
Equo compenso, una bussola per i progettisti
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Equo compenso, una bussola per i progettisti
Il CNI fa il punto della situazione su Decreto Parametri, gare di progettazione e contratti con la Pubblica Amministrazione
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del 13/11/2019

06/06/2018 - L’equo compenso per i professionisti è assicurato dall’applicazione del Decreto Parametri (DM 17 giugno 2016). Lo ribadisce il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI), che ha tracciato il punto della situazione sulla normativa da rispettare nell’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura.
A partire da quel momento, le norme sull’equo compenso si applicano quindi a tutti i professionisti. A “subirle” sono invece le Pubbliche Amministrazioni, le imprese assicurative e bancarie e gli operatori economici non riconducibili alla categoria delle microimprese e delle piccole e medie imprese (PMI).
Con la Legge di Bilancio per il 2018 (L. 205/2017) è stato poi rafforzato il concetto dell’equo compenso, stabilendo che deve essere conforme al Decreto Parametri e non solo determinato “tenuto conto” dei parametri.
La legge di Bilancio ha anche considerato “vessatori” tutti i contratti che si discostano da questo principio per la determinazione dei compensi dei professionisti. Sono vessatorie, si legge nel documento del CNI, anche le clausole che determinano uno squilibrio contrattuale, a meno che non siano descritte in modo preciso le trattative che hanno condotto alla loro adozione. Una volta determinato che una clausola è vessatoria, questa viene automaticamente dichiarata nulla.
I parametri, spiega il CNI, non si limitano a consentire la liquidazione del compenso da parte all'organo giurisdizionale. Oltre che nelle liti, devono infatti essere utilizzati per determinare la base di riferimento per un’equa negoziazione del compenso.
C’è equo compenso, come già sottolineato, se i corrispettivi a base di gara sono determinati ai sensi del DM del 17 giugno 2016. Il decreto da una parte attua il Codice Appalti (D.lgs. 50/2016), dall’altra rinnova e ripropone i contenuti del DM 143/2013, approvato dopo l’abolizione delle tariffe minime con la Riforma delle professioni (DL 1/2012).
Tutti questi passaggi normativi sostiene il CNI, hanno avuto come obiettivo una base d’asta per l’affidamento di un incarico tecnico che garantisse una equa negoziazione.
Secondo il CNI, nell’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura da parte delle Pubbliche Amministrazioni è fondamentale parlare di principio dell'equo compenso (ottenuto applicando il DM 17 giugno 2016) e non di disposizioni sull’equo compenso (di cui all'art. 13 bis L. n. 247/2012, che regola i compensi nelle prestazioni interprivate).
L’equo compenso, si legge nel documento del CNI “risponde meglio alle primarie esigenze della Pubblica Amministrazione che, proprio in quanto strumentali alla soddisfazione di un interesse di rango pubblicistico (e dunque prive di finalità di lucro), spesso si contrappongono a quelle imprenditoriali (si pensi al rapporto fra equo compenso e contenimento della spesa pubblica)”.
Il richiamo al principio dell’equo compenso, conclude il CNI, assume un ruolo particolarmente importante, specie nell’ambito della contrattualistica pubblica ove la concorrenza si materializza anche attraverso la pratica del ribasso sul prezzo posto a base d’asta. Nel caso di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, si vuole invece assicurare la determinazione di un corrispettivo proporzionato alla qualità e quantità della prestazione resa e al contempo rispettoso delle esigenze della Pubblica Amministrazione.
Il CNI puntualizza che l’equilibrio contrattuale dovrà quindi essere ricercato di volta in volta sulla base delle peculiarità del caso specifico ed alla luce del confronto competitivo. Sono invece intrinsecamente in contraddizione con il principio dell’equità del corrispettivo i casi di compensi simbolici o di prestazioni gratuite.
Dopo l’approvazione dell’equo compenso, c’è stato tuttavia un nuovo caso. Inarsind (Associazione sindacale di Ingegneri e Architetti) ha segnalato il caso del Comune di Barge (in provincia di Cuneo) che ha pubblicato una manifestazione di interesse per la verifica di vulnerabilità sismica di sette edifici comunali per un importo di 23.000 euro (soggetto al massimo ribasso) richiedendo un’esperienza minima di 10 anni. Secondo l’associazione, 3.700 euro ad edificio rappresenta un importo talmente esiguo da impedire a qualsiasi professionista o altro operatore economico di eseguire la prestazione in maniera dignitosa e professionale.
Equo compenso
Il documento del CNI ricorda che l’equo compenso è stato introdotto dal Decreto Fiscale (L. 172/2017), che ha esteso a tutte le professioni, ordinistiche e non, e alla Pubblica Amministrazione le disposizioni contenute nella Legge 247/2012 sulla professione forense.A partire da quel momento, le norme sull’equo compenso si applicano quindi a tutti i professionisti. A “subirle” sono invece le Pubbliche Amministrazioni, le imprese assicurative e bancarie e gli operatori economici non riconducibili alla categoria delle microimprese e delle piccole e medie imprese (PMI).
Con la Legge di Bilancio per il 2018 (L. 205/2017) è stato poi rafforzato il concetto dell’equo compenso, stabilendo che deve essere conforme al Decreto Parametri e non solo determinato “tenuto conto” dei parametri.
La legge di Bilancio ha anche considerato “vessatori” tutti i contratti che si discostano da questo principio per la determinazione dei compensi dei professionisti. Sono vessatorie, si legge nel documento del CNI, anche le clausole che determinano uno squilibrio contrattuale, a meno che non siano descritte in modo preciso le trattative che hanno condotto alla loro adozione. Una volta determinato che una clausola è vessatoria, questa viene automaticamente dichiarata nulla.
Equo compenso e accertamenti giudiziari
In caso di contenzioso, spiega il CNI, per dichiarare la “non equità” del compenso, per il Tribunale sarà sufficiente verificare la difformità del corrispettivo rispetto ai parametri del DM 17 giugno 2016.I parametri, spiega il CNI, non si limitano a consentire la liquidazione del compenso da parte all'organo giurisdizionale. Oltre che nelle liti, devono infatti essere utilizzati per determinare la base di riferimento per un’equa negoziazione del compenso.
Equo compenso nei contratti pubblici
Il CNI ha spiegato che, in base al Decreto Fiscale “la pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti”.C’è equo compenso, come già sottolineato, se i corrispettivi a base di gara sono determinati ai sensi del DM del 17 giugno 2016. Il decreto da una parte attua il Codice Appalti (D.lgs. 50/2016), dall’altra rinnova e ripropone i contenuti del DM 143/2013, approvato dopo l’abolizione delle tariffe minime con la Riforma delle professioni (DL 1/2012).
Tutti questi passaggi normativi sostiene il CNI, hanno avuto come obiettivo una base d’asta per l’affidamento di un incarico tecnico che garantisse una equa negoziazione.
Secondo il CNI, nell’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura da parte delle Pubbliche Amministrazioni è fondamentale parlare di principio dell'equo compenso (ottenuto applicando il DM 17 giugno 2016) e non di disposizioni sull’equo compenso (di cui all'art. 13 bis L. n. 247/2012, che regola i compensi nelle prestazioni interprivate).
L’equo compenso, si legge nel documento del CNI “risponde meglio alle primarie esigenze della Pubblica Amministrazione che, proprio in quanto strumentali alla soddisfazione di un interesse di rango pubblicistico (e dunque prive di finalità di lucro), spesso si contrappongono a quelle imprenditoriali (si pensi al rapporto fra equo compenso e contenimento della spesa pubblica)”.
Il richiamo al principio dell’equo compenso, conclude il CNI, assume un ruolo particolarmente importante, specie nell’ambito della contrattualistica pubblica ove la concorrenza si materializza anche attraverso la pratica del ribasso sul prezzo posto a base d’asta. Nel caso di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, si vuole invece assicurare la determinazione di un corrispettivo proporzionato alla qualità e quantità della prestazione resa e al contempo rispettoso delle esigenze della Pubblica Amministrazione.
Il CNI puntualizza che l’equilibrio contrattuale dovrà quindi essere ricercato di volta in volta sulla base delle peculiarità del caso specifico ed alla luce del confronto competitivo. Sono invece intrinsecamente in contraddizione con il principio dell’equità del corrispettivo i casi di compensi simbolici o di prestazioni gratuite.
Equo compenso, le violazioni continuano
La battaglia sull’equo compenso è nata per arginare il fenomeno dei bandi a un euro, in cui le Amministrazioni chiedevano prestazioni professionali in cambio di compensi simbolici. Emblematico il “caso Catanzaro”, in cui il Comune aveva indetto una gara per il conferimento di incarichi professionali a titolo gratuito, volti alla selezione dello staff di progettisti esterni per la redazione del Piano Strutturale Comunale, cioè una delle componenti del Piano regolatore generale (PRG). Per queste prestazioni professionali, il Comune aveva previsto un rimborso spese, in cui era incluso anche il costo dell’assicurazione professionale, e un compenso pari a 1 euro. Di fronte alle proteste del mondo delle professioni, il Tar aveva bocciato le scelte del Comune, ma successivamente il Consiglio di Stato ha ribaltato la situazione affermando che per compenso si può intendere anche l’esperienza e il ritorno di immagine che il professionista ottiene dallo svolgimento dell’incarico.Dopo l’approvazione dell’equo compenso, c’è stato tuttavia un nuovo caso. Inarsind (Associazione sindacale di Ingegneri e Architetti) ha segnalato il caso del Comune di Barge (in provincia di Cuneo) che ha pubblicato una manifestazione di interesse per la verifica di vulnerabilità sismica di sette edifici comunali per un importo di 23.000 euro (soggetto al massimo ribasso) richiedendo un’esperienza minima di 10 anni. Secondo l’associazione, 3.700 euro ad edificio rappresenta un importo talmente esiguo da impedire a qualsiasi professionista o altro operatore economico di eseguire la prestazione in maniera dignitosa e professionale.