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Terre da scavo, le Regioni non possono semplificarne l'uso

Terre da scavo, le Regioni non possono semplificarne l'uso

Gli unici riferimenti normativi per l’utilizzo dei materiali estratti sono il DM 161/2012 e il Decreto del fare

Vedi Aggiornamento del 18/02/2015
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 18/02/2015
07/04/2014 - Le Regioni non possono semplificare il riutilizzo delle terre e rocce da scavo. Lo sostiene la Corte Costituzionale, che con la sentenza 70/2014 ha dichiarato l’illegittimità di una norma adottata dalla Provincia Autonoma di Trento.
 
Gli unici riferimenti normativi validi per il trattamento dei materiali escavati, ha spiegato la Corte, sono il DM 161/2012, che ha chiarito quali materiali possono essere riutilizzati e quali invece devono essere considerati rifiuti, e il DL “del Fare” 69/2013 con cui sono state dettate regole semplificate da utilizzare per il riutilizzo dei materiali provenienti da attività non soggette a Via, Valutazione di impatto ambientale, e Aia, Autorizzazione integrata ambientale.
 
A finire nel mirino è stata la LR 4/2013. In base alla norma, perché un prodotto non sia considerato rifiuto, è sufficiente che il titolare dell’autorizzazione invii all’Agenzia provinciale per la protezione ambientale, prima del trasporto all’esterno del cantiere, una comunicazione sulla compatibilità ambientale del prodotto e sulla sua rispondenza ai requisiti merceologici e tecnici.
 
Una disposizione che, a detta della Provincia Autonoma di Trento, rientra tra le sue competenze e risponde alle esigenze di semplificazione richieste dagli operatori del settore. Ma che per il Consiglio dei Ministri viola la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela ambientale.
 
Secondo la Corte Costituzionale, il trattamento dei residui di produzione si colloca nell’ambito della tutela ambientale ed è quindi una materia che può essere regolata solo dallo Stato. La Corte ha anche aggiunto che la disciplina dei rifiuti rappresenta uno standard di tutela che deve rispondere ad una serie di prescrizioni comunitarie. Le norme regionali non possono quindi introdurre delle deroghe.
 
Considerazioni analoghe, ha ricordato la Corte Costituzionale, hanno portato alla dichiarazione di incostituzionalità della LR 26/2012 del Friuli Venezia Giulia. La norma doveva costituire un “ponte” fino all’emanazione di regole semplificate a livello nazionale. Nonostante la legge sia automaticamente decaduta dopo l’approvazione del DL del Fare, la Corte l’ha giudicata illegittima per un’invasione delle competenze legislative centrali.



 
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