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Professionisti, l’equo compenso dovrà essere conforme al DM Parametri

Professionisti, l’equo compenso dovrà essere conforme al DM Parametri

L'emendamento al ddl Bilancio 2018 vieta anche le clausole vessatorie mascherate da accordi

Vedi Aggiornamento del 11/12/2020
Professionisti, l’equo compenso dovrà essere conforme al DM Parametri
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 11/12/2020
20/12/2017 - Le norme sull’equo compenso sono da poco entrate in vigore, ma già si pensa a renderle più stringenti perché non si lasci spazio a diverse interpretazioni nella determinazione dei corrispettivi e nella definizione delle clausole vessatorie.
 

Equo compenso, conformità al decreto Parametri

Con un emendamento al disegno di legge di Bilancio 2018 viene stabilito che il compenso deve essere conforme al Decreto Parametri (DM 17 giugno 2016). Viene sostituita la formulazione introdotta dal decreto “fiscale” (Legge 172/2017) in base al quale il compenso, per essere equo, avrebbe dovuto essere determinato “tenuto conto dei parametri”.

Si tratta di una formulazione più stringente, pensata per non lasciare spazio a equivoci e a diverse interpretazioni.

A presentare l’emendamento è stata la deputata FI Nunzia de Girolamo che ha affermato “La riforma dell’equo compenso appare inequivocabilmente svuotata nel momento stesso in cui la norma permette la modifica dei parametri a cui si deve far riferimento, nel caso in cui sia ‘stato oggetto di specifica trattativa’. Il problema è proprio questo: se il contraente forte impone diversi parametri, la parte debole, nel caso specifico il professionista, non è in grado di contrastare tale decisione. In tale modo, sembra essere completamente depauperato il valore della norma stessa, che sarebbe dovuta nascere proprio per non consentire che il contraente debole si dovesse necessariamente adeguare alle richieste del contraente forte".
 

Clausole vessatorie, vietati gli accordi

L’emendamento elimina la possibilità che le parti si accordino su clausole potenzialmente vessatorie. Questo perché molto spesso dietro gli accordi si nasconde comunque un abuso da parte di un soggetto contrattualmente più forte.
 
In nessun caso, quindi, clausole, come ad esempio la facoltà di modifica unilaterale del contratto o di pretendere prestazioni aggiuntive, potranno più essere inserite nei contratti. 

Allo stesso modo, non potranno essere stipulati accordi per eludere l’obbligo di forma scritta degli elementi essenziali del contratto e il riconoscimento dei rimborsi per le spese connesse alla prestazione. I professionisti non potranno inoltre accettare termini di pagamento superiori a 60 giorni. Questo, secondo la proponente, Nunzia De Girolamo, contribuirà a introdurre il "principio per il quale la prestazione del professionista non sia più una prestazione di mezzi, come sino ad oggi sempre considerata, bensì di risultati".
 

La PA continua a chiedere prestazioni gratuite

Nonostante le disposizioni a tutela dell’equo compenso, le Amministrazioni continuano a bandire gare chiedendo ai professionisti di lavorare gratis.
 
Ricordiamo che all’approvazione delle norme sull’equo compenso, contenute nel Decreto fiscale, hanno contribuito le proteste e le azioni del mondo delle professioni dopo il caso Catanzaro. Il bando per la redazione di un piano strutturale dietro compenso di un euro è stato considerato legittimo dal Consiglio di Stato.
 
Su questa Scia sono stati pubblicati altri bandi ad un euro, come quello di Solarino, poi ritirato dopo l’entrata in vigore delle norme sull’equo compenso.
 
Stessa sorte in questi giorni è toccata al bando pubblicato dal Comune di Picerno (PZ), che prevedeva prestazioni “da effettuarsi con spirito di liberalità e gratuità”. Dopo la diffida di Inarsind, sindacato degli ingegneri e architetti liberi professionisti, anche questo bando è stato ritirato.
 
Emblematico anche il regolamento del Comune di Lucera, che consente ai professionisti di donare al Comune progetti per lavori fino a 40mila euro. Il professionista riceve un compenso nel caso in cui il progetto ottenga il finanziamento. Il Comune è stato diffidato da Fondazione Inarcassa.
 
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