Cessione dei crediti alle banche, i progettisti rischiano l’esclusione
NORMATIVA
Cessione dei crediti alle banche, i progettisti rischiano l’esclusione
La denuncia degli ingegneri contro la contraddittorietà delle norme, chiesti chiarimenti al Ministero dell'Economia
03/03/2015 - I professionisti tecnici rischiano di non ricevere i pagamenti per i servizi resi alle Pubbliche Amministrazioni. Colpa di un’interpretazione normativa che sta ostacolando la cessione alle banche dei crediti vantati nei confronti delle Amministrazioni.
La denuncia arriva da Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri (CNI), che ha evidenziato l’intoppo, cioè la classificazione dei servizi di progettazione come spese in conto capitale invece che come spese di parte corrente.
Ricordiamo che, in economia, le spese correnti sono riferite al funzionamento dei pubblici servizi, mentre quelle in conto capitale riguardano gli investimenti.
Come sottolineato da Zambrano, il problema è legato ad una norma contenuta nelle norme sulla Spending Review (l’articolo 37 del DL 66/2014 convertito nella Legge 89/2014) in base alle quali possono essere liquidati, attraverso la cessione pro-soluto presso il sistema bancario, solo i crediti di parte corrente certi, liquidi ed esigibili per “somministrazioni, forniture ed appalti e per prestazioni professionali” svolte per le Pubbliche Amministrazioni.
Ciò significa che non possono essere liquidati i crediti per spese in conto capitale effettuate dalle Pubbliche Amministrazioni. Dato che le prestazioni professionali di progettazione di opere pubbliche sono classificate come spesa in conto capitale, in molti casi gli istituti bancari si sono rifiutati di procedere alla liquidazione dei crediti secondo le procedure del pro-soluto.
Secondo gli ingegneri, il problema di fondo sta nel fatto che le Amministrazioni pubbliche classificano le attività di progettazione di un’opera e l’opera medesima in modo identico, cioè come spesa capitale.
Si tratta, lamenta Zambrano, di un’interpretazione fuorviante visto che la spesa per una prestazione professionale è un servizio, quindi classificabile come spesa di parte corrente, mentre la realizzazione di un’opera è una spesa in conto capitale.
“Non solo lo Stato per anni non ha pagato ai liberi professionisti e ad alle imprese lavori conclusi e regolarmente eseguiti - ha denunciato il presidente Zambrano in una nota - ma ora che sono state definite apposite procedure di liquidazione dei debiti rischiamo un nuovo stallo perché le norme sono contraddittorie. Non siamo più disposti ad accettarlo”.
Ricordiamo che, per ottenere i pagamenti per i servizi resi alla Pubblica Amministrazione, i creditori, professionisti o imprese, devono certificare il proprio credito utilizzando la Piattaforma online del Ministero dell'Economia. Dopo aver ottenuto la certificazione si può attendere il pagamento entro la data indicata nel certificato rilasciato dalla PA, portare la somma in compensazione con eventuali debiti nei confronti dell'Agenzia delle Entrate o cedere il proprio credito alle banche. Gli istituti bancari acquistano il credito pagando al professionista o all'impresa un prezzo decurtato di un determinato tasso di sconto. Il creditore, quindi, riceve meno di quanto gli spetterebbe aspettando il pagamento dalla Pubblica Amministrazione, ma in comopenso incassa subito la liquidità.
Questa è la seconda volta che il Consiglio nazionale degli ingegneri torna sui problemi riscontrati dai professionisti nella riscossione dei crediti. Già a settembre i professionisti hanno fatto notare che il meccanismo si inceppa nel momento in cui si cerca di cedere il credito alle banche.
Per questo motivo il CNI ha chiesto al Ministero dell’Economia un chiarimento ed eventualmente la modifica della disposizione che sta determinando l’esclusione di molti liberi professionisti dalla possibilità di cessione pro-soluto dei propri crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione.
La denuncia arriva da Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri (CNI), che ha evidenziato l’intoppo, cioè la classificazione dei servizi di progettazione come spese in conto capitale invece che come spese di parte corrente.
Ricordiamo che, in economia, le spese correnti sono riferite al funzionamento dei pubblici servizi, mentre quelle in conto capitale riguardano gli investimenti.
Come sottolineato da Zambrano, il problema è legato ad una norma contenuta nelle norme sulla Spending Review (l’articolo 37 del DL 66/2014 convertito nella Legge 89/2014) in base alle quali possono essere liquidati, attraverso la cessione pro-soluto presso il sistema bancario, solo i crediti di parte corrente certi, liquidi ed esigibili per “somministrazioni, forniture ed appalti e per prestazioni professionali” svolte per le Pubbliche Amministrazioni.
Ciò significa che non possono essere liquidati i crediti per spese in conto capitale effettuate dalle Pubbliche Amministrazioni. Dato che le prestazioni professionali di progettazione di opere pubbliche sono classificate come spesa in conto capitale, in molti casi gli istituti bancari si sono rifiutati di procedere alla liquidazione dei crediti secondo le procedure del pro-soluto.
Secondo gli ingegneri, il problema di fondo sta nel fatto che le Amministrazioni pubbliche classificano le attività di progettazione di un’opera e l’opera medesima in modo identico, cioè come spesa capitale.
Si tratta, lamenta Zambrano, di un’interpretazione fuorviante visto che la spesa per una prestazione professionale è un servizio, quindi classificabile come spesa di parte corrente, mentre la realizzazione di un’opera è una spesa in conto capitale.
“Non solo lo Stato per anni non ha pagato ai liberi professionisti e ad alle imprese lavori conclusi e regolarmente eseguiti - ha denunciato il presidente Zambrano in una nota - ma ora che sono state definite apposite procedure di liquidazione dei debiti rischiamo un nuovo stallo perché le norme sono contraddittorie. Non siamo più disposti ad accettarlo”.
Ricordiamo che, per ottenere i pagamenti per i servizi resi alla Pubblica Amministrazione, i creditori, professionisti o imprese, devono certificare il proprio credito utilizzando la Piattaforma online del Ministero dell'Economia. Dopo aver ottenuto la certificazione si può attendere il pagamento entro la data indicata nel certificato rilasciato dalla PA, portare la somma in compensazione con eventuali debiti nei confronti dell'Agenzia delle Entrate o cedere il proprio credito alle banche. Gli istituti bancari acquistano il credito pagando al professionista o all'impresa un prezzo decurtato di un determinato tasso di sconto. Il creditore, quindi, riceve meno di quanto gli spetterebbe aspettando il pagamento dalla Pubblica Amministrazione, ma in comopenso incassa subito la liquidità.
Questa è la seconda volta che il Consiglio nazionale degli ingegneri torna sui problemi riscontrati dai professionisti nella riscossione dei crediti. Già a settembre i professionisti hanno fatto notare che il meccanismo si inceppa nel momento in cui si cerca di cedere il credito alle banche.
Per questo motivo il CNI ha chiesto al Ministero dell’Economia un chiarimento ed eventualmente la modifica della disposizione che sta determinando l’esclusione di molti liberi professionisti dalla possibilità di cessione pro-soluto dei propri crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione.