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Architetti, in aumento quelli con reddito sotto i 9 mila euro

Architetti, in aumento quelli con reddito sotto i 9 mila euro

Osservatorio Cnappc-Cresme: tra i problemi per i professionisti il crollo del settore delle nuove costruzioni e i ritardi nei pagamenti

Vedi Aggiornamento del 31/01/2017
Architetti, in aumento quelli con reddito sotto i 9 mila euro
di Alessandra Marra
Vedi Aggiornamento del 31/01/2017
04/03/2016 - Nonostante il 2015 sia stato un anno di lieve ripresa per l’economia italiana, gli architetti risultano essere ancora schiacciati dalla crisi, con una riduzione, registrata tra il 2008 e il  2015, del reddito annuo del 41% e un aumento del numero di architetti con un reddito inferiore a 9 mila (dal 31,8% del 2013 al 34% del 2015).
 
Questo lo scenario tracciato dalla V edizione dell’Osservatorio sulla professione di Architetto, promosso dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori in collaborazione con il Cresme.
 

Architetti italiani: calo dei redditi e mutamento del lavoro

Nello specifico, lo studio ha evidenziato, assieme alla crescita dei professionisti con un reddito inferiore a 9 mila euro, la riduzione, dal 21% al 16,6%, degli architetti con un reddito annuo superiore a 30 mila euro e una diminuzione della crescita degli iscritti agli Ordini provinciali.
 
L’Osservatorio fa notare che, come conseguenza di questo scenario, stanno decisamente mutando i modelli organizzativi degli studi professionali che stanno evolvendo verso una dimensione di maggiore interdisciplinarità, sfruttando il coworking, ovvero la condivisione degli ambienti di lavoro e dei costi fissi di gestione degli studi.
 
In più, per combattere la crisi, gli architetti si dirigono sempre più verso una maggiore specializzazione, sia in attività tradizionali come redazione capitolati, perizie estimative, catasto, collaudi e sicurezza nei luoghi di lavoro, sia in quelle più innovative come certificazione di classi energetiche, GIS (Geographic Information System), studi e progettazioni di fattibilità, project financing, facility management. 
 
Inoltre lo studio mette in luce le nuove necessità dei professionisti come ampliare la dimensione degli studi attraverso forme di aggregazione, lo sviluppo del sito web e di un brand riconoscibile per promuovere l’attività.
 
La diffusione di market-place nel settore della progettazione e di altri servizi on-line, basati sul sistema del feedback, seppur ritenuta inevitabile, secondo l’Osservatorio non rappresenta per gli architetti un’occasione da cogliere, in quanto quei servizi sono ritenuti inutili, se non addirittura dannosi, in quanto in grado di aumentare la concorrenza, ridurre i compensi e svilire le prestazioni intellettuali riducendole a mero prodotto commerciale.
 

Crisi degli architetti: le motivazioni

L’Osservatorio collega la crisi degli architetti al crollo del settore delle nuove costruzioni e delle opere pubbliche. Inoltre il segmento della riqualificazione e del risparmio energetico, pur resistendo, non ha permesso agli architetti italiani di risollevarsi; nel 2015 i progettisti hanno avuto a disposizione appena 104 mila euro a testa di mercato potenziale, il secondo valore più basso tra tutti i paesi europei (superiore soltanto a quanto misurato per la Grecia), un terzo del mercato di riferimento pro-capite stimato per gli architetti tedeschi e tra otto e nove volte in meno rispetto a Francia e Regno Unito.
 
Il mercato della progettazione ha continuato a ridursi, portandosi a 16 miliardi nel 2015 (ancora -0,8% a valori reali rispetto al 2014). Tra 2015 e 2006 la dimensione del mercato è crollata del 45% (ovvero di ben 13 miliardi di euro in meno).

Altro problema messo in evidenza dall’Osservatorio il ritardo nei pagamenti. Nel 2015 la percentuale di architetti che indica di vantare crediti residui nei confronti della clientela privata è il 67%, il 6% in più rispetto alla situazione del 2014 (con una dimensione media del 26% del fatturato annuo).
 
Sono invece quasi un terzo gli architetti che attendono pagamenti da parte del settore pubblico (dimensione media pari all’11% del fatturato annuo); sono però in leggero calo, nel 2015, i giorni necessari per ottenere un pagamento da parte della Pubblica Amministrazione che passano da 200 a 141. 115 sono, invece, i giorni medi di attesa per i pagamenti delle imprese e 84 giorni per i pagamenti delle famiglie.

Dall’Osservatorio si deduce che il perdurare della crisi per gli  architetti, i  pianificatori, i  paesaggisti e i conservatori è testimoniato, in modo emblematico, dall’assenza del “progetto” che dovrebbe, invece, rappresentare il settore principale della loro professione, ma che continua invece ad essere mal pagato e troppo gravato di burocrazia. Senza una inversione di tendenza, che appare sempre più improcrastinabile,  l’Italia perderà quel  fondamentale know how di creatività e tecnica proprie di una professione  che è indispensabile  per uno sviluppo ordinato e sostenibile e per creare bellezza.
 

Architetti: la situazione di neoiscritti e donne

I dati dello studio confermano anche la difficoltà dell’inserimento professionale per i neo laureati. Nel 2014, ad un anno dal conseguimento del titolo di laurea di secondo livello in architettura (magistrale o magistrale a ciclo unico), il tasso di disoccupazione si è portato al 31% (era il 17% nel 2010). Dopo 5 anni il 60% degli architetti ha aperto la Partita Iva, ma sei su dieci collaborano in forma esclusiva con un unico studio.
 
Negli ultimi sette anni la quota di donne tra i neo-iscritti alla cassa previdenziale è stata regolarmente superiore al 50%; le donne architetto infatti rappresentano circa il 54% degli iscritti ai corsi di laurea di secondo livello in architettura, e sono la maggioranza tra i nuovi immatricolati. Degli oltre 154 mila architetti italiani oggi le donne sono quasi il 42% (circa 64 mila), il 10% in più rispetto alla situazione del 1998.
 
Nell’ultimo decennio il cosiddetto gender-wage gap (differenza percentuale tra reddito maschile e femminile) si è ridotto considerevolmente, ma rimane ancora elevato. Nel 2015 il reddito medio annuo degli uomini è stato superiore del 57% , la stessa differenza era l’85% all’inizio degli anni duemila. 

 
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