
Ampliamento volumetrico, è una ristrutturazione o crea una pertinenza?
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NORMATIVA
Ampliamento volumetrico, è una ristrutturazione o crea una pertinenza?
La Cassazione spiega quando è obbligatorio il permesso di costruire in base alle caratteristiche dell’intervento
Vedi Aggiornamento
del 22/02/2022

Vedi Aggiornamento del 22/02/2022
21/03/2018 - L’ampliamento di un fabbricato preesistente non crea una pertinenza, ma deve essere classificato come “ristrutturazione edilizia”. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza 4139/2018.
L’intervento di ampliamento si classifica quindi come ristrutturazione edilizia e richiede il permesso di costruire. Questo perché, in base al testo Unico dell’Edilizia (Dpr 380/2001) si tratta di un lavoro che porta ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che altera la volumetria dell’edificio.
Chi realizza un intervento, ha illustrato la Cassazione, deve essere consapevole della sua rilevanza e deve verificare quale procedura sia necessario seguire.
Il proprietario sosteneva invece che si trattasse di un manufatto pertinenziale e che non fosse quindi richiesto il permesso di costruire. In base al Testo unico dell’edilizia, infatti, possono essere considerate come nuove costruzioni solo le pertinenze con un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale.
I giudici hanno smontato queste argomentazioni facendo leva, a monte, sulla qualificazione dell’intervento edilizio. La Cassazione ha spiegato che l’ampliamento è una ristrutturazione edilizia e che, trattandosi di un edificio vincolato, non ci sono dubbi sull’obbligo di ottenere preventivamente il permesso di costruire.
L’ampliamento non crea una pertinenza
I giudici hanno spiegato che la parte realizzata come ampliamento diventa parte integrante dell’edificio preesistente, lo completa per soddisfare meglio i bisogni cui è destinato. Manca quindi l’autonomia rispetto all’edificio principale, che è uno dei requisiti che un manufatto deve possedere per essere considerato pertinenziale.L’intervento di ampliamento si classifica quindi come ristrutturazione edilizia e richiede il permesso di costruire. Questo perché, in base al testo Unico dell’Edilizia (Dpr 380/2001) si tratta di un lavoro che porta ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che altera la volumetria dell’edificio.
Chi realizza un intervento, ha illustrato la Cassazione, deve essere consapevole della sua rilevanza e deve verificare quale procedura sia necessario seguire.
Ampliamento. ristrutturazione o pertinenza? Il caso
Nel caso preso in esame dalla Cassazione, il proprietario di un immobile vincolato ai sensi del Codice dei beni ambientali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004) aveva realizzato un intervento di ampliamento senza permesso. Il Comune aveva rilevato la presenza di un abuso edilizio e imposto il ripristino della situazione preesistente oltre al pagamento di una sanzione.Il proprietario sosteneva invece che si trattasse di un manufatto pertinenziale e che non fosse quindi richiesto il permesso di costruire. In base al Testo unico dell’edilizia, infatti, possono essere considerate come nuove costruzioni solo le pertinenze con un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale.
I giudici hanno smontato queste argomentazioni facendo leva, a monte, sulla qualificazione dell’intervento edilizio. La Cassazione ha spiegato che l’ampliamento è una ristrutturazione edilizia e che, trattandosi di un edificio vincolato, non ci sono dubbi sull’obbligo di ottenere preventivamente il permesso di costruire.
Norme correlate
Decreto Legislativo 22/01/2004 n.42
Codice dei beni culturali e del paesaggio
Decreto Pres. Repubblica 06/06/2001 n.380
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia (Testo Unico Edilizia - TUE)
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