
Consumo di suolo, Ance propone una ‘rivoluzione culturale’
AMBIENTE
Consumo di suolo, Ance propone una ‘rivoluzione culturale’
Poche regole generali e incentivi per la rigenerazione con processi differenziati in base al tipo di tessuto urbano
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del 27/07/2022

17/01/2019 - Promuovere una rivoluzione culturale per rendere il processo di rigenerazione urbana conveniente e aderente alla realtà. È la proposta per il contrasto al consumo di suolo presentata dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) in audizione presso le Commissioni riunite Agricoltura e Territorio ed Ambiente del Senato.
L’Ance, rappresentata dal vicepresidente Filippo Delle Piane, ha presentato una serie di proposte per far sì che i disegni di legge n. 86 e n.164 risolvano le criticità presenti nel patrimonio edilizio e infrastrutturale, evitando che restino provvedimenti avulsi dalla realtà.
La rigenerazione, però, non riesce a decollare con gli strumenti amministrativi e legislativi presenti. Gli ostacoli da rimuovere sono numerosi. Tra questi l’Ance evidenzia la strumentazione urbanistica, caratterizzata da un’eccessiva articolazione e nello stesso tempo rigidità che non consente di seguire l’evoluzione della domanda, la difficoltà del rapporto con le normative di settore, il frazionamento della proprietà immobiliare, la normativa fiscale che non agevola i trasferimenti di proprietà finalizzati alla rigenerazione e non contrasta la proprietà inattiva.
L’Ance ha sottolineato anche gli elevati costi a carico degli operatori privati per la realizzazione degli interventi di rigenerazione urbana che spesso non consentono di raggiungere un equilibrio economico finanziario.
In mancanza di una legge organica, Ance propone di approvare con urgenza una normativa in grado di incentivare la rigenerazione urbana consentendo da subito la sostituzione edilizia degli edifici esistenti. Ance pensa che sia inoltre necessario avviare un piano di verifiche sulle condizioni statiche degli immobili, prevedendo un sistema di interventi obbligatori accompagnati da idonei incentivi economici diretti ed indiretti.
Passando alle applicazioni pratiche, Ance ritiene che bisognerebbe incentivare gli interventi puntuali finalizzati al recupero di singoli immobili o complessi immobiliari che prevedono o il mantenimento del volume originario o un incremento volumetrico da definire con varie modalità. Si tratta di ricalcare il modello del DL 70/2011, che chiedeva alle Regioni di approvare specifiche leggi per incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio e la riqualificazione delle aree urbane degradate. Queste norme in molti casi hanno integrato i Piani Casa regionali, ma non hanno prodotto gli effetti sperati perchè slegate dal resto del contesto normativo e, soprattutto, per il costo degli interventi che non sono incentivati a sufficienza.
Questa volta l'Ance propone di obbligare le Regioni a regolare la realizzazione degli interventi. Nell’idea dell’Ance, i Comuni potranno individuare gli ambiti in cui consentire deroghe al DM 1444/1968 (altezze, distanze, densità) e alla distanza da strade, tramvie e metropolitane nel centro abitato, cambi della destinazione d’uso. Anche nel caso in cui le demolizioni e ricostruzioni avvengano senza aumento volumetrico, per incentivare gli interventi bisognerebbe consentire la modifica dei prospetti e le deroghe al DM 1444/1968.
Il nodo della questione, però, è sempre la competenza delle Regioni in materia di governo del territorio e che non è possibile "obbligarle" ad adottare misure decise a livello centrale.
Per evitare che le norme rimangano inattuate, Ance ritiene infatti essenziale evitare i conflitti con le leggi regionali. L'Associazione dei costruttori edili ipotizza che le Regioni siano chiamate ad adeguare la propria normativa sul governo del territorio ai nuovi principi in tema di contenimento dell’uso di nuovo suolo e rigenerazione urbana, entro un certo termine dall’entrata in vigore del provvedimento di riforma. Poiché è presumibile che il termine non verrà rispettato dalle Regioni, è necessario prevedere una forma di automatismo nell’applicazione della nuova normativa.
Stessa situazione per il patrimonio costruito, “da riconvertire in termini di miglioramento delle prestazioni sismiche, energetiche, ambientali e di sicurezza”.
Problematiche cui si aggiunge il fenomeno dell’abusivismo. Secondo l’Ance, ogni anno l’ISTAT nel Rapporto BES (Benessere equo e sostenibile) evidenzia l’abusivismo edilizio come una piaga che in Italia continua ad avere una diffusione senza paragoni e che la crisi economica ha contribuito addirittura ad aumentare. Se nel 2007, alla vigilia della crisi la proporzione era di 9 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate, nel 2017 l’indice di abusivismo è salito fino a quasi 20 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate.
Non da ultimo, la presenza di siti produttivi dismessi inglobati nel tessuto urbano, la cui fatiscenza spesso non è solo edilizia, ma ambientale e che quasi sempre richiedono considerevoli interventi di bonifica o quanto meno di messa in sicurezza.
Dal punto di vista delle norme esistenti, Ance ritiene che con generalismo si parli di un eccesso di produzione edilizia, ma non si delinea nessun nuovo strumento che consenta di avviare un percorso di recupero e di rigenerazione urbana.
L’Ance, rappresentata dal vicepresidente Filippo Delle Piane, ha presentato una serie di proposte per far sì che i disegni di legge n. 86 e n.164 risolvano le criticità presenti nel patrimonio edilizio e infrastrutturale, evitando che restino provvedimenti avulsi dalla realtà.
Consumo di suolo netto pari a zero e rigenerazione
L’Ance ha spiegato che l’obiettivo europeo del “consumo netto pari a zero” non impone il divieto di occupazione di nuovo territorio. L’occupazione infatti è consentita a condizione che “avvenga a saldo zero”, cioè a fronte del recupero di superfici precedentemente impermeabilizzate di pari estensione.La rigenerazione, però, non riesce a decollare con gli strumenti amministrativi e legislativi presenti. Gli ostacoli da rimuovere sono numerosi. Tra questi l’Ance evidenzia la strumentazione urbanistica, caratterizzata da un’eccessiva articolazione e nello stesso tempo rigidità che non consente di seguire l’evoluzione della domanda, la difficoltà del rapporto con le normative di settore, il frazionamento della proprietà immobiliare, la normativa fiscale che non agevola i trasferimenti di proprietà finalizzati alla rigenerazione e non contrasta la proprietà inattiva.
L’Ance ha sottolineato anche gli elevati costi a carico degli operatori privati per la realizzazione degli interventi di rigenerazione urbana che spesso non consentono di raggiungere un equilibrio economico finanziario.
Consumo di suolo, la ricetta dell’Ance
Secondo l’Ance, il tema del consumo di suolo va affrontato nell’ambito di una legge organica di riforma del governo del territorio, che sia composta da pochi principi per la riqualificazione e il riuso del patrimonio edilizio esistente. Innanzitutto andrebbe rivista la disciplina degli standard urbanistici contenuta nel DM 1444/1968. Il Decreto, finalizzato a gestire la crescita delle città nell’ambito di un modello territoriale incentrato sull’espansione (Legge urbanistica 1150/1942), è improntato ad un criterio di reperimento delle dotazioni urbane di tipo meramente quantitativo (mq/abitante) che contrasta nettamente con il principio della riduzione del consumo di suolo. Un'esigenza espessa qualche anno fa anche dall'Istituto Nazionale di Urbanidtica (INU) che ha chiesto nuovi standard ed incentivi per la riqualificazione delle città.In mancanza di una legge organica, Ance propone di approvare con urgenza una normativa in grado di incentivare la rigenerazione urbana consentendo da subito la sostituzione edilizia degli edifici esistenti. Ance pensa che sia inoltre necessario avviare un piano di verifiche sulle condizioni statiche degli immobili, prevedendo un sistema di interventi obbligatori accompagnati da idonei incentivi economici diretti ed indiretti.
Passando alle applicazioni pratiche, Ance ritiene che bisognerebbe incentivare gli interventi puntuali finalizzati al recupero di singoli immobili o complessi immobiliari che prevedono o il mantenimento del volume originario o un incremento volumetrico da definire con varie modalità. Si tratta di ricalcare il modello del DL 70/2011, che chiedeva alle Regioni di approvare specifiche leggi per incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio e la riqualificazione delle aree urbane degradate. Queste norme in molti casi hanno integrato i Piani Casa regionali, ma non hanno prodotto gli effetti sperati perchè slegate dal resto del contesto normativo e, soprattutto, per il costo degli interventi che non sono incentivati a sufficienza.
Questa volta l'Ance propone di obbligare le Regioni a regolare la realizzazione degli interventi. Nell’idea dell’Ance, i Comuni potranno individuare gli ambiti in cui consentire deroghe al DM 1444/1968 (altezze, distanze, densità) e alla distanza da strade, tramvie e metropolitane nel centro abitato, cambi della destinazione d’uso. Anche nel caso in cui le demolizioni e ricostruzioni avvengano senza aumento volumetrico, per incentivare gli interventi bisognerebbe consentire la modifica dei prospetti e le deroghe al DM 1444/1968.
Il nodo della questione, però, è sempre la competenza delle Regioni in materia di governo del territorio e che non è possibile "obbligarle" ad adottare misure decise a livello centrale.
Per evitare che le norme rimangano inattuate, Ance ritiene infatti essenziale evitare i conflitti con le leggi regionali. L'Associazione dei costruttori edili ipotizza che le Regioni siano chiamate ad adeguare la propria normativa sul governo del territorio ai nuovi principi in tema di contenimento dell’uso di nuovo suolo e rigenerazione urbana, entro un certo termine dall’entrata in vigore del provvedimento di riforma. Poiché è presumibile che il termine non verrà rispettato dalle Regioni, è necessario prevedere una forma di automatismo nell’applicazione della nuova normativa.
Consumo di suolo, la situazione attuale
L’ing. Delle Piane, durante l’audizione, ha citato il Rapporto Ispra 2018, dal quale emerge che sono le infrastrutture il principale utilizzatore di suolo nel nostro Paese. Le infrastrutture versano in una situazione drammatica, con problemi di vetustà, manutenzione, rinnovamento e insufficienza rispetto alla domanda.Stessa situazione per il patrimonio costruito, “da riconvertire in termini di miglioramento delle prestazioni sismiche, energetiche, ambientali e di sicurezza”.
Problematiche cui si aggiunge il fenomeno dell’abusivismo. Secondo l’Ance, ogni anno l’ISTAT nel Rapporto BES (Benessere equo e sostenibile) evidenzia l’abusivismo edilizio come una piaga che in Italia continua ad avere una diffusione senza paragoni e che la crisi economica ha contribuito addirittura ad aumentare. Se nel 2007, alla vigilia della crisi la proporzione era di 9 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate, nel 2017 l’indice di abusivismo è salito fino a quasi 20 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate.
Non da ultimo, la presenza di siti produttivi dismessi inglobati nel tessuto urbano, la cui fatiscenza spesso non è solo edilizia, ma ambientale e che quasi sempre richiedono considerevoli interventi di bonifica o quanto meno di messa in sicurezza.
Dal punto di vista delle norme esistenti, Ance ritiene che con generalismo si parli di un eccesso di produzione edilizia, ma non si delinea nessun nuovo strumento che consenta di avviare un percorso di recupero e di rigenerazione urbana.