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Piccoli Comuni in crisi, Anci: ‘facciamone degli smart village’

Piccoli Comuni in crisi, Anci: ‘facciamone degli smart village’

Legambiente: ‘occorre puntare sulla rigenerazione urbana dei centri storici’

Vedi Aggiornamento del 08/04/2020
di Rossella Calabrese
06/06/2016 - Spopolamento, aumento della popolazione anziana, migliaia di case vuote ed economia ferma. Sono i problemi di 2.430 piccoli Comuni italiani, che soffrono un forte disagio.
 
È quanto emerge dallo studio “Piccolo (e fuori dal) comune. I piccoli comuni” realizzato da Sandro Polci (responsabile dello studio, partner Cresme Consulting) con Roberto Gambassi, e presentato a Roma in occasione del convegno “La modernità dei piccoli comuni”, organizzato da Legambiente e dall’Anci per fare il punto sulle realtà minori, lanciare proposte per il loro popolamento e una efficace rivitalizzazione, illustrare le buone pratiche messe in atto da molti di questi centri.
 
In Italia i comuni al di sotto di 5.000 abitanti sono 5.627, pari al 69,9% degli 8.047 totali. Di questi, 2.430 soffrono un forte disagio demografico ed economico: negli ultimi 25 anni hanno perso il -6,3% della popolazione attiva e hanno visto aumentare dell’83% quella anziana.
 
Le case vuote sono 1.991.557 contro le 4.345.843 occupate: una ogni tre è vuota. Ai dati negativi relativi al disagio demografico, si aggiungono quelli legati alla capacità ricettiva: negli ultimi 25 anni l’ospitalità turistica è cresciuta di appena il 21%, passando da 1,12 milioni di posti letto a 1,36. In particolare i piccoli comuni si dimostrano circa 4 volte turisticamente meno produttivi.
 
Ma i dati, oltre a segnalare un problema, rivelano diverse opportunità: “i piccoli comuni - spiega Legambiente - rimangono luoghi di grandi opportunità e innovazioni che hanno bisogno però di interventi mirati e strategie a lungo termine. Soprattutto bisogna puntare sulle opportunità residenziali, turistiche e agricole, che se valorizzate, potrebbero dare nuovo futuro a questi territori”. 
 
In Italia - prosegue la nota - abbiamo borghi di straordinaria bellezza, vi è un sistema di parchi e aree protette, di gran lunga il più importante d’Europa, che attira oltre 100 milioni di visitatori all’anno: dai cammini religiosi, storici e naturalistici  alle centinaia di produzioni agricole a marchio di qualità; dai 10,9 milioni di ettari di patrimonio forestale, in costante crescita, alle centinaia di comuni modello per la raccolta differenziata che si candidano a palestre di economia circolare, fino a quelli che scommettono sulle energie rinnovabili e puntano a diventare fossil free.
 
Dallo studio emerge che la microterritorialità, sebbene ancorata a territori dalle forti potenzialità storiche, turistiche, produttive, architettoniche e paesaggistiche, rappresenta un forte limite rispetto alle esigenze di capitalizzazione e di competitività.
 
Servono nuovi abitanti, in buona percentuale giovani e laboriosi, capaci di (o da formare per) creare nuove imprese agro-silvo-pastorali, nuovi turismi per ‘(ri)creare identità antiche e nuove’ e valorizzare culture materiali e immateriali, in agricoltura, nell’artigianato e nell’industria creativa legati alla naturalità dei luoghi”, hanno dichiarato  Polci e Gambassi.
 
È da qui che, secondo lo Studio, occorre ripartire per rilanciare i piccoli comuni: recuperando le case vuote, gli edifici storici e le aree agricole.
 
La ricerca mette in evidenza l’opportunità residenziale legata al riuso delle case vuote: “con un investimento di circa 40 mila euro per ognuna delle 125 mila abitazioni ipotizzate, avremmo un business di 5 miliardi di euro, pari a circa 100 mila occupati per un anno”.
 
C’è poi l’opportunità turistica: se solo un quarto dei posti letto fosse utilizzato secondo le medie urbane, il turismo creerebbe benessere diffuso: 123 milioni di presenze ogni anno, un fatturato di quasi 10 milioni di euro con oltre 300 mila nuovi posti di lavoro.
 
L’opportunità agricola legata ai terreni, invece, potrebbe portare alla nascita di oltre 125mila nuove aziende agricole solo recuperando in modo innovativo un quarto delle superfici agricole abbandonate negli ultimi 20 anni.
 
Il bello, la tecnologia, l’innovazione. Questi tre elementi vanno coniugati nei territori e nei borghi del Paese - ha dichiarato Massimo Castelli, coordinatore nazionale dei piccoli Comuni dell’ANCI. Il patrimonio rappresentato dai piccoli Comuni, che coprono il 52% del territorio nazionale, non può essere disperso. E perciò servono risorse e nuove politiche. Smart village insieme alle smart city, e un fondo stabile per i piccoli Comuni”.
 
“Oggi - ha dichiara Rossella Muroni, presidente di Legambiente - esistono tutte le condizioni per innescare processi virtuosi che consentono di fermare l’abbandono dei piccoli comuni e delle aree interne, ma per far ciò è indispensabile puntare sulla semplificazione amministrativa, mantenere i presidi di attività nei diversi centri come scuole, servizi postali e presidi sanitari; garantire risorse per la valorizzazione come prevede il ddl sui piccoli comuni in discussione alla Camera. Ed ancora puntare sulle opportunità legate al recupero dei boschi e delle aree agricole abbandonate, alla rigenerazione urbana dei centri storici, favorendo l’autoproduzione da fonti rinnovabili”.
 
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