Il 90% delle varianti serve a recuperare il ribasso
LAVORI PUBBLICI
Il 90% delle varianti serve a recuperare il ribasso
Tra le 11 anomalie evidenziate dal rapporto Anac: istruttorie incomplete, errori di progettazione dissimulati e varianti in sanatoria
27/11/2014 - Nel 90% dei casi l’importo delle varianti è molto prossimo al risparmio conseguito a seguito del ribasso d’asta offerto dall’impresa aggiudicataria. Proporre elevati ribassi in sede di gara per aggiudicarsi l’appalto sicuri di poterli recuperare in un secondo momento tramite una perizia di variante.
Questa una delle anomalie legate al ricorso alle varianti messa in luce dall’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) sulla base dell’esame delle varianti inviate all’Autorità in ottemperanza al Decreto legge 90/2014 che impone l’invio delle modifiche apportate ai progetti.
Le varianti analizzate in questo primo rapporto sono 90 (selezionate dalle 277 pervenute) e comprendono anche quelle inviate prima della conversione in legge del decreto che limita l’obbligo di comunicazione alle sole varianti d’importo superiore al 10% e relative ad appalti superiori alla soglia europea di 5,18 milioni di euro. Di conseguenza le varianti considerate fanno riferimento anche ad importi di piccolo valore.
I dati presenti nel comunicato firmato da Raffaele Cantone mettono in luce i numeri del fenomeno sopra esposto: nel 63% dei casi di variante il ribasso era superiore al 20%; in particolare nel 36% dei casi le varianti riguardano appalti con un ribasso d’asta compreso tra il 20%- 30%, mentre nel 27% dei casi il ribasso è superiore al 30%.
I dati statistici evidenziano quindi che in corrispondenza di forti ribassi si ha un’elevata frequenza di varianti.
I motivi più comuni per cui si ricorre all’ utilizzo di varianti sono principalmente 3: nel 63% dei casi per utilizzo di nuovi materiali, nel 53% per rinvenimenti imprevisti e nel 22% per opere di miglioramento al progetto.
Inoltre, considerati gli appalti con ribassi di aggiudicazione maggiori del 30%, risulta che circa la metà di essi presenti elementi di criticità.
Tra le 11 criticità rilevate, oltre al ricorso del ribasso d’asta, vi è la carente istruttoria sull’ammissibilità della variante da parte del Rup che dovrebbe verificare la sussistenza dei presupposti presenti nell’art. 132 del Codice degli Appalti, ovvero che i motivi per cui si necessita di una variante siano di forza maggiore; spesso però le motivazioni illustrate non mostrano quel carattere di imprevedibilità che dovrebbero possedere.
Tra le altre criticità il ricorso alle varianti in “sanatoria”, ovvero approvate in concomitanza dell’ultimazione dei lavori, al fine di regolarizzare le opere eseguite in sede di chiusura della relativa contabilità; altro aspetto rilevante lo occupano gli errori di progettazione, spesso non palesemente identificati come tali, e le false variazioni migliorative che invece nascondono una sensibile riduzione della qualità complessiva della realizzazione.
Infine vi sono variazioni in diminuzione proposte dall’impresa, non coerenza tra la consistenza della variante e i tempi aggiuntivi concessi, assenza di nesso funzionale tra le opere in variante e quelle di progetto, tempistica della introduzione della variante, variazioni sostanziali e commistione tra varianti e opere di completamento.
Dai dati emersi si riscontra come le anomalie presenti nel sistema delle varianti possano essere favorite da stazioni appaltanti che con “un’indiscriminata disponibilità” concedono varianti o siano pronte a “dissimulare l’errore di progettazione entro altre tipologie di varianti, in ragione delle conseguenze che l’accertamento esplicito da parte del RUP di un difetto di progettazione farebbe discendere sul progettista, sul verificatore e sulla stessa stazione appaltante”.
Le responsabilità delle stazioni appaltanti posso ricadere nel penale, infatti come si legge nel comunicato “si ritiene che qualora la relazione del RUP riporti circostanze non veritiere o motivazioni palesemente incoerenti con gli elementi di fatto emergenti dagli atti procedimentali, ciò rappresenti sicuramente un elemento di scarsa trasparenza amministrativa sino a integrare, in casi particolari da valutare singolarmente, la fattispecie penalmente rilevante del falso in atto pubblico nonché, nel momento in cui detta relazione è trasmessa all’ANAC ai sensi dell’art. 37 del d.l. 90/2014, gli estremi per l’applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 6, comma 11, del Codice”.
L'Anac continuerà a monitorare il fenomeno anche alla luce di dati futuri più numerosi.
Questa una delle anomalie legate al ricorso alle varianti messa in luce dall’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) sulla base dell’esame delle varianti inviate all’Autorità in ottemperanza al Decreto legge 90/2014 che impone l’invio delle modifiche apportate ai progetti.
Le varianti analizzate in questo primo rapporto sono 90 (selezionate dalle 277 pervenute) e comprendono anche quelle inviate prima della conversione in legge del decreto che limita l’obbligo di comunicazione alle sole varianti d’importo superiore al 10% e relative ad appalti superiori alla soglia europea di 5,18 milioni di euro. Di conseguenza le varianti considerate fanno riferimento anche ad importi di piccolo valore.
I dati presenti nel comunicato firmato da Raffaele Cantone mettono in luce i numeri del fenomeno sopra esposto: nel 63% dei casi di variante il ribasso era superiore al 20%; in particolare nel 36% dei casi le varianti riguardano appalti con un ribasso d’asta compreso tra il 20%- 30%, mentre nel 27% dei casi il ribasso è superiore al 30%.
I dati statistici evidenziano quindi che in corrispondenza di forti ribassi si ha un’elevata frequenza di varianti.
I motivi più comuni per cui si ricorre all’ utilizzo di varianti sono principalmente 3: nel 63% dei casi per utilizzo di nuovi materiali, nel 53% per rinvenimenti imprevisti e nel 22% per opere di miglioramento al progetto.
Inoltre, considerati gli appalti con ribassi di aggiudicazione maggiori del 30%, risulta che circa la metà di essi presenti elementi di criticità.
Tra le 11 criticità rilevate, oltre al ricorso del ribasso d’asta, vi è la carente istruttoria sull’ammissibilità della variante da parte del Rup che dovrebbe verificare la sussistenza dei presupposti presenti nell’art. 132 del Codice degli Appalti, ovvero che i motivi per cui si necessita di una variante siano di forza maggiore; spesso però le motivazioni illustrate non mostrano quel carattere di imprevedibilità che dovrebbero possedere.
Tra le altre criticità il ricorso alle varianti in “sanatoria”, ovvero approvate in concomitanza dell’ultimazione dei lavori, al fine di regolarizzare le opere eseguite in sede di chiusura della relativa contabilità; altro aspetto rilevante lo occupano gli errori di progettazione, spesso non palesemente identificati come tali, e le false variazioni migliorative che invece nascondono una sensibile riduzione della qualità complessiva della realizzazione.
Infine vi sono variazioni in diminuzione proposte dall’impresa, non coerenza tra la consistenza della variante e i tempi aggiuntivi concessi, assenza di nesso funzionale tra le opere in variante e quelle di progetto, tempistica della introduzione della variante, variazioni sostanziali e commistione tra varianti e opere di completamento.
Dai dati emersi si riscontra come le anomalie presenti nel sistema delle varianti possano essere favorite da stazioni appaltanti che con “un’indiscriminata disponibilità” concedono varianti o siano pronte a “dissimulare l’errore di progettazione entro altre tipologie di varianti, in ragione delle conseguenze che l’accertamento esplicito da parte del RUP di un difetto di progettazione farebbe discendere sul progettista, sul verificatore e sulla stessa stazione appaltante”.
Le responsabilità delle stazioni appaltanti posso ricadere nel penale, infatti come si legge nel comunicato “si ritiene che qualora la relazione del RUP riporti circostanze non veritiere o motivazioni palesemente incoerenti con gli elementi di fatto emergenti dagli atti procedimentali, ciò rappresenti sicuramente un elemento di scarsa trasparenza amministrativa sino a integrare, in casi particolari da valutare singolarmente, la fattispecie penalmente rilevante del falso in atto pubblico nonché, nel momento in cui detta relazione è trasmessa all’ANAC ai sensi dell’art. 37 del d.l. 90/2014, gli estremi per l’applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 6, comma 11, del Codice”.
L'Anac continuerà a monitorare il fenomeno anche alla luce di dati futuri più numerosi.