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Federarchitetti: ‘la riforma della PA tenga conto delle professioni’

Federarchitetti: ‘la riforma della PA tenga conto delle professioni’

La lettera del Sindacato architetti liberi professionisti al Presidente del Consiglio Matteo Renzi

Vedi Aggiornamento del 19/02/2015
di Rossella Calabrese
Vedi Aggiornamento del 19/02/2015
10/11/2014 - La riforma della Pubblica Amministrazione deve rappresentare il momento fondante per l’avvio di un diverso modello di crescita del Paese ed è attesa con particolare interesse anche dal settore delle libere professioni del comparto tecnico, per quanto ad essa strettamente collegato.
 
Inizia così la lettera che Federarchitetti, il Sindacato Nazionale Architetti Liberi Professionisti, ha inviato al Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
 
Emerge in modo sempre più significativo - spiega il Sindacato - quanto l’Italia sia stata soffocata da una cappa di inefficienze e corruzione, la cui rimozione costituisce la sfida attuale per un futuro diverso, che veda la prevalenza di interessi generali. La difficoltà nel contenere il potere della cattiva burocrazia si evidenzia quando, nel momento del cambiamento, riesca a riprodursi ed acquisirne di maggiore, condizionando sviluppo e ripresa economica.
 
Vi si impone un reale ricambio generazionale, ivi incluso un recupero del precariato attivo, ma anche la definizione di limiti e competenze che ne frenino attività sussidiarie che debordano su settori autonomi in grave crisi compromettendone la crescita occupazionale e strutturale, determinanti per lo sviluppo del Paese ed il confronto con gli Stati esteri. Anche iniziative attuali dimostrano come i valori del lavoro libero professionale siano ancora soccombenti a confronto con interessi più forti - prosegue Federarchitetti.
 
Il settore delle libere professioni tecniche - continua - è tutt’ora sottoposto ad un regime di norme che ne impediscono l’esercizio del ruolo ad esse spettante, in un contesto condizionato: dal ruolo degli Ordini Professionali, anacronistici testimoni di un mondo burocratico‐istituzionale e, per altri versi, della Cassa di Previdenza ma, anche, dalla poca coerenza di comportamento delle Istituzioni, dai Sindacati della “triplice”, dalle rappresentanze degli Enti Locali e dei dipendenti della P.A.
 
Per il Sindacato degli Architetti, non è più giustificabile il palese disinteresse, da parte della politica, ad un’efficace riforma che restituisca in primis identità agli organismi professionali e status certo ai professionisti autonomi e dipendenti; ritardo forse rafforzato dalla singolare anomalia che le funzioni pubbliche di controllo, demandate agli Ordini, risultano a “costo zero” in quanto il loro ingente onere è sostenuto dagli stessi professionisti destinatari di improbabili controlli e procedimenti disciplinari a loro carico.
 
Federarchitetti accoglie in pieno quanto affermato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con la Delibera 145 del 21 ottobre 2014 sull’obbligo di applicazione, anche da parte degli Ordini, delle disposizioni di prevenzione della corruzione. A latere - continua la lettera - sorgono perplessità sull’applicazione della prevista sanzione amministrativa (da 1.000 a 10.000 euro), in caso di mancata formulazione del cosi denominato “piano triennale sulla trasparenza”. Non è inteso se la suddetta sanzione risulterebbe a carico dei componenti i Consigli o degli iscritti, risultando gli Ordini costituire enti pubblici non economici: sarebbe forse meglio prevedere che i Consigli stessi vengano, nella fattispecie, considerati decaduti.
 
La ricerca di un ruolo al di fuori delle proprie ormai marginali competenze istituzionali - sottolinea il Sindacato -, ha indotto gli stessi Ordini a non considerare nuovi compiti ipotizzati dal sindacato quali un’“Agenzia” di supporto ai professionisti nelle procedure internazionali tecnico‐economiche‐legislative o a favorire momenti di sinergia nell’integrazione delle rispettive funzioni istituzionali: per i liberi professionisti l’ennesimo onere improduttivo dai costi ingenti delle troppo numerose strutture ordinistiche, periodicamente evidenziato anche dagli osservatori più attenti ed indipendenti.
 
A ciò si aggiunga - continua la lettera - la non definita problematica che impone l’adesione alle Camere di Commercio nelle competizioni internazionali o per la partecipazione a fondi dell’UE, ovvero l’adesione alle “linee guida” della UE.
 
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