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Da architetti e ambientalisti una proposta di legge per la rigenerazione urbana

Da architetti e ambientalisti una proposta di legge per la rigenerazione urbana

Consiglio Nazionale Architetti e Legambiente al Ministro Delrio: ‘dalla sostituzione edilizia importanti effetti su Pil e occupazione’

Vedi Aggiornamento del 23/12/2015
Da architetti e ambientalisti una proposta di legge per la rigenerazione urbana
di Rossella Calabrese
16/09/2015 - Prendere definitivamente atto che la condizione del patrimonio abitativo è pessima, che le periferie sono invivibili, che la prima “spending review” da fare è quella energetica e che la garanzia del nostro debito pubblico è il risparmio degli italiani, la metà del quale è costituita da immobili, e che se vogliamo salvaguardare questo patrimonio serve occuparsene e anche molto in fretta.
 
È questo - secondo architetti e ambientalisti - il cambiamento di verso necessario per l’habitat delle città e per l’edilizia e che passa inevitabilmente attraverso una forte innovazione negli approcci alle politiche di questo settore.
 
Il concetto è quindi diventato il filo conduttore delle “Proposte per una politica di rigenerazione urbana e degli edifici” - realizzate congiuntamente a Legambiente - che il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha consegnato al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio.
 
In tema di sostituzione edilizia, ossia la demolizione e ricostruzione di edifici - la più innovativa tra le proposte presentate - il Documento ricorda che “in Italia i brutti e malconci edifici delle periferie e dei sobborghi non vengono rottamati perché con le norme attuali è impossibile farlo: infatti, per demolire un edificio e ricostruirlo a parità di volume e superficie utile, bisogna chiedere un permesso di demolizione e poi  uno  per nuova costruzione”.
 
Essendo la sostituzione classificata come nuova costruzione, essa ricade nelle prescrizioni di densità dei piani urbanistici, normalmente molto più bassi di quando l’edificio è stato costruito: se si demolisce un edificio esistente - ricorda il Documento - la volumetria realizzabile diminuisce del 30%. Si devono ripagare gli oneri di urbanizzazione anche se essi sono stati già pagati in origine. Vi sono poi gli oneri di costruzione.
 
È evidente quindi - ricordano ancora architetti e ambientalisti - che nessun condominio o operatore ha interesse a “rottamare”, preferendo operare con ristrutturazioni o manutenzioni che non ottengono praticamente mai il risultato di migliorare sensibilmente la qualità dell’habitat.
 
Per favorire la rottamazione di edifici che non garantiscono più la sicurezza o qualità dell’abitare, che sono in classe energetica E, F o G o sono inadeguati dal punto di vista sismico o del rischio idrogeologico o comunque a “fine vita”, la proposta è che la demolizione e ricostruzione di un edificio a fini residenziali, all’interno della medesima proprietà, di pari volumetria e superficie utile non venga considerata nuova costruzione ai sensi del DPR 380/2001 e quindi sia sottoposta a oneri solo sulla eventuale parte eccedente alla volumetria precedente, laddove realizzabile ai sensi delle norme urbanistiche vigenti.
 
L’intervento di sostituzione - sottolinea ancora il Documento - sarà realizzabile solo laddove si realizzi un edificio di classe energetica A e consumo di suolo pari o minore del precedente”.
 
“Una tale innovazione - sottolinea il presidente degli architetti italiani, Leopoldo Freyrie - non solo ci metterebbe alla pari con tutti gli altri Paesi occidentali, che prevedono normalmente la sostituzione edilizia, ma rilancerebbe anche l’edilizia italiana con effetti importanti sul Pil e sulla occupazione. Una politica di questo tipo attuata in Francia e in Germania ha dimostrato - come confermato dai rapporti dell’ANRU francese e della KFW tedesca - che ogni euro di incentivo investito dallo Stato ha prodotto 3 euro di ritorno nelle casse pubbliche in termini di tasse e di diminuzione di costi sociali”.
 
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