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Infrastrutture, Federbeton: piano da 140 miliardi senza regia

Infrastrutture, Federbeton: piano da 140 miliardi senza regia

Secondo i produttori di calcestruzzo, per la ripresa sono necessari innovazione, sicurezza, rigenerazione del costruito, sostenibilità ed economia circolare

Vedi Aggiornamento del 05/07/2018
Infrastrutture, Federbeton: piano da 140 miliardi senza regia
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 05/07/2018
12/04/2018 - Ammontano a 140 miliardi di euro le risorse stanziate per le infrastrutture dalla Legge di Bilancio 2018 per i prossimi 15 anni. Nonostante ciò, manca una visione di insieme nel gestire gli investimenti. Il risultato è che le costruzioni sono rimaste tagliate fuori dalla ripresa economica. Una soluzione però c’è e ruota intorno al concetto di sostenibilità, economia circolare e consumo di suolo zero.
 
Sono i dati emersi ieri a Bologna durante l’apertura di Concrete Conference. La manifestazione rientra in un progetto ideato dall’Atecap e promosso da Federbeton, in collaborazione con le altre associazioni della filiera del Concrete, che ha l’obiettivo di favorire una riflessione intorno al ruolo dell’industria del cemento e del calcestruzzo nel mercato delle costruzioni.
 

Costruzioni, un piano da 140 milioni di euro

Durante la manifestazione è stato ricordato lo stanziamento di circa 140 miliardi di euro, previsto dalla Legge di Bilancio 2018 per i prossimi 15 anni. Risorse destinate in particolare alle infrastrutture per la sicurezza del territorio e delle scuole, alla manutenzione delle reti di trasporto e degli investimenti locali.

 
Investimenti considerati importanti, che necessitano però di una programmazione attenta e di forti semplificazioni procedurali che tengano presenti le esigenze di tutti e le ripercussioni per l’ambiente.
 
Fino ad ora le risorse investite non hanno generato gli effetti sperati a causa di politiche disorganiche. 
 

Studio 'I costi del non fare'

Una cosa però è certa: “costruire costa, ma non costruire costa di più”. Il position paper adottato durante Concrete Conference ha ricordato i dati dello studio “I Costi del Non Fare” in cui si evidenzia ad esempio che costruire una tangenziale di una grande area metropolitana di 40 km costa 1,4 miliardi di euro, ma non farla costa alla collettività 3,7 miliardi di euro, oltre il doppio. A questa cifra si arriva considerando i principali benefici che sono gli effetti in termini di tempo risparmiato, l’impatto dell’incidentalità, l’impatto atmosferico. Il costo è dato solo dall’investimento inziale.
 
Stesso discorso per la linea AV Milano-Roma. Si stima che essa nell’arco della vita attesa determinerà un beneficio per la collettività di almeno 2 miliardi di euro, generando impatti significativi sull’intero sistema logistico soprattutto grazie alla diminuzione della incidentalità, alla riduzione dei gas serra, al risparmio di tempi e di costi di viaggio. Inoltre generando maggiori flussi turistici, di studio, di affari e di business, così come un incremento dei valori immobiliari nelle aree ospitanti le stazioni AV, si avranno effetti economico-sociali, stimabili in non meno di 8,7 miliardi di euro.

Molte opere infrastrutturali dei primi anni cinquanta e sessanta, si legge nel position paper, stanno raggiungendo il loro livello di obsolescenza. Senza rilevanti interventi di manutenzione o di sostituzione il Paese rischia tra qualche decennio un vero e proprio shock infrastrutturale. Cavalcavia e ponti sono a rischio sicurezza. In molti casi si è smesso da tempo di garantire un’adeguata manutenzione, così come si è trascurato il necessario monitoraggio. Questo perchè le strutture in cemento armato hanno una loro durata che va calcolata. Per evitare cessioni strutturali e crolli va rapidamente avviata una pianificazione di sostituzione. 
 

Rigenerazione del patrimonio edilizio per uscire dalla crisi

Il position paper evidenzia che gli edifici, residenziali e produttivi, sul territorio nazionale sono circa 14,5 milioni. Quasi l’85% di queste costruzioni è di tipo residenziale. Di questi 13 milioni di edifici, il 15% costituisce il cosiddetto patrimonio residenziale storico, costruito cioè` prima del 1918. Il restante 42%, circa 5,5 milioni, è stato realizzato a seguito dello sviluppo economico e al boom demografico e in assenza di regolamenti edilizi che contemplassero norme antisismiche. Se si incrociano questi dati di tipo quantitativo con quelli della classificazione sismica del nostro territorio, risultano più` di 3 milioni di edifici residenziali costruiti senza criteri antisismici e in zone ad alto rischio terremoti.
 
Diventa quindi necessario promuovere la rigenerazione del costruito, l’edilizia sostenibile, la tutela dell’ambiente, favorendo l’economia circolare e quindi il riutilizzo di ogni materiale attraverso opportune misure fiscali e urbanistiche.
 
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