Architetti: ‘l’ambiente sia di competenza esclusiva dello Stato’
NORMATIVA
Architetti: ‘l’ambiente sia di competenza esclusiva dello Stato’
Cnappc, Inu e associazioni ambientaliste sul disegno di legge per la riforma della Costituzione
22/07/2014 - L’ambiente torni ad essere di esclusiva competenza dello Stato. È la richiesta avanzata dal Consiglio nazionale degli architetti (CNAPPC) e da diverse associazioni ambientaliste, che stanno seguendo l’iter del ddl di riforma costituzionale.
A destare l’interesse di architetti e ambientalisti è l’emendamento presentato dal senatore Giuseppe Marinello, presidente della Commissione Territorio, Ambiente e Beni ambientali del Senato.
L’emendamento riporta tra le competenze esclusive dello Stato quelle su ambiente e ecosistema. Secondo il Cnappc, si eviterebbe in questo modo di incrementare i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni e si rafforzerebbero altri importanti provvedimenti come la rinnovata competenza statale in materia di infrastrutture strategiche, grandi reti di trasporto, porti, aeroporti ed energia. Se la proposta non dovesse essere accolta, non sarebbero invece risolti i conflitti di competenza tra Stato e Regioni, iniziati dopo la riforma del 2001.
Dello stesso avviso anche molte associazioni ambientaliste, come Legambiente, e l’Istituto nazionale di urbanistica (INU), che non condividono le scelte fatte dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato durante l’esame del testo.
La Commissione ha infatti approvato un emendamento presentato dai relatori Calderoli e Finocchiaro, in base al quale lo Stato dovrebbe occuparsi delle disposizioni generali e comuni su ambiente e ecosistema, mentre alle Regioni spetterebbe la potestà legislativa sulla valorizzazione dei beni ambientali.
A detta delle associazioni ambientaliste, in questo modo la Corte Costituzionale dovrebbe continuare a pronunciarsi sui vizi di costituzionalità delle norme regionali, con perdite di tempo e un clima di incertezza sul contesto normativo.
Ricordiamo che l’iter del ddl costituzionale è iniziato a marzo, quando il Governo ha presentato una proposta per risolvere la situazione normativa “a macchia di leopardo”, colpevole di aver spesso scoraggiato gli investimenti, sottraendo alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni una serie di materie, tra cui la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, il governo del territorio e l’urbanistica.
A destare l’interesse di architetti e ambientalisti è l’emendamento presentato dal senatore Giuseppe Marinello, presidente della Commissione Territorio, Ambiente e Beni ambientali del Senato.
L’emendamento riporta tra le competenze esclusive dello Stato quelle su ambiente e ecosistema. Secondo il Cnappc, si eviterebbe in questo modo di incrementare i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni e si rafforzerebbero altri importanti provvedimenti come la rinnovata competenza statale in materia di infrastrutture strategiche, grandi reti di trasporto, porti, aeroporti ed energia. Se la proposta non dovesse essere accolta, non sarebbero invece risolti i conflitti di competenza tra Stato e Regioni, iniziati dopo la riforma del 2001.
Dello stesso avviso anche molte associazioni ambientaliste, come Legambiente, e l’Istituto nazionale di urbanistica (INU), che non condividono le scelte fatte dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato durante l’esame del testo.
La Commissione ha infatti approvato un emendamento presentato dai relatori Calderoli e Finocchiaro, in base al quale lo Stato dovrebbe occuparsi delle disposizioni generali e comuni su ambiente e ecosistema, mentre alle Regioni spetterebbe la potestà legislativa sulla valorizzazione dei beni ambientali.
A detta delle associazioni ambientaliste, in questo modo la Corte Costituzionale dovrebbe continuare a pronunciarsi sui vizi di costituzionalità delle norme regionali, con perdite di tempo e un clima di incertezza sul contesto normativo.
Ricordiamo che l’iter del ddl costituzionale è iniziato a marzo, quando il Governo ha presentato una proposta per risolvere la situazione normativa “a macchia di leopardo”, colpevole di aver spesso scoraggiato gli investimenti, sottraendo alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni una serie di materie, tra cui la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, il governo del territorio e l’urbanistica.