Bandi gratis, Inarcassa: ‘come potranno i professionisti versare i contributi?’
PROFESSIONE
Bandi gratis, Inarcassa: ‘come potranno i professionisti versare i contributi?’
La Cassa di previdenza degli ingegneri e architetti e la sua Fondazione scrivono all’ANAC e lanciano l’appello #sevalgo1euro
13/10/2017 - “La recente sentenza del Consiglio di Stato, che legittima la gara indetta dal Comune di Catanzaro per la redazione del Piano strutturale della Città nella quale era stato stabilito un compenso simbolico di un euro, apre una frattura profonda nel mondo delle libere professioni.
Gli architetti e ingegneri liberi professionisti iscritti a Inarcassa, circa 170 mila unità in tutta Italia, ogni giorno, nonostante le difficoltà oggettive di una macchina burocratica pesante e farraginosa, sono al servizio dei cittadini con le proprie competenze e capacità professionali per mettere al riparo il nostro Paese dalle conseguenze di una incuria del territorio di cui, purtroppo, ne vediamo sempre più spesso i segni evidenti”.
Inizia così la lettera aperta inviata al Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, dai Presidenti della Fondazione Inarcassa, Egidio Comodo, e di Inarcassa, Giuseppe Santoro.
“Il massimo organo di giustizia amministrativa ci mette di fronte ad una sentenza che pone al centro due questioni, una politica, l’altra di diritto, che si intrecciano profondamente nel tessuto sociale e occupazionale di un Paese sempre più fragile.
La sentenza 4614 del 3 ottobre della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riformando la pronuncia di primo grado (TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, n. 2435/2016), ha affermato un principio, per nulla condivisibile, in virtù del quale la normativa europea e nazionale che disciplina gli appalti pubblici non osterebbe alla possibilità che una stazione appaltante metta a gara un servizio professionale, senza prevedere alcuna remunerazione in favore del prestatore del servizio.
Si tratta di un inaspettato arretramento delle soglie di tutela che l’ordinamento giuridico, sia pure a fatica, aveva però costruito negli ultimi anni a tutela della dignità e del decoro del libero professionista.
Già il nuovo Codice degli Appalti, all’art. 24, vieta alle stazioni appaltanti sia di subordinare la corresponsione dei compensi per l’attività di progettazione al finanziamento dell’opera, sia di prevedere quale corrispettivo forme di sponsorizzazione o di rimborso.
Inoltre, con l’intervento Correttivo dello scorso aprile, proprio su sollecitazione di ANAC, si è reso obbligatorio il riferimento al c.d. Decreto Parametri (DM 17/06/2016) quale criterio per la determinazione dell’importo da porre a base dell’affidamento. Da questo punto di vista, la gratuità della prestazione è la più grave delle violazioni della norma codicistica che vincola al decreto parametri.
Oltretutto, la sentenza del Consiglio di Stato reca un pregiudizio dei più elementari principi di tutela della dignità umana e professionale, dei quali l’art. 36 della Costituzione (“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”), pacificamente applicabile anche alle libere professioni, è espressione.
Il maggior danno arrecato dalla sentenza si avvertirà sul piano giurisprudenziale, con ripercussioni gravissime per l’intero Paese. Basti solo pensare all’aspetto previdenziale. Se si consente, infatti, alle pubbliche amministrazioni di bandire gare con compensi pari a un euro, come potranno i liberi professionisti versare i contributi alle casse di previdenza? Come potranno, inoltre, investire parte del proprio fatturato in aggiornamento e formazione?
Non solo. La sentenza del Consiglio di stato offre, inoltre, lo spunto per avviare una riflessione anche sulla qualità delle prestazioni. Non corrispondere, infatti, adeguati compensi ai professionisti avrà inevitabili ripercussioni sulla sicurezza dei cittadini e delle opere, nonché sulla tutela del paesaggio.
Ciò che preoccupa, insomma, è la tenuta sociale del Paese. La sentenza, a nostro avviso, rischia di spalancare le porte al male cronico italiano, la corruzione, contro cui tanto sta facendo l’ANAC, e mettere definitivamente in soffitta il dibattito che negli ultimi mesi si è riacceso attorno al tema dell’equo compenso.
Non sono mancate, a tal proposito, le osservazioni da parte di Inarcassa e la sua Fondazione, che abbiamo l’onore di rappresentare, da sempre attente agli sviluppi della disciplina in materia di equa retribuzione per i liberi professionisti. Ma occorre fare di più, da parte di tutte le istituzioni. Innanzitutto, il Parlamento e il Governo devono sin da subito tracciare un percorso legislativo che inquadri perfettamente il tema della giusta retribuzione individuando le possibili e concrete soluzioni.
Ci consenta, infine, di rivolgere ad ANAC l’invito a restare vigile e offrire il proprio contributo per restituire dignità del lavoro, adeguatamente retribuito, ai liberi professionisti architetti e ingegneri, che non può di certo essere a titolo gratuito. Tutto ciò al fine di evitare quella commistione tra pubblico e privato che anziché essere rivolta al pagamento delle prestazioni è solo in grado di generare malaffare e corruzione e paralizzare l’Italia di fronte alle innovazioni. Disponibili fin da subito ad offrire il contributo di Inarcassa e la sua Fondazione sui temi sopra esposti, Le rivolgiamo cordiali saluti”.
Gli architetti e gli ingegneri sono invitati a perorare, nei modi e nelle sedi opportune, il rispetto da parte delle istituzioni dei principi sanciti dall’art. 36 della Costituzione: il diritto - negato dalla sentenza - ad una retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato.
“È una campagna a salvaguardia della dignità professionale - dichiara il presidente di Inarcassa, Giuseppe Santoro - perché sono migliaia in Italia i liberi professionisti che operano con la P.A. Se si consente alle pubbliche amministrazioni di bandire gare con compensi pari a un euro, come potranno versare i contributi previdenziali o investire parte del proprio fatturato in aggiornamento e formazione? Non solo - prosegue Santoro - questa sentenza avvia nuove forme di corruttela, contro cui l’ANAC è impegnata da tempo. Governo e Parlamento devono stabilire con urgenza un percorso legislativo che individui soluzioni ed inquadri il tema della giusta retribuzione all’interno della certezza normativa”.
Gli architetti e ingegneri liberi professionisti iscritti a Inarcassa, circa 170 mila unità in tutta Italia, ogni giorno, nonostante le difficoltà oggettive di una macchina burocratica pesante e farraginosa, sono al servizio dei cittadini con le proprie competenze e capacità professionali per mettere al riparo il nostro Paese dalle conseguenze di una incuria del territorio di cui, purtroppo, ne vediamo sempre più spesso i segni evidenti”.
Inizia così la lettera aperta inviata al Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, dai Presidenti della Fondazione Inarcassa, Egidio Comodo, e di Inarcassa, Giuseppe Santoro.
“Il massimo organo di giustizia amministrativa ci mette di fronte ad una sentenza che pone al centro due questioni, una politica, l’altra di diritto, che si intrecciano profondamente nel tessuto sociale e occupazionale di un Paese sempre più fragile.
La sentenza 4614 del 3 ottobre della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riformando la pronuncia di primo grado (TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, n. 2435/2016), ha affermato un principio, per nulla condivisibile, in virtù del quale la normativa europea e nazionale che disciplina gli appalti pubblici non osterebbe alla possibilità che una stazione appaltante metta a gara un servizio professionale, senza prevedere alcuna remunerazione in favore del prestatore del servizio.
Si tratta di un inaspettato arretramento delle soglie di tutela che l’ordinamento giuridico, sia pure a fatica, aveva però costruito negli ultimi anni a tutela della dignità e del decoro del libero professionista.
Già il nuovo Codice degli Appalti, all’art. 24, vieta alle stazioni appaltanti sia di subordinare la corresponsione dei compensi per l’attività di progettazione al finanziamento dell’opera, sia di prevedere quale corrispettivo forme di sponsorizzazione o di rimborso.
Inoltre, con l’intervento Correttivo dello scorso aprile, proprio su sollecitazione di ANAC, si è reso obbligatorio il riferimento al c.d. Decreto Parametri (DM 17/06/2016) quale criterio per la determinazione dell’importo da porre a base dell’affidamento. Da questo punto di vista, la gratuità della prestazione è la più grave delle violazioni della norma codicistica che vincola al decreto parametri.
Oltretutto, la sentenza del Consiglio di Stato reca un pregiudizio dei più elementari principi di tutela della dignità umana e professionale, dei quali l’art. 36 della Costituzione (“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”), pacificamente applicabile anche alle libere professioni, è espressione.
Il maggior danno arrecato dalla sentenza si avvertirà sul piano giurisprudenziale, con ripercussioni gravissime per l’intero Paese. Basti solo pensare all’aspetto previdenziale. Se si consente, infatti, alle pubbliche amministrazioni di bandire gare con compensi pari a un euro, come potranno i liberi professionisti versare i contributi alle casse di previdenza? Come potranno, inoltre, investire parte del proprio fatturato in aggiornamento e formazione?
Non solo. La sentenza del Consiglio di stato offre, inoltre, lo spunto per avviare una riflessione anche sulla qualità delle prestazioni. Non corrispondere, infatti, adeguati compensi ai professionisti avrà inevitabili ripercussioni sulla sicurezza dei cittadini e delle opere, nonché sulla tutela del paesaggio.
Ciò che preoccupa, insomma, è la tenuta sociale del Paese. La sentenza, a nostro avviso, rischia di spalancare le porte al male cronico italiano, la corruzione, contro cui tanto sta facendo l’ANAC, e mettere definitivamente in soffitta il dibattito che negli ultimi mesi si è riacceso attorno al tema dell’equo compenso.
Non sono mancate, a tal proposito, le osservazioni da parte di Inarcassa e la sua Fondazione, che abbiamo l’onore di rappresentare, da sempre attente agli sviluppi della disciplina in materia di equa retribuzione per i liberi professionisti. Ma occorre fare di più, da parte di tutte le istituzioni. Innanzitutto, il Parlamento e il Governo devono sin da subito tracciare un percorso legislativo che inquadri perfettamente il tema della giusta retribuzione individuando le possibili e concrete soluzioni.
Ci consenta, infine, di rivolgere ad ANAC l’invito a restare vigile e offrire il proprio contributo per restituire dignità del lavoro, adeguatamente retribuito, ai liberi professionisti architetti e ingegneri, che non può di certo essere a titolo gratuito. Tutto ciò al fine di evitare quella commistione tra pubblico e privato che anziché essere rivolta al pagamento delle prestazioni è solo in grado di generare malaffare e corruzione e paralizzare l’Italia di fronte alle innovazioni. Disponibili fin da subito ad offrire il contributo di Inarcassa e la sua Fondazione sui temi sopra esposti, Le rivolgiamo cordiali saluti”.
La campagna social #SEVALGO1EURO
Inarcassa, Fondazione Inarcassa e Rete Professioni Tecniche, hanno lanciato #SEVALGO1EURO, un appello a Governo, Parlamento e istituzioni affinché venga sanata la sentenza del Consiglio di Stato che ritiene ammissibile il compenso di 1 euro per i liberi professionisti che scelgono di lavorare per la Pubblica Amministrazione.Gli architetti e gli ingegneri sono invitati a perorare, nei modi e nelle sedi opportune, il rispetto da parte delle istituzioni dei principi sanciti dall’art. 36 della Costituzione: il diritto - negato dalla sentenza - ad una retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato.
“È una campagna a salvaguardia della dignità professionale - dichiara il presidente di Inarcassa, Giuseppe Santoro - perché sono migliaia in Italia i liberi professionisti che operano con la P.A. Se si consente alle pubbliche amministrazioni di bandire gare con compensi pari a un euro, come potranno versare i contributi previdenziali o investire parte del proprio fatturato in aggiornamento e formazione? Non solo - prosegue Santoro - questa sentenza avvia nuove forme di corruttela, contro cui l’ANAC è impegnata da tempo. Governo e Parlamento devono stabilire con urgenza un percorso legislativo che individui soluzioni ed inquadri il tema della giusta retribuzione all’interno della certezza normativa”.