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Svincoli autostradali, come riqualificarli e renderli produttivi
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Svincoli autostradali, come riqualificarli e renderli produttivi
L’idea di Università di Perugia e Cassa dei Geometri: piantagioni di biomassa e legname di pregio o ‘isole di bellezza paesaggistica’
Vedi Aggiornamento
del 24/06/2016
27/10/2015 - Riqualificare e valorizzare i terreni resi inutilizzabili dalle infrastrutture autostradali. È l’obiettivo del progetto promosso dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia dell’Università degli Sudi di Perugia e dalla Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza Geometri (Cipag), presentato nei giorni scorsi a Milano.
Dalle rilevazioni effettuate emerge che ogni secondo circa 7 metri quadrati di superficie agricola o naturale vengono coperti da asfalto o cemento. Ogni giorno vengono impermeabilizzati in modo irreversibile circa 55 ettari di superficie vergine, con il consumo di suolo che è passato dal 2,7% degli anni Cinquanta al 7% del 2014.
L’incremento è dovuto alla diffusione delle città e alla realizzazione d’infrastrutture di trasporto. Secondo l’Ispra, le strade pesano per il 41% sul consumo di suolo. Si tratta di infrastrutture che provocano il deterioramento del territorio anche senza impermeabilizzazione, poiché la frammentazione rende gli spazi non sigillati interclusi difficilmente recuperabili e di minore qualità ambientale.
Con il progetto di ricerca “Modello di sviluppo delle aree infrastrutturali”, dell’Università di Perugia e del Cipag, si è quindi pensato al recupero di queste aree residuali. Dai primi risultati della ricerca, ottenuti tramite l’utilizzo di software GIS (Geographic Information System), emerge che, solo le aree degli svincoli autostradali rappresentano circa 1.500 ettari che potrebbero essere recuperati, con un aumento del valore economico, sociale ed ambientale.
Lo studio ha analizzato nel dettaglio i 47 svincoli dell’autostrada A1, ipotizzando di poter recuperare fino a 91 ettari dei quasi 109 inutilizzati (84%), mentre degli 88,5 ettari attualmente fuori uso perché inclusi tra i 62 svincoli della E45, è possibile riqualificarne fino all’82,5% (72,9 ettari su 88,5).
Lo studio ha inoltre messo a punto cinque ipotesi di recupero:
- piantagioni per la produzione di biomassa legnosa;
- piantagioni per la produzione di legname di pregio;
- realizzazione di “isole di bellezza paesaggistica”;
- realizzazione di “isole di conservazione della biodiversità vegetale”;
- realizzazione di sistemi naturali di raccolta delle acque.
Secondo Fausto Amadasi, Presidente Cipag, la cura dell’ambiente e dell’ecosistema non è solo di tipo conservativo, ma può essere fonte di ricchezza economica, di sviluppo del nostro territorio e di recupero di una cultura del rispetto del paesaggio.
Il prof. Angelo Frascarelli ha sottolineato che oggi la gestione delle aree infrastrutturali costa all’Anas o alle società autostradali costa circa 2mila euro ad ettaro per la pulizia, lo sfalcio e la potatura degli alberi, mentre trasformandole in aree per la produzione di energia da biomassa si potrebbero abbattere i costi del 75%, risparmiando 1500 euro. Si creerebbe inoltre fatturato e occupazione. In questi spazi si potrebbero creare isole di biodiversità vegetale e di bellezza paesaggistica.
Roberto Reggi, direttore dell’Agenzia del Demanio, ha affermato servono progetti concreti per rifunzionalizzare gli immobili pubblici dismessi o non utilizzati, in modo da tagliare la spesa pubblica e creare nuovo lavoro. Reggi ha spiegato che oggi si spendono 915 milioni in affitti passivi pur avendo immobili come le caserme, sostanzialmente vuote, e ha ricordato che l’Agenzia del Demanio sta collaborando ad un progetto per mettere le case cantoniere nella rete dei percorsi turistici.
Dalle rilevazioni effettuate emerge che ogni secondo circa 7 metri quadrati di superficie agricola o naturale vengono coperti da asfalto o cemento. Ogni giorno vengono impermeabilizzati in modo irreversibile circa 55 ettari di superficie vergine, con il consumo di suolo che è passato dal 2,7% degli anni Cinquanta al 7% del 2014.
L’incremento è dovuto alla diffusione delle città e alla realizzazione d’infrastrutture di trasporto. Secondo l’Ispra, le strade pesano per il 41% sul consumo di suolo. Si tratta di infrastrutture che provocano il deterioramento del territorio anche senza impermeabilizzazione, poiché la frammentazione rende gli spazi non sigillati interclusi difficilmente recuperabili e di minore qualità ambientale.
Con il progetto di ricerca “Modello di sviluppo delle aree infrastrutturali”, dell’Università di Perugia e del Cipag, si è quindi pensato al recupero di queste aree residuali. Dai primi risultati della ricerca, ottenuti tramite l’utilizzo di software GIS (Geographic Information System), emerge che, solo le aree degli svincoli autostradali rappresentano circa 1.500 ettari che potrebbero essere recuperati, con un aumento del valore economico, sociale ed ambientale.
Lo studio ha analizzato nel dettaglio i 47 svincoli dell’autostrada A1, ipotizzando di poter recuperare fino a 91 ettari dei quasi 109 inutilizzati (84%), mentre degli 88,5 ettari attualmente fuori uso perché inclusi tra i 62 svincoli della E45, è possibile riqualificarne fino all’82,5% (72,9 ettari su 88,5).
Lo studio ha inoltre messo a punto cinque ipotesi di recupero:
- piantagioni per la produzione di biomassa legnosa;
- piantagioni per la produzione di legname di pregio;
- realizzazione di “isole di bellezza paesaggistica”;
- realizzazione di “isole di conservazione della biodiversità vegetale”;
- realizzazione di sistemi naturali di raccolta delle acque.
Secondo Fausto Amadasi, Presidente Cipag, la cura dell’ambiente e dell’ecosistema non è solo di tipo conservativo, ma può essere fonte di ricchezza economica, di sviluppo del nostro territorio e di recupero di una cultura del rispetto del paesaggio.
Il prof. Angelo Frascarelli ha sottolineato che oggi la gestione delle aree infrastrutturali costa all’Anas o alle società autostradali costa circa 2mila euro ad ettaro per la pulizia, lo sfalcio e la potatura degli alberi, mentre trasformandole in aree per la produzione di energia da biomassa si potrebbero abbattere i costi del 75%, risparmiando 1500 euro. Si creerebbe inoltre fatturato e occupazione. In questi spazi si potrebbero creare isole di biodiversità vegetale e di bellezza paesaggistica.
Roberto Reggi, direttore dell’Agenzia del Demanio, ha affermato servono progetti concreti per rifunzionalizzare gli immobili pubblici dismessi o non utilizzati, in modo da tagliare la spesa pubblica e creare nuovo lavoro. Reggi ha spiegato che oggi si spendono 915 milioni in affitti passivi pur avendo immobili come le caserme, sostanzialmente vuote, e ha ricordato che l’Agenzia del Demanio sta collaborando ad un progetto per mettere le case cantoniere nella rete dei percorsi turistici.