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A chi non è in regola con le tasse, la PA non paga oltre i 5mila euro

A chi non è in regola con le tasse, la PA non paga oltre i 5mila euro

Ragioneria Generale dello Stato: con lo split payment soglia calcolata al netto dell’Iva

Vedi Aggiornamento del 19/04/2019
A chi non è in regola con le tasse, la PA non paga oltre i 5mila euro
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 19/04/2019
12/03/2018 - Scende da 10mila a 5mila euro la soglia che blocca i pagamenti della Pubblica Amministrazione nei confronti di professionisti e imprese non in regola col Fisco. Con la circolare 13/2018, pubblicata in Gazzetta, la Ragioneria Generale dello Stato ha fornito qualche spiegazione pratica a operatori e Amministrazioni.
 

Pagamenti della PA e irregolarità con il Fisco

Dal 1° marzo 2018, le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare un pagamento di importo superiore a 5mila euro, devono verificare che il professionista o l’impresa siano in regola col Fisco.
 
Se il professionista o l’impresa risultano inadempienti per un ammontare complessivo pari almeno a 5mila euro, l’Amministrazione blocca il pagamento e segnala il caso all’agente della riscossione competente.
 

Pagamenti della PA e Split payment

In risposta ai dubbi manifestati da Amministrazioni e operatori, la circolare spiega che, in regime di scissione dei pagamenti, le Amministrazioni non devono considerare l’Iva nell’individuazione della soglia dei 5mila euro.
 
Ricordiamo che la scissione dei pagamenti, conosciuta anche come split payment, è una misura temporanea antievasione, che terminerà il 30 giugno 2020. Il meccanismo prevede che l’Amministrazione paghi al provato solo l’imponibile e versi l’Iva direttamente all’Erario.
 

Pagamenti della PA, i ritardi dell’Italia

La novità, introdotta con la Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017), che ora sta entrando nel vivo, potrebbe peggiorare ulteriormente le performance dell’Italia in materia di tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione.
 
Ricordiamo che la Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea tre anni dopo dall’apertura di una procedura di infrazione perché sono stati rilevati ritardi nei pagamenti fino a 18 mesi. Questo nonostante la Direttiva 2011/7/UE (recepita in Italia con il D.lgs. 192/2012) imponga che le fatture siano pagate entro 30 giorni, o 60 in casi particolari.
 
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