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Porti e logistica, approvato il nuovo piano strategico

Porti e logistica, approvato il nuovo piano strategico

Obiettivo è battere le inefficienze infrastrutturali, la burocrazia e lo scarso coordinamento che rallentano i traffici e rendono poco competitivi i porti italiani

Vedi Aggiornamento del 01/02/2018
Porti e logistica, approvato il nuovo piano strategico
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 01/02/2018
08/07/2015 - Combattere le inefficienze e fare dell’Italia un hub nel Mediterraneo. È l’obiettivo del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, approvato in via preliminare venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri in attuazione del decreto Sblocca Italia (DL 133/2014).
 

Obiettivi del piano strategico dei porti

Secondo il documento predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le inefficienze del sistema logistico costano oggi 50 miliardi l’anno.
 
Facendo un raffronto, però, il cluster portuale dell’intero Paese genera il 2,6% del PIL nazionale, quando il porto di Rotterdam genera da solo il 2,1% del PIL dei Paesi Bassi.
 
L’obiettivo del piano è integrare la rete logistica italiana che coinvolge merci e passeggeri connettendo al meglio i porti con i sistemi di trasporto ferroviario, stradale, con le piattaforme logistiche (Interporti) e con i distretti industriali, intervenendo su ritardi, disorganizzazioni e inefficienze dell’organizzazione attuale.
 

Valore del piano strategico dei porti

Il 20% del traffico marittimo mondiale, merci e passeggeri, passa per il Mediterraneo. In Italia sono circa un milione gli addetti impiegati e oltre 160.000 le imprese del cluster logistico e portuale.
 
Sono inoltre 41 milioni i passeggeri che viaggiano via mare in Italia (20% del traffico UE) e 10,4 milioni i crocieristi imbarcati e sbarcati in Italia nel 2014 (uno su tre dei crocieristi imbarcati e sbarcati in Europa).
 
Il cluster logistico ha un’incidenza sul PIL del 14% mentre l’incidenza del cluster portuale, come detto, è del 2,6%.
 
Analizzando la situazione in termini di import ed export, l’interscambio commerciale marittimo vale 220 miliardi, mentre ammonta a 400 miliardi di euro l’export italiano nel 2014. Per ogni euro di scambi commerciali che coinvolgono l’Italia, 40 centesimi arrivano in Italia dal mondo via mare, 30 centesimi partono via mare dall’Italia. Riguardo i volumi di merci, viaggiano via mare circa il 48% delle merci italiane dirette all’estero (ed il 75% dell'export verso i Paesi del Mediterraneo) e Il 67,7% delle merci importate.
 
A causa di una serie di criticità, dal 2005 al 2014 il traffico merci ha perso il 6,5% e quello passeggeri il 7%. Oltre alla crisi economica globale, si scontano deficit strutturali. La governance dei porti è complessa e sconta uno scarso coordinamento nazionale. Sono presenti 24 Autorità Portuali e in ogni porto ci sono 113 provvedimenti amministrativi relativi all’import/export gestititi da 23 soggetti pubblici responsabili dei controlli. Una situazione che rende più lento l’accesso delle merci via mare e rende quindi poco attrattivi i porti italiani.
 
La qualità delle infrastrutture, si legge nel documento del Mit, è scarsa, così come il coordinamento degli investimenti. Ognuna delle 24 autorità portuali decide in autonomia le priorità di investimento al di fuori di un piano nazionale e strategico, con una dispersione di risorse e di efficacia.
 

La riforma del piano strategico dei porti

Il Piano è organizzato per 10 Obiettivi: Semplificazione e snellimento, competitività, accessibilità, integrazione logistica e imprese, infrastrutture, innovazione, sostenibilità e sicurezza delle risorse. Si cercherà di ridurre le strozzature dell'ultimo miglio, migliorando l'accessibilità da terra con binari in porto e collegamenti stradali adeguati. Per la sicurezza e la velocizzazione delle operazioni saranno ideati sistemi intelligenti, come i Port Community System in grado di garantire la filiera digitale logistica.

Il Piano prevede inoltre il recupero delle infrastrutture esistenti, investimenti in escavi, manutenzioni straordinarie e costruzione di nuove opere di protezione, banchine, fondali, terminal passeggeri e merci, raccordi ferroviari e stradali interni, impianti di bunkeraggio. 

Sarà infine potenziata l'intermodalità sia nei servizi per i passeggeri sia nel settore produttivo, con corsie preferenziali per le merci su treno e lo sviluppo delle autostrade del mare.
 
Il Piano mette a sistema le risorse disponibili per la portualità e i trasporti marittimi, tra cui: circa 700 milioni destinati dall’UE alle Regioni del Mezzogiorno per infrastrutture portuali, 85 milioni già stanziati dal Governo per investimenti nei porti italiani nel 2015, più di 600 milioni l’anno stanziati dal Governo per il trasporto via nave.
 
Il piano ripensa anche la governance in cui la Direzione generale unica per Porti e Logistica del Mit avrà una funzione di coordinamento. Si passerà inoltre da 336 membri complessivi nei Comitati portuali a circa 70 membri nei nuovi Comitati di gestione, da 113 procedimenti amministrativi in porto e 23 soggetti pubblici responsabili dei controlli in ogni porto a uno Sportello Unico dei Controlli in capo all’Agenzia delle Dogane.

Il Piano verrà ora sottoposto alle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione del previsto parere e tornerà successivamente all’esame del Consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva.



 
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