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I ritardi delle opere incompiute costano 800 miliardi di euro

I ritardi delle opere incompiute costano 800 miliardi di euro

La Fillea Cgil propone una legge sugli appalti trasparente, che tuteli i lavoratori e favorisca tempi certi nella realizzazione delle costruzioni

Vedi Aggiornamento del 05/07/2017
I ritardi delle opere incompiute costano 800 miliardi di euro
di Alessandra Marra
Vedi Aggiornamento del 05/07/2017
09/03/2015 - Tempi certi nella realizzazione delle opere pubbliche, tutela dei lavoratori edili, contrasto alla concorrenza sleale (che favorisce imprese più economiche e meno qualificate) e limite all’utilizzo del sub-appalto.
 
Questi gli obiettivi principali perseguiti dalla legge d’iniziativa popolare in tema di appalti pubblici lanciata in un convegno dalla Federazione Italiana dei Lavoratori del Legno, dell' Edilizia, delle industrie Affini ed estrattive (Fillea Cgil) giovedì 5 marzo a Roma.
 
La Fillea Cgil ha 'spinto' l'iniziativa con una giornata di mobilitazione nazionale con tantissimi flash mob; i lavoratori edili in circa 40 città italiane hanno appeso striscioni con lo slogan #giulemanidaicantieri su ponti, piloni autostradali, opere ferme o incompiute, monumenti, palazzi istituzionali, traghetti, centri storici.
 
La giornata di mobilitazione ha riacceso i riflettori non solo sulla crisi del settore dell'edilizia ma anche sulle storture degli appalti come il malaffare e la corruzione presenti nei cantieri che trovano terreno fertile nelle pratiche di affidamenti diretti e dei massimi ribassi, con possibili ritardi nella realizzazione delle opere. 
 
Secondo Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil, l'importanza della proposta di legge sta nel richiamo alla trasparenza, legalità e rispetto nella gestione dei cantieri, nelle opere piccole e grandi.
 
La proposta di legge contrasta fermamente le pratiche di concorrenza sleale tra le imprese cha portano a privilegiare la questione dei costi in alternativa alla qualità e alle capacità imprenditoriali delle ditte.
 
Grande importanza viene attribuita anche alla tutela reale dei trattamenti dei lavoratori impiegati negli appalti pubblici. Per la Cigl bisogna "consolidare ed estendere la clausola sociale riferita al mantenimento del posto di lavoro in caso di cambio di appalto affermando che, laddove cambia di titolare dell'appalto ma si è in presenza della continuità del lavoro, è legittimo consolidare la continuità dei rapporti di lavoro in essere".
 
In particolare il DDL di iniziativa popolare evidenzia l’esigenza:
1) Di una tutela dei trattamenti retributivi e previdenziali attraverso la responsabilità sociale;
b) Della re-introduzione degli indici di congruità a garanzia dei livelli occupazionali;
c) Di una certificazione di legalità e produttiva per tutte le imprese e gli operatori coinvolti a qualsiasi titolo;  
d) Di sancire regole stringenti che consentono nei cambi di appalto e/o subappalto la garanzia occupazionale e dei diritti dei lavoratori;
e) Di limitare l’utilizzo del sub-appalto e di escludere dai sub-appalti le aziende che hanno partecipato ai bandi delle stesse gare e di prevedere esplicitamente il pagamento diretto da parte del committente;
f) L’istituzione, presso il Ministero del Lavoro, di una Black List delle aziende che abbiano gravemente violato gli obblighi nei confronti dei loro dipendenti;
g) Di presentare il DURC all’atto della partecipazione alla gara;
h) Di far definire alla Stazioni Appaltanti, all’atto del bando, quale CCNL applicare nei cantieri a tutti i lavoratori.

Franco Martini, segretario nazionale della Cgil ricorda che "gli appalti rappresentano il 15% del mercato del prodotto interno lordo e i cattivi appalti sottraggono all'economia molte risorse".

"Si stima che l'economia illegale -spiega- ammonta a circa 70 miliardi e quindi è chiaro che quando noi ci battiamo per la trasparenza e la regolarità degli appalti puntiamo a due obiettivi: a uno sviluppo qualificato dell'economia che ha bisogno di tornare a crescere  al tempo stesso puntiamo alla trasparenza e quindi al recupero di importanti risorse per lo sviluppo e la ripresa".
 
Nel corso del convegno si è analizzato il Rapporto dei 'Costi del non fare' che, attraverso una metodologia sviluppata dai ricercatori Agici, valuta gli impatti economici, sociali e ambientali dei ritardi nella infrastrutturazione del nostro Paese. Secondo il Rapporto, senza la realizzazione delle opere infrastrutturali prioritarie, saranno oltre 800 miliardi di euro i 'costi del non fare' tra il 2014 e il 2030 a carico dell'intero Paese.
 
Infatti lo studio fa notare quanto incidano sulla collettività i ritardi o la mancata realizzazione delle priorità infrastrutturali (basti pensare a cantieri come la Nuvola di Fuksas a Roma, il terminal di Aosta o al grattacielo della Regione Piemonte).


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