Compensi professionali, CNI: la PA deve applicare il decreto parametri
PROFESSIONE
Compensi professionali, CNI: la PA deve applicare il decreto parametri
Tar Abruzzo: la stazione appaltante non può, per abbassare i costi, ridurre arbitrariamente i compensi stabiliti dalla legge
09/10/2018 - Le amministrazioni pubbliche sono vincolate ai parametri contenuti nel DM 17/06/2016 e non sono libere di discostarsene discrezionalmente.
A spiegarlo il Consiglio Nazionale Ingegneri nella Circolare 293/2018 in cui illustra le implicazioni della Sentenza 331/2018 del TAR Abruzzo sul calcolo degli onorari dei professionisti tecnici.
Nel bando, infatti, il compenso a base di gara, “inizialmente quantificato in euro 470.977,56 secondo i parametri di cui al DM 17/06/2016, è stato poi ridotto a euro 228.000,00”, ovvero entro il tetto fissato dalla Giunta dell’Abruzzo che limita la determinazione dei compensi per prestazioni intellettuali ad una percentuale compresa tra il 6% e l’8% dell’importo lordo dei lavori, “in ragione della natura dell’opera e dell’entità dell’impegno intellettuale necessario per l’espletamento del compito da affidarsi”.
Di conseguenza, gli Ordini professionali hanno evidenziato la violazione dell’art.24, comma 8, del Codice Appalti (Dlgs 50/2016) che prescrive che “i corrispettivi sono utilizzati dalle stazioni appaltanti quale criterio o base di riferimento ai fini dell'individuazione dell'importo da porre a base di gara dell'affidamento”.
Il Tribunale, pur ammettendo che l’art.24 non introduce un “obbligo” delle amministrazioni di trasporre negli avvisi di gara i corrispettivi indicati nel decreto ministeriale, dichiara che la norma disconosce decisamente la facoltà delle amministrazioni aggiudicatrici di fissare discrezionalmente il corrispettivo a base di gara delle prestazioni di progettazione e direzione dei lavori, perché questo “equivarrebbe a dare un’interpretazione abrogativa” della disposizione dell’art.24 del Codice dei contratti pubblici.
Secondo il TAR, spiega il CNI, non basta addurre motivazioni legate alla riduzione dei costi per l’Amministrazione per giustificare decisioni sui compensi professionali basate sulla più ampia discrezionalità delle stazioni appaltanti, svincolata da ogni riferimento ai parametri ministeriali. Accanto ai principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa occorre tenere conto dell’obiettivo di “qualità delle prestazioni tecnico-professionali”, che l’art.24 del decreto legislativo n.50/2016 intende perseguire.
Al contrario, nella fattispecie in esame, la determinazione aveva fissato, per le spese tecniche riguardanti tutti gli interventi del bando, le soglie percentuali del 6% e 8% dell’importo dei lavori e, solo all’interno delle anzidette percentuali, faceva salve le valutazioni sulla natura dell’opera e sull’entità dell’impegno intellettuale richiesto. Per i giudici “ne risulta stravolta la stessa ratio dell’art.24 citato”, perché l’Amministrazione regionale ha finito per sostituire dei propri parametri, del tutto svincolati dal livello qualitativo delle prestazioni e delle attività di progettazione, ai parametri ministeriali.
La preventiva limitazione dei compensi per le spese tecniche verso l’alto, conclude il giudice amministrativo aderendo alla posizione degli Ordini ricorrenti, “costituisce una non consentita deroga generale e astratta ai parametri ministeriali”.
Il CNI ricorda che, sulla tematica affrontata, l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con le Linee Guida n.1/2016, aveva sostenuto che per determinare l’importo del corrispettivo da porre a base di gara occorresse fare riferimento ai criteri fissati dal DM 17 giugno 2016.
L’Anac aveva aggiunto inoltre che, per motivi di trasparenza e correttezza, fosse obbligatorio riportare nella documentazione di gara il procedimento adottato per il calcolo dei compensi posti a base di gara. Questo anche al fine di permettere ai potenziali concorrenti di verificare la congruità dell’importo fissato e l’assenza di eventuali errori di impostazione o di calcolo.
Il CNI, elenca tutte le conclusioni che si possono trarre:
- la stazione appaltante non è libera di determinare unilateralmente e discrezionalmente il corrispettivo da porre a base di gara delle prestazioni relative ai servizi di ingegneria e di architettura;
- i parametri ministeriali fissano uno standard dei compensi professionali e mirano a salvaguardare la qualità della prestazione professionale;
- le stazioni appaltanti devono porre a confronto i compensi stabiliti nel caso di specie con i corrispettivi stabiliti in astratto dal decreto sui parametri e procedere ad una verifica di compatibilità tra i due importi, avendo sempre cura di giustificare la quantificazione delle spese tecniche “sulla base dell’importo risultante dall’applicazione dei parametri ministeriali”.
Infine, il CNI ricorda che la norma sull'equo compenso contiene la il principio secondo cui la “pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, deve garantire il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti". In più, le modifiche alla disciplina previste dalla legge di Bilancio 2018 rafforzano quanto previsto dall’art.24, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, ovvero l'obbligo di utilizzo delle tabelle del DM 17 giugno 2016 per il calcolo dei compensi professionali nei contratti di appalto relativi ai servizi di ingegneria e di architettura.
A spiegarlo il Consiglio Nazionale Ingegneri nella Circolare 293/2018 in cui illustra le implicazioni della Sentenza 331/2018 del TAR Abruzzo sul calcolo degli onorari dei professionisti tecnici.
Compensi professionali: il calcolo della giunta abruzzese
Il CNI ricorda che la sentenza è giunta all’esito di un ricorso promosso dall’Ordine degli Ingegneri di Teramo e degli Architetti PPC di Teramo che chiedevano l’annullamento sia della deliberazione della Giunta Regionale con cui era stato approvato di limitare al 6% e 8% dell'importo dei lavori il corrispettivo delle spese tecniche e generali, sia del successivo bando di gara per l’affidamento dei servizi tecnici di ingegneria e architettura che applicava questa limitazione ai compensi professionali.Nel bando, infatti, il compenso a base di gara, “inizialmente quantificato in euro 470.977,56 secondo i parametri di cui al DM 17/06/2016, è stato poi ridotto a euro 228.000,00”, ovvero entro il tetto fissato dalla Giunta dell’Abruzzo che limita la determinazione dei compensi per prestazioni intellettuali ad una percentuale compresa tra il 6% e l’8% dell’importo lordo dei lavori, “in ragione della natura dell’opera e dell’entità dell’impegno intellettuale necessario per l’espletamento del compito da affidarsi”.
Di conseguenza, gli Ordini professionali hanno evidenziato la violazione dell’art.24, comma 8, del Codice Appalti (Dlgs 50/2016) che prescrive che “i corrispettivi sono utilizzati dalle stazioni appaltanti quale criterio o base di riferimento ai fini dell'individuazione dell'importo da porre a base di gara dell'affidamento”.
Tariffe professionali: la sentenza del Tar
Il TAR Abruzzo ha sciolto il nodo interpretativo sulla questione relativa alla violazione ed errata applicazione dell’art.24 del Codice Appalti, ovvero se le amministrazioni aggiudicatrici siano vincolate dai parametri per la determinazione dei corrispettivi professionali oppure siano libere di discrezionalmente discostarsene: l’art.24, comma 8, del Dlgs 50/2018 dimostra la manifesta volontà del Legislatore di stabilire uno standard dei compensi professionali “che sia garanzia di qualità delle prestazioni richieste ai professionisti intellettuali che progettano opere pubbliche”.Il Tribunale, pur ammettendo che l’art.24 non introduce un “obbligo” delle amministrazioni di trasporre negli avvisi di gara i corrispettivi indicati nel decreto ministeriale, dichiara che la norma disconosce decisamente la facoltà delle amministrazioni aggiudicatrici di fissare discrezionalmente il corrispettivo a base di gara delle prestazioni di progettazione e direzione dei lavori, perché questo “equivarrebbe a dare un’interpretazione abrogativa” della disposizione dell’art.24 del Codice dei contratti pubblici.
Secondo il TAR, spiega il CNI, non basta addurre motivazioni legate alla riduzione dei costi per l’Amministrazione per giustificare decisioni sui compensi professionali basate sulla più ampia discrezionalità delle stazioni appaltanti, svincolata da ogni riferimento ai parametri ministeriali. Accanto ai principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa occorre tenere conto dell’obiettivo di “qualità delle prestazioni tecnico-professionali”, che l’art.24 del decreto legislativo n.50/2016 intende perseguire.
Al contrario, nella fattispecie in esame, la determinazione aveva fissato, per le spese tecniche riguardanti tutti gli interventi del bando, le soglie percentuali del 6% e 8% dell’importo dei lavori e, solo all’interno delle anzidette percentuali, faceva salve le valutazioni sulla natura dell’opera e sull’entità dell’impegno intellettuale richiesto. Per i giudici “ne risulta stravolta la stessa ratio dell’art.24 citato”, perché l’Amministrazione regionale ha finito per sostituire dei propri parametri, del tutto svincolati dal livello qualitativo delle prestazioni e delle attività di progettazione, ai parametri ministeriali.
La preventiva limitazione dei compensi per le spese tecniche verso l’alto, conclude il giudice amministrativo aderendo alla posizione degli Ordini ricorrenti, “costituisce una non consentita deroga generale e astratta ai parametri ministeriali”.
Il CNI ricorda che, sulla tematica affrontata, l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con le Linee Guida n.1/2016, aveva sostenuto che per determinare l’importo del corrispettivo da porre a base di gara occorresse fare riferimento ai criteri fissati dal DM 17 giugno 2016.
L’Anac aveva aggiunto inoltre che, per motivi di trasparenza e correttezza, fosse obbligatorio riportare nella documentazione di gara il procedimento adottato per il calcolo dei compensi posti a base di gara. Questo anche al fine di permettere ai potenziali concorrenti di verificare la congruità dell’importo fissato e l’assenza di eventuali errori di impostazione o di calcolo.
Compensi professionali ed equo compenso: le conclusioni del CNI
Per il Consiglio Nazionale la sentenza afferma l’assenza di una sorta di “libertà” delle amministrazioni aggiudicatrici - negli appalti pubblici - di fissare (di regola, al ribasso) a proprio piacimento le soglie dei compensi professionali da attribuire nei bandi di gara.Il CNI, elenca tutte le conclusioni che si possono trarre:
- la stazione appaltante non è libera di determinare unilateralmente e discrezionalmente il corrispettivo da porre a base di gara delle prestazioni relative ai servizi di ingegneria e di architettura;
- i parametri ministeriali fissano uno standard dei compensi professionali e mirano a salvaguardare la qualità della prestazione professionale;
- le stazioni appaltanti devono porre a confronto i compensi stabiliti nel caso di specie con i corrispettivi stabiliti in astratto dal decreto sui parametri e procedere ad una verifica di compatibilità tra i due importi, avendo sempre cura di giustificare la quantificazione delle spese tecniche “sulla base dell’importo risultante dall’applicazione dei parametri ministeriali”.
Infine, il CNI ricorda che la norma sull'equo compenso contiene la il principio secondo cui la “pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, deve garantire il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti". In più, le modifiche alla disciplina previste dalla legge di Bilancio 2018 rafforzano quanto previsto dall’art.24, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, ovvero l'obbligo di utilizzo delle tabelle del DM 17 giugno 2016 per il calcolo dei compensi professionali nei contratti di appalto relativi ai servizi di ingegneria e di architettura.