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Variante essenziale o leggera, ecco quando l’opera è da demolire

Variante essenziale o leggera, ecco quando l’opera è da demolire

Tar Campania: se il titolo abilitativo si è già formato, il Comune può intervenire solo per motivi di interesse pubblico

Vedi Aggiornamento del 28/10/2019
Variante essenziale o leggera, ecco quando l’opera è da demolire
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 28/10/2019
08/11/2017 - Durante i lavori alcune opere possono essere eseguite in difformità dal permesso di costruire e regolarizzate presentando al Comune una Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori. Ma solo a condizione che si tratti di varianti minori o leggere.
 
La spiegazione è arrivata dal Tar Campania con la sentenza 4605/2017. Ma qual è la linea di demarcazione tra variante essenziale e variante leggera?
 

Varianti essenziali

Il Tar ha spiegato che le varianti essenziali sono modifiche incompatibili con il disegno globale ispiratore del progetto edificatorio originario, sia sotto l'aspetto qualitativo sia sotto l'aspetto quantitativo.
 
L’articolo 32 del Dpr 380/2001, si legge nella sentenza, fa rientrare nella variante essenziale il mutamento della destinazione d'uso implicante alterazione degli standards, l'aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio, le modifiche sostanziali di parametri urbanistico - edilizi, il mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito e la violazione delle norme vigenti in materia antisismica.
 
Non rientrano invece nelle varianti essenziali le modifiche incidenti sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
 

Varianti minori o leggere

I giudici hanno spiegato che, in base all’articolo 22 del Dpr 380/2001, le varianti minori o leggere non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio (qualora sottoposto a vincolo ai sensi del D.lgs. 42/2004), non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire.
 
In questi casi, la Scia in variante costituisce “parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale” e può essere presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori. In altre parole, a condizione che si tratti di varianti minori, gli interventi vengono eseguiti in difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzati prima che il cantiere finisca.
 

Varianti in corso d'opera, il caso

Nel caso esaminato dal Tar, i proprietari di un edificio edificato nel Settecento avevano intrapreso dei lavori di restauro e risanamento conservativo. Per realizzare dei lavori complementari avevano presentato una Scia a marzo 2016, preceduta dall’autorizzazione della competente Soprintendenza, e un’altra in variante a luglio 2016.
 
Il Comune aveva dichiarato la Scia irricevibile, agendo però oltre il termine di trenta giorni a sua disposizione concesso dalla legge per bloccare il cantiere.
 
Dato che il titolo abilitativo si era già formato, hanno spiegato i giudici, il Comune non avrebbe potuto bloccare la Scia, ma solo annullarla per ragioni di interesse pubblico.
 
Non essendoci una asimmetria sostanziale tra quanto assentito e quanto realizzato e mancando l’interesse pubblico, non è stato necessario demolire le opere costruite.
 
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