Distanze minime, il ricorso non può essere tardivo
NORMATIVA
Distanze minime, il ricorso non può essere tardivo
CdS: il termine decorre dal momento in cui l’interessato viene a conoscenza dell’attività di costruzione
17/10/2014 - Chi intende presentare ricorso contro la realizzazione di un immobile che non rispetta le distanze minime non può farlo in modo tardivo, ma deve rispettare il termine di 60 giorni oltre il quale la possibilità di ricorrere decade. È questa la conclusione cui è arrivato il Consiglio di Stato con la sentenza 4901/2014.
Nel caso esaminato dal CdS, il Comune aveva rilasciato una concessione edilizia per l’ampliamento e la ristrutturazione di un immobile. Dopo un sopralluogo da parte dei Vigili Urbani, l’Amministrazione aveva disposto la sospensione dei lavori a causa di lavori eseguiti in difformità dalla concessione originaria.
La società di costruzioni aveva quindi presentato domanda di sanatoria, contro la quale avevano fatto ricorso i proprietari degli immobili confinanti che lamentavano la violazione delle distanze.
In prima istanza il Tar aveva dichiarato il ricorso irricevibile perché tardivo. Secondo i giudici, al momento del sopralluogo le mura perimetrali erano già state erette, quindi i ricorrenti dovevano già averle notato e aver presentato ricorso.
La posizione del Tar è stata confermata dal Consiglio di Stato secondo il quale il termine per presentare il ricorso doveva decorrere dal momento in cui gli interessati si erano accorti che l’intervento stava violando le distanze e non da quando erano stati effettuati i sopralluoghi o era stata chiesta la sanatoria.
Il CdS ha inoltre affermato che, per il principio della certezza delle situazioni giuridiche, il titolare di un permesso di costruire non può rimanere a lungo nell’incertezza circa le sorti del titolo abilitativo. Consentendo ricorsi tardivi, invece, i lavori potrebbero avanzare e il danno per il titolare del permesso di costruire sarebbe maggiore.
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Nel caso esaminato dal CdS, il Comune aveva rilasciato una concessione edilizia per l’ampliamento e la ristrutturazione di un immobile. Dopo un sopralluogo da parte dei Vigili Urbani, l’Amministrazione aveva disposto la sospensione dei lavori a causa di lavori eseguiti in difformità dalla concessione originaria.
La società di costruzioni aveva quindi presentato domanda di sanatoria, contro la quale avevano fatto ricorso i proprietari degli immobili confinanti che lamentavano la violazione delle distanze.
In prima istanza il Tar aveva dichiarato il ricorso irricevibile perché tardivo. Secondo i giudici, al momento del sopralluogo le mura perimetrali erano già state erette, quindi i ricorrenti dovevano già averle notato e aver presentato ricorso.
La posizione del Tar è stata confermata dal Consiglio di Stato secondo il quale il termine per presentare il ricorso doveva decorrere dal momento in cui gli interessati si erano accorti che l’intervento stava violando le distanze e non da quando erano stati effettuati i sopralluoghi o era stata chiesta la sanatoria.
Il CdS ha inoltre affermato che, per il principio della certezza delle situazioni giuridiche, il titolare di un permesso di costruire non può rimanere a lungo nell’incertezza circa le sorti del titolo abilitativo. Consentendo ricorsi tardivi, invece, i lavori potrebbero avanzare e il danno per il titolare del permesso di costruire sarebbe maggiore.
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