazioni di iscritti agli albi, o da altri soggetti autorizzati dal Ministero. Al termine del corso è previsto l’esame da parte di una commissione composta da professionisti e docenti universitari e presieduta da un docente universitario.
Secondo il Cnappc, “più che un tirocinio, in grado di garantire la capacità professionale, la nuova ipotesi di norma si configura come una vessazione in termini di tempi e costi, del tutto contraria ai principi comunitari e allo spirito della legge che vuole regolamentare. Se l’intento è quello di diminuire gli iscritti ai nostri Albi, il Governo lo dichiari con chiarezza, ma ponendo le selezioni a monte dell’Università, non a valle, quando un giovane ha già speso anni della sua vita e molti soldi per diventare un professionista”.
“Il modello di tirocinio previsto dal DPR - sottolinea il Cnappc - prevede un iter, dall’iscrizione ad una Facoltà di architettura fino all’iscrizione all’Albo, che nei casi migliori di studenti che non vanno fuori corso, sarà minimo di sei anni e mezzo, a fronte degli attuali cinque, oltre al tempo necessario per l’Esame di Stato; un corso ‘professionalizzante’ all’Università, sicuramente a pagamento, di 6 + 6 mesi nel quale non è affatto evidente come le Facoltà siano in grado di garantire lo svolgimento di un apprendistato professionale a dei laureati che hanno già studiato 5 anni presso le loro sedi (senza parlare dei costi economici e sociali di tale onere soprattutto per gli studenti ‘fuori sede’)”.
“Solo sei mesi di vero tirocinio presso gli Studi professionali, senza equo compenso - prosegue il Cnappc -, a cui segue una valutazione del tirocinio da parte di una Commissione presieduta da un docente universitario (che, paradossalmente, potrebbe anche non aver nessuna esperienza professionale); infine il candidato a diventare architetto potrà accedere all’Esame di Stato che rimane quello esistente costituito da ben 4 prove, tra scritti e orali all’interno di una procedura lunghissima, peraltro caratterizzata da temi e valutazioni differenti sul territorio nazionale”.
“Quanto ai collegi disciplinari, la bozza del Regolamento prevede l’istituzione di consigli di disciplina territoriali, con compiti di decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all’albo, composti dai componenti del consiglio dell’ordine o collegio territoriale viciniore. A livello nazionale sono invece istituiti i Consigli di disciplina nazionali, composti dai primi non eletti alla carica di consigliere nazionale.
“Come avevamo previsto con dotti pareri di costituzionalità - continua la lettera del Cnappc -, l’uso del DPR ha fatto sì che per architetti, ingegneri, avvocati e altre professioni la norma non abbia la forza di cambiare il modello attuale. Con la conseguenza che tutto rimarrà così com’è, senza le garanzie di terzietà del Collegio previste dalla legge e invocate in primis da noi”.
Ricordiamo, infatti, che per architetti, ingegneri, geometri, periti industriali, avvocati e chimici, la competenza disciplinare è già assegnata agli Ordini dalla normativa vigente.
“Il modello previsto per gli altri Ordini - continua il Cnappc - è peggiore dell’attuale: scegliere i componenti del Collegio tra i primi non eletti ai Consigli degli Ordini mischia impropriamente scelte ‘politiche’ dell’elettorato con scelte che dovrebbero basarsi solo sull’esperienza e sull’equità dei candidati; quanto al sistema degli Ordini viciniori, avrà l’effetto di caricare Ordini piccoli o piccolissimi, che si possono permettere una sola segretaria part time, dell’onere dei procedimenti disciplinari di Ordini con decine di migliaia di iscritti”.
Il Cnappc chiede, infine, al Ministro Severino di “correggere il DPR almeno in questi due capitoli, perché è evidente che non sono coerenti con le intenzioni programmatiche del Governo, sembrano scritte da giuristi che non hanno contezza della realtà professionale sul territorio nazionale e soprattutto stridono con il comune buon senso che chiederebbe norme e regole tese a semplificare modalità di accesso e svolgimento delle libere professioni”.
E su questi ultimi due aspetti si è espresso negativamente il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori che ha scritto una lettera al Ministro della Giustizia, Paola Severino, per chiederle di modificare il testo.
L’articolo 6 del testo, ricordiamo, prevede l’obbligo di svolgere un tirocinio professionale post-laurea di diciotto mesi, previa iscrizione nel registro dei praticanti, presso un professionista affidatario che abbia almeno cinque anni di anzianità. Il tirocinio può essere svolto, per un massimo di sei mesi, presso enti pubblici e, per i primi sei mesi, in concomitanza con l’ultimo anno di università. Il tirocinio è incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico ma può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato privato. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche dei professionisti e sono soggetti al medesimo potere disciplinare. Terminato il tirocinio, il consiglio dell'ordine o collegio rilascia il relativo certificato, che consente di accedere all’esame di Stato nei successivi cinque anni.
La bozza di Regolamento introduce poi l’obbligo di frequentare, contesualmente alla pratica presso uno studio professionale, specifici corsi di formazione, della durata minima di sei mesi e di duecento ore, organizzati da ordini o collegi o associazioni di iscritti agli albi, o da altri soggetti autorizzati dal Ministero. Al termine del corso è previsto l’esame da parte di una commissione composta da professionisti e docenti universitari e presieduta da un docente universitario.
Secondo il Cnappc, “più che un tirocinio, in grado di garantire la capacità professionale, la nuova ipotesi di norma si configura come una vessazione in termini di tempi e costi, del tutto contraria ai principi comunitari e allo spirito della legge che vuole regolamentare. Se l’intento è quello di diminuire gli iscritti ai nostri Albi, il Governo lo dichiari con chiarezza, ma ponendo le selezioni a monte dell’Università, non a valle, quando un giovane ha già speso anni della sua vita e molti soldi per diventare un professionista”.
“Il modello di tirocinio previsto dal DPR - sottolinea il Cnappc - prevede un iter, dall’iscrizione ad una Facoltà di architettura fino all’iscrizione all’Albo, che nei casi migliori di studenti che non vanno fuori corso, sarà minimo di sei anni e mezzo, a fronte degli attuali cinque, oltre al tempo necessario per l’Esame di Stato; un corso ‘professionalizzante’ all’Università, sicuramente a pagamento, di 6 + 6 mesi nel quale non è affatto evidente come le Facoltà siano in grado di garantire lo svolgimento di un apprendistato professionale a dei laureati che hanno già studiato 5 anni presso le loro sedi (senza parlare dei costi economici e sociali di tale onere soprattutto per gli studenti ‘fuori sede’)”.
“Solo sei mesi di vero tirocinio presso gli Studi professionali, senza equo compenso - prosegue il Cnappc -, a cui segue una valutazione del tirocinio da parte di una Commissione presieduta da un docente universitario (che, paradossalmente, potrebbe anche non aver nessuna esperienza professionale); infine il candidato a diventare architetto potrà accedere all’Esame di Stato che rimane quello esistente costituito da ben 4 prove, tra scritti e orali all’interno di una procedura lunghissima, peraltro caratterizzata da temi e valutazioni differenti sul territorio nazionale”.
“Quanto ai collegi disciplinari, la bozza del Regolamento prevede l’istituzione di consigli di disciplina territoriali, con compiti di decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all’albo, composti dai componenti del consiglio dell’ordine o collegio territoriale viciniore. A livello nazionale sono invece istituiti i Consigli di disciplina nazionali, composti dai primi non eletti alla carica di consigliere nazionale.
“Come avevamo previsto con dotti pareri di costituzionalità - continua la lettera del Cnappc -, l’uso del DPR ha fatto sì che per architetti, ingegneri, avvocati e altre professioni la norma non abbia la forza di cambiare il modello attuale. Con la conseguenza che tutto rimarrà così com’è, senza le garanzie di terzietà del Collegio previste dalla legge e invocate in primis da noi”.
Ricordiamo, infatti, che per architetti, ingegneri, geometri, periti industriali, avvocati e chimici, la competenza disciplinare è già assegnata agli Ordini dalla normativa vigente.
“Il modello previsto per gli altri Ordini - continua il Cnappc - è peggiore dell’attuale: scegliere i componenti del Collegio tra i primi non eletti ai Consigli degli Ordini mischia impropriamente scelte ‘politiche’ dell’elettorato con scelte che dovrebbero basarsi solo sull’esperienza e sull’equità dei candidati; quanto al sistema degli Ordini viciniori, avrà l’effetto di caricare Ordini piccoli o piccolissimi, che si possono permettere una sola segretaria part time, dell’onere dei procedimenti disciplinari di Ordini con decine di migliaia di iscritti”.
Il Cnappc chiede, infine, al Ministro Severino di “correggere il DPR almeno in questi due capitoli, perché è evidente che non sono coerenti con le intenzioni programmatiche del Governo, sembrano scritte da giuristi che non hanno contezza della realtà professionale sul territorio nazionale e soprattutto stridono con il comune buon senso che chiederebbe norme e regole tese a semplificare modalità di accesso e svolgimento delle libere professioni”.