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Demolizione e ricostruzione, a quale distanza?

Demolizione e ricostruzione, a quale distanza?

Consiglio di Stato: dipende dalla sagoma del nuovo edificio e dall'area su cui viene ricostruito

Vedi Aggiornamento del 27/03/2019
Demolizione e ricostruzione, a quale distanza?
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 27/03/2019
24/10/2017 - Gli interventi di demolizione e ricostruzione devono rispettare le distanze minime tra edifici previste dal DM 1444/1968? La risposta, sostiene il Consiglio di Stato con la sentenza 4728/2017, è “non sempre”. Dipende dal modo in cui avviene la ricostruzione.
 

Interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione

Un intervento di demolizione e ricostruzione può essere qualificato come ristrutturazione se si rispetta la stessa volumetria dell’edificio preesistente. Sono tollerate solo eventuali innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.
 
Il nuovo edificio può quindi essere realizzato al di fuori della vecchia area di sedime e con una sagoma diversa. Solo nelle aree vincolate è richiesto il rispetto della sagoma.
 

Ristrutturazioni, nuove costruzioni e distanze tra edifici

Se, quindi, a parità di volumetria un intervento di demolizione e ricostruzione è sempre considerato come una ristrutturazione, le modalità in cui viene realizzata la ricostruzione incidono sul rispetto delle distanze minime.
 
Come già affermato dal Consiglio di Stato nei giorni scorsi, solo i nuovi edifici devono rispettare la distanza di 10 metri tra pareti finestrate prevista dal DM 1444/1968. Se due edifici si trovano invece ad una distanza minore di 10 metri, ed uno di questi viene demolito, può essere ricostruito alla stessa distanza in cui si trovava prima. Se così non fosse, e l’edificio ricostruito dovesse arretrare, si verificherebbe una perdita di volume e un “effetto espropriativo”. 
 
In presenza di un intervento di demolizione e ricostruzione, hanno spiegato i giudici, se la ricostruzione avviene con coincidenza di area di sedime e di sagoma sarà sufficiente il rispetto della distanza preesistente e non si dovrà fare riferimento ai limiti del DM 1444/1968 o ad eventuali nuove distanze introdotte successivamente dagli strumenti urbanistici.
 
Se, al contrario, la ricostruzione avviene con sagoma diversa e su una differente area di sedime, nell’intervento bisognerà rispettare le distanze prescritte. Cambiando la collocazione fisica, spiegano i giudici, “l’edificio rappresenta un novum”. In altre parole, è come se fosse una nuova costruzione.
 
Nel caso preso in esame, il proprietario di un immobile lo aveva demolito e ricostruito spostandolo rispetto all’inizio. Dove prima c’era la tettoia, ora si trovava la parete finestrata, ad una distanza minore di dieci metri da quella del confinante. Pur trattandosi di uno spostamento minimo, il CdS ha imposto che fossero presi provvedimenti per ristabilire le distanze legali.
 
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