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Cinque idee per utilizzare i 1.413 ettari di svincoli autostradali

Cinque idee per utilizzare i 1.413 ettari di svincoli autostradali

Università di Perugia e Cassa Geometri: biomasse, legname e fotovoltaico per riqualificare le aree infrastrutturali marginali

Vedi Aggiornamento del 07/07/2016
Cinque idee per utilizzare i 1.413 ettari di svincoli autostradali
di Alessandra Marra
Vedi Aggiornamento del 07/07/2016
18/04/2016 - Recuperare e riqualificare le aree residuali derivanti dalle infrastrutture stradali come strategia per ridurre il consumo di suolo.
 
Questo, in estrema sintesi, l’obiettivo a cui tende il progetto di ricerca ‘Modello di sviluppo delle aree infrastrutturali del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università di Perugia e dalla Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza Geometri (CIPAG), presentato il 14 aprile scorso a Roma nel corso del convegno “Cinque progetti per la valorizzazione economica e ambientale delle aree infrastrutturali”.
 
L’incontro è stata l'occasione per evidenziare l’importanza di un nuovo modello di sviluppo delle aree infrastrutturali, in particolare delle aree incolte e abbandonate che costeggiano le grandi e piccole arterie della viabilità (svincoli autostradali) che frammentano gli spazi rendendoli difficilmente recuperabili.
 

Svincoli autostradali: cinque ipotesi di nuova vita

L’analisi mette in evidenza come tra le cause del consumo del suolo, una piaga che ha fatto passare la superficie impermeabilizzata dal 2,7% degli anni Cinquanta al 7% del 2014, ci siano le infrastrutture di trasporto.
 
Il progetto di ricerca ha monitorato, con l’obiettivo di trovare una soluzione economica, ambientale e sociale, gli svincoli dell’intera rete autostradale italiana, con particolare attenzione per l’autostrada A1 e la superstrada E45.
 
Dai risultati dell’analisi, ottenuti tramite l’utilizzo di software GIS (Geographic Information System), emerge che la superficie “libera” relativa agli svincoli dell’A1 è di 108 ettari, mentre quella della E45 è di circa 88 ettari. La stessa metodologia è stata applicata per stimare la superficie dell’intera rete autostradale italiana, pari a 1.413 ettari di superficie libera.
 
Il progetto di ricerca ha individuato cinque ipotesi di gestione alternative per l’utilizzazione di queste aree:
1. piantagioni per la produzione di biomassa legnosa;
 2. piantagioni per la produzione di legname da opera;
3. isole di conservazione della biodiversità vegetale;
4. isole di bellezza paesaggistica;
5. centri per la produzione di energia fotovoltaica.
 
Dallo studio è emerso che “le ipotesi individuate sono soluzioni positive se confrontate con gli attuali costi di gestione. Inoltre sarebbero in grado di creare opportunità di lavoro migliori rispetto all’attuale gestione”.
 

Consumo di suolo: riconvertire le aree infrastrutturali residuali

Nel corso del convegno si è evidenziata la stretta correlazione tra riqualificazione degli spazi marginali infrastrutturali e la legge sul contenimento del consumo di suolo.
 
Per il presidente dell'Anci, Piero Fassino, intervenuto al convegno, “il progetto va esteso ai Comuni, prevedendo convenzioni con gli enti locali all'interno della legge sul consumo del suolo". Fassino ha infatti dichiarato: “Sempre più spesso le aree residuali e marginali che affiancano strade, autostrade e svincoli risultano abbandonate e degradate, trasformandosi in molti casi in vere e proprie discariche a cielo aperto. I progetti presentati oggi dalla Cassa dei geometri sono una prima risposta ma l’auspicio è che il disegno di legge sul consumo del suolo, che mi auguro il Parlamento approvi al più presto, contenga norme adeguate anche per le strade di competenza regionale e comunale, per permettere anche agli Enti locali di contribuire a rendere queste aree dignitose, sicure e utilizzabili”.
 
 “E’ indubbio che le aree di cui si parla oggi debbano essere recuperate, magari utilizzandole per impianti di energia rinnovabile, come fotovoltaico o solare. Ma una delle azioni principali da mettere in atto riguarda il loro decoro e la loro pulizia. Per far questo serve perciò che nel Ddl sul riordino del suolo vengano inserite norme che dicano con chiarezza a chi spetta l’onere di pulire tali zone e come procedere per tenerle in sicurezza. Senza questi accorgimenti il rischio è che dopo sei mesi l’area in questione torni nel degrado e nel disuso vanificando lavoro e impegno” ha concluso il presidente Anci.
 

Consumo di suolo: la legge alla Camera tra fine aprile e inizio maggio

La proposta è stata accolta da Luciano Agostini, deputato Pd segretario della Commissione Agricoltura, che sta lavorando alla legge sul consumo del suolo: “C'è il mio impegno ad accogliere la proposta dell'Anci di comprendere anche le aree di competenza degli enti locali e non solo dello Stato nell'attuale legge sul consumo del suolo”.
 
Agostini ha anche anticipato la tempistica: “Andremo a modificare i commi 3 e 5 del primo articolo in aula alla Camera dove la legge dovrebbe arrivare tra fine aprile e inizio maggio"
 

Consumo di suolo: valorizzare le aree infrastrutturali residuali 

E' arrivato anche il messaggio di Ermete Realacci, deputato Pd primo firmatario della legge sul consumo del suolo. “La legge sul consumo di suolo persegue l’obiettivo di ridurre drasticamente il consumo di territorio anche incentivando il riuso e la rigenerazione urbana. Questo risultato si può raggiungere anche attraverso soluzioni per valorizzare e ripristinare aree che finora erano state solo oggetto di sfruttamento”.
 
Fausto Amadasi, Presidente della CIPAG ha dichiarato: “Il tema al centro di questa iniziativa è quello ormai diventato non più procrastinabile del ‘consumo del suolo’ che riguarda anche le infrastrutture, soprattutto per le aree accessorie per la distanza di sicurezza e per lo sviluppo degli svincoli e dei tracciati”.
 
“Con il contributo determinante del Professor Frascarelli (Professore di Economia e Politica Agraria dell'Università di Perugia che ha condotto la ricerca) e del team che ha messo in campo il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Perugia abbiamo voluto pertanto dare un contributo di analisi del problema per ricercare soluzioni che potessero coniugare gli obiettivi di rispetto dell’ambiente e quelli estetici e funzionali di queste porzioni di territorio, spesso abbandonato o sottoutilizzato, con quelli di sostenibilità economica e del corretto utilizzo senza inutili sprechi” conclude Amadasi.
 
Il professor Angelo Frascarelli ha spiegato: “Abbiamo lavorato a stretto contatto con la Cipag e sempre con l’obiettivo di rendere immediatamente applicabile la nostra ricerca. Infatti sulle aree oggetto di questo studio che coniuga produttività e sostenibilità ambientale, abbiamo ipotizzato progetti concreti che possono aiutare le imprese, la pubblica amministrazione, i lavoratori, l’ambiente e i cittadini. Ora dobbiamo solo metterli in pratica”.
 
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