Responsabile sicurezza, la PA può decidere che sia un ingegnere
SICUREZZA
Responsabile sicurezza, la PA può decidere che sia un ingegnere
CdS: non c’è discriminazione anche se il compito può essere svolto da laureati in altre discipline
03/06/2014 - Per la scelta del responsabile della sicurezza un’amministrazione può preferire un laureato in ingegneria, anche se questo compito può essere svolto da altre figure professionali. Lo ha deciso il Consiglio di Stato con la sentenza 2464/2014.
Nel caso esaminato dal CdS, la Corte d’Appello di Lecce aveva indetto una procedura di selezione per affidare l’incarico di responsabile della sicurezza degli uffici giudiziari, restringendo la ricerca ai laureati in ingegneria.
In Cnappc, Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, aveva però presentato ricorso contro il vincitore.
Il Tribunale amministrativo in primo grado aveva dato ragione al Cnappc, sostenendo che si trattava di una prestazione non strettamente attinente ai servizi di ingegneria e architettura, ma che poteva essere effettuata anche da un soggetto senza le competenze tecniche di un ingegnere o di un architetto. Il Decreto Legislativo 81/2008 prevede infatti l’obbligo di frequenza di un corso professionalizzante, ma non una laurea specifica. Per questo motivo il Tar aveva affermato che l’amministrazione aveva utilizzato il suo potere discrezionale in modo distorto.
Il Consiglio di Stato ha in seguito ribaltato la decisione del Tar sostenendo che, anche se il Decreto Legislativo 81/2008 non impone titoli di studio precisi, lascia comunque alle amministrazioni la possibilità di valutare in modo discrezionale i requisiti da chiedere agli eventuali candidati.
Il CdS ha concluso quindi che scegliere come criterio il possesso di una laurea anziché di un’altra equivalente non implica nessuna discriminazione.
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Nel caso esaminato dal CdS, la Corte d’Appello di Lecce aveva indetto una procedura di selezione per affidare l’incarico di responsabile della sicurezza degli uffici giudiziari, restringendo la ricerca ai laureati in ingegneria.
In Cnappc, Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, aveva però presentato ricorso contro il vincitore.
Il Tribunale amministrativo in primo grado aveva dato ragione al Cnappc, sostenendo che si trattava di una prestazione non strettamente attinente ai servizi di ingegneria e architettura, ma che poteva essere effettuata anche da un soggetto senza le competenze tecniche di un ingegnere o di un architetto. Il Decreto Legislativo 81/2008 prevede infatti l’obbligo di frequenza di un corso professionalizzante, ma non una laurea specifica. Per questo motivo il Tar aveva affermato che l’amministrazione aveva utilizzato il suo potere discrezionale in modo distorto.
Il Consiglio di Stato ha in seguito ribaltato la decisione del Tar sostenendo che, anche se il Decreto Legislativo 81/2008 non impone titoli di studio precisi, lascia comunque alle amministrazioni la possibilità di valutare in modo discrezionale i requisiti da chiedere agli eventuali candidati.
Il CdS ha concluso quindi che scegliere come criterio il possesso di una laurea anziché di un’altra equivalente non implica nessuna discriminazione.
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