18/04/2016 - Gli studi professionali associati devono pagare l’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) anche se per la loro attività non si avvalgono di dipendenti o non utilizzano capitali. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, che con la sentenza 7371/2016 ha dato un’interpretazione del D.lgs 446/1997 con cui è stata istituita l’Irap.
La Cassazione ha stabilito che, analizzando la normativa in vigore, l’Irap deve essere pagata se si esercita un’attività professionale autonomamente organizzata e che, in ogni caso, l’imposta va versata per tutte le attività esercitate da società ed enti.
Questo secondo i giudici significa che per pagare l’Irap è sufficiente l’esercizio di attività, autonomamente organizzate, dirette alla produzione, allo scambio o alla prestazione di servizi.
Ne consegue, sostiene la Cassazione, che l’imposta si applica che alle società semplici e alle associazioni, senza personalità giuridica, costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni.
Non è quindi necessario, hanno concluso i giudici, accertare l’autonoma organizzazione dell’attività svolta, perché questa deriva automaticamente dall’esercizio in forma associata di una professione.
Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Commissione Tributaria della Provincia di Bologna, che aveva esonerato dal pagamento dell’Irap una società semplice. Secondo i giudici tributari, per decidere se applicare o meno il tributo era necessario effettuare un’analisi economica e qualitativa dell’attività svolta, al termine della quale escludere le attività esercitate senza dipendenti e organizzazione di capitale.
Questa posizione è stata però contraddetta dalla Cassazione. Dalla sua interpretazione delle norme si può desumere che le valutazioni sulla presenza di dipendenti e autonoma organizzazione non avranno più peso e che gli studi associati dovranno pagare l’Irap.
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