Abusi edilizi, come riconoscerli e quantificarne l’entità
NORMATIVA
Abusi edilizi, come riconoscerli e quantificarne l’entità
La Cassazione spiega quando un intervento edilizio è precario e che peso dare ai materiali utilizzati e alle dimensioni dell’opera

26/02/2019 - Quando un manufatto edilizio, realizzato senza permessi, può evitare la condanna per abuso edilizio? In realtà, come spiegato dalla Cassazione con la sentenza 5821/2019, in pochissimi casi. Spesso si tenta di far passare l’opera come precaria o le irregolarità come lievi, ma ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione.
Secondo il responsabile, il manufatto aveva una natura precaria ed era stato costruito come ricovero temporaneo degli attrezzi necessari per i lavori in corso nell’immobile.
L’opera precaria, si legge nella sentenza, non comporta effetti permanenti e definitivi sull'originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo.
L'intervento precario deve necessariamente possedere alcune specifiche caratteristiche. Innanzitutto, la precarietà deve emergere da dati oggettivi, non da considerazioni personali sul periodo in cui chi ha realizzato l’opera intende utilizzarla. Non contano neanche le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l'agevole amovibilità.
I materiali impiegati possono però in certi casi rivelare le intenzioni di chi ha costruito il manufatto. Nel caso esaminato, ad esempio, l’utilizzo del conglomerato cementizio ha fatto desumere ai giudici la volontà di voler tenere in vita l’opera per un periodo indefinito.
Secondo la Cassazione, per realizzare l’intervento sarebbe stato necessario richiedere il permesso di costruire.
La consistenza dell’intervento abusivo, cioè tipologia di intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive, costituisce solo uno dei parametri di valutazione utilizzabili ai fini della verifica della tenuità o della gravità dell’irregolarità commessa.
I giudici hanno spiegato che ci sono altri elementi da tenere in considerazione, come ad esempio la destinazione dell'immobile, l'incidenza sul carico urbanistico, l'eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l'impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli (idrogeologici, paesaggistici, ambientali, etc.), l'eventuale collegamento dell'opera abusiva con interventi preesistenti, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall'amministrazione competente (ad esempio l'ordinanza di demolizione), la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, le modalità di esecuzione dell'intervento, la contestuale violazione di più norme.
Sulla base di queste valutazioni, l’abuso commesso è stato considerato grave e il responsabile è stato condannato al pagamento di una sanzione anche se nel frattempo aveva demolito l’opera.
Abusi edilizi, il caso
Nel caso preso in esame dalla Cassazione, in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico era stata realizzata una platea in conglomerato cementizio avente una superficie di circa 100 metri quadrati e tramezzature perimetrali in laterizio di lunghezza complessiva di 25 metri ed altezza variabile tra 1,80 e 3,10 metri.Secondo il responsabile, il manufatto aveva una natura precaria ed era stato costruito come ricovero temporaneo degli attrezzi necessari per i lavori in corso nell’immobile.
Opere precarie o abusi edilizi?
La Cassazione ha respinto le motivazioni addotte dal responsabile che aveva realizzato l’intervento. I giudici hanno spiegato che gli interventi edilizi precari sono espressamente menzionati dall’articolo 6 del testo Unico dell’edilizia (Dpr 380/2001). Si tratta di “opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale”.L’opera precaria, si legge nella sentenza, non comporta effetti permanenti e definitivi sull'originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo.
L'intervento precario deve necessariamente possedere alcune specifiche caratteristiche. Innanzitutto, la precarietà deve emergere da dati oggettivi, non da considerazioni personali sul periodo in cui chi ha realizzato l’opera intende utilizzarla. Non contano neanche le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l'agevole amovibilità.
I materiali impiegati possono però in certi casi rivelare le intenzioni di chi ha costruito il manufatto. Nel caso esaminato, ad esempio, l’utilizzo del conglomerato cementizio ha fatto desumere ai giudici la volontà di voler tenere in vita l’opera per un periodo indefinito.
Secondo la Cassazione, per realizzare l’intervento sarebbe stato necessario richiedere il permesso di costruire.
Abusi edilizi lievi o gravi?
Una volta chiarito che il manufatto era stato realizzato in modo abusivo, i giudici hanno spiegato quali elementi tenere in considerazione per determinare se si è di fronte ad una irregolarità lieve o grave.La consistenza dell’intervento abusivo, cioè tipologia di intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive, costituisce solo uno dei parametri di valutazione utilizzabili ai fini della verifica della tenuità o della gravità dell’irregolarità commessa.
I giudici hanno spiegato che ci sono altri elementi da tenere in considerazione, come ad esempio la destinazione dell'immobile, l'incidenza sul carico urbanistico, l'eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l'impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli (idrogeologici, paesaggistici, ambientali, etc.), l'eventuale collegamento dell'opera abusiva con interventi preesistenti, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall'amministrazione competente (ad esempio l'ordinanza di demolizione), la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, le modalità di esecuzione dell'intervento, la contestuale violazione di più norme.
Sulla base di queste valutazioni, l’abuso commesso è stato considerato grave e il responsabile è stato condannato al pagamento di una sanzione anche se nel frattempo aveva demolito l’opera.