Progettazione, no all’affidamento diretto tra Amministrazioni
NORMATIVA
Progettazione, no all’affidamento diretto tra Amministrazioni
Corte Giustizia Ue: per essere conformi al diritto comunitario gli incarichi devono essere ottenuti partecipando ad una gara pubblica
27/12/2012 - Sono contrarie al diritto comunitario le norme che consentono a due amministrazioni di stipulare un accordo per l’affidamento diretto di un incarico di progettazione, senza ricorrere ad una gara pubblica. Lo ha affermato la Cortedi Giustizia Europea, che con la sentenza C‑159/11ha risolto il caso di un incarico affidato in convenzione dall’Asl Lecce all’Università del Salento.
Nel caso esaminato, la Asl Lecce aveva stipulato una convenzione con l’Università per la valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere.
Al ricorso presentato dalle associazioni degli ingegneri e degli architetti, che lamentavano l’assenza di una procedura pubblica, la Asl aveva risposto che l’accordo rientrava nella cooperazione tra autorità pubbliche per il conseguimento di un obiettivo di interesse pubblico, caso ammesso dalla normativa italiana.
In prima istanza, il Tar Puglia aveva dato ragione alle associazioni dei professionisti, giudicando illegittimo l’affidamento. In seguito, il Consiglio di Stato ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia Europea. L’organo giurisdizionale comunitario ha confermato la pronuncia del Tar, affermando che le norme nazionali non possono consentire accordi tra una amministrazione aggiudicatrice ed una Università di diritto pubblico per la valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere, neanche se si prevede un corrispettivo non superiore ai costi della prestazione. A detta della Corte Europea, inoltre, l’Università esecutrice dell’incarico non può rivestire il ruolo di operatore economico.
La sentenza ha quindi smontato l’impostazione della Legge 241/1990, che autorizza le pubbliche amministrazioni a contratti di cooperazione per obiettivi di interesse comune, e del Dpr 382/1980, in base al quale le Università possono eseguire attività di consulenza in convenzione con enti pubblici e privati, a patto che non impediscano la loro funzione didattica e scientifica.
L’esito è stato salutato con favore dal Cnappc, Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, soddisfatto perché le società in house, sia partecipate sia università, non possono avere incarichi pubblici di progettazione o altri servizi di architettura se non vincendo una gara in cui possano dimostrare di possedere tutti i requisiti richiesti.
A detta del Cnappc, inoltre, la sentenza rende illegittimi molti contratti esistenti e rimette in discussione il ruolo delle Università, che dovrebbero occuparsi dell’insegnamento più che dell’acquisizione di incarichi.
Nel caso esaminato, la Asl Lecce aveva stipulato una convenzione con l’Università per la valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere.
Al ricorso presentato dalle associazioni degli ingegneri e degli architetti, che lamentavano l’assenza di una procedura pubblica, la Asl aveva risposto che l’accordo rientrava nella cooperazione tra autorità pubbliche per il conseguimento di un obiettivo di interesse pubblico, caso ammesso dalla normativa italiana.
In prima istanza, il Tar Puglia aveva dato ragione alle associazioni dei professionisti, giudicando illegittimo l’affidamento. In seguito, il Consiglio di Stato ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia Europea. L’organo giurisdizionale comunitario ha confermato la pronuncia del Tar, affermando che le norme nazionali non possono consentire accordi tra una amministrazione aggiudicatrice ed una Università di diritto pubblico per la valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere, neanche se si prevede un corrispettivo non superiore ai costi della prestazione. A detta della Corte Europea, inoltre, l’Università esecutrice dell’incarico non può rivestire il ruolo di operatore economico.
La sentenza ha quindi smontato l’impostazione della Legge 241/1990, che autorizza le pubbliche amministrazioni a contratti di cooperazione per obiettivi di interesse comune, e del Dpr 382/1980, in base al quale le Università possono eseguire attività di consulenza in convenzione con enti pubblici e privati, a patto che non impediscano la loro funzione didattica e scientifica.
L’esito è stato salutato con favore dal Cnappc, Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, soddisfatto perché le società in house, sia partecipate sia università, non possono avere incarichi pubblici di progettazione o altri servizi di architettura se non vincendo una gara in cui possano dimostrare di possedere tutti i requisiti richiesti.
A detta del Cnappc, inoltre, la sentenza rende illegittimi molti contratti esistenti e rimette in discussione il ruolo delle Università, che dovrebbero occuparsi dell’insegnamento più che dell’acquisizione di incarichi.