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Lavori sui beni culturali, possono occuparsene solo gli architetti

Lavori sui beni culturali, possono occuparsene solo gli architetti

Tar Veneto: la prassi italiana non contrasta con le norme europee che consentono questi lavori agli ingegneri con una formazione adeguata

Vedi Aggiornamento del 04/04/2017
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 04/04/2017
18/08/2014 - Gli interventi sugli immobili artistici e storici sono di competenza degli architetti e non degli ingegneri. Lo ha ribadito il Tar Veneto con la sentenza 743/2014.
 
Il Tar si è pronunciato sul caso di un Comune che aveva bandito una gara per la ristrutturazione di un museo comunale indicato negli atti di gara quale bene culturale.
 
Ad aggiudicarsi la gara era stato uno studio di ingegneria, ma successivamente l’affidamento dell’incarico era stato impugnato perché, a detta degli architetti ricorrenti, gli ingegneri non hanno le competenze per poter gestire i lavori sugli edifici rientranti nel patrimonio artistico e culturale.
 
Passando in rassegna precedenti pronunce dei Tribunali amministrativi, del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia europea, il Tar Veneto ha accolto il ricorso, affermando che le norme in vigore non costituiscono una discriminazione ai danni degli ingegneri.
 
Il Tar Veneto ha ricordato che la questione della ripartizione delle competenze tra ingegneri e architetti è stata risolta definitivamente dal Consiglio di Stato con la sentenza 21/2014.
 
Come ricordato dal Tar Veneto, dopo aver interpellato la Corte di Giustizia europea, il CdS all’inizio di quest’anno ha spiegato che la Direttiva 85/384 prevede che i soggetti migranti, muniti dei titoli specificamente indicati, possano esercitare le attività connesse all’architettura. Ciò non rende illegittima la prassi italiana, basata sul Regio Decreto 2357/1925, che riserva solo agli architetti alcuni interventi sugli immobili di interesse artistico.
 
L’obiettivo della direttiva europea, sottolinea il Tribunale Amministrativo, è solo il reciproco riconoscimento dei titoli di studio, non quello di disciplinare le condizioni di accesso alla professione di architetto.
 
I giudici hanno quindi concluso che, anche volendo ammettere che un professionista non italiano con titolo di ingegnere sia legittimato, in base alla normativa del paese d’origine, a svolgere attività rientranti tra quelle abitualmente esercitate con il titolo di architetto, non è corretto affermare che in Italia si verifica una discriminazione nei confronti degli ingegneri. In base alla Direttiva 85/384, infatti, per l’esercizio di queste attività non è sufficiente il possesso del titolo di ingegnere, ma aver seguito un percorso formativo adeguato.  
 
Sulla base di queste considerazioni il ricorso è stato accolto e l’incarico, prima affidato ad un ingegnere, è stato revocato.


 
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