08/02/2019 - In una fase storica in cui il dibattito pubblico che riguarda più strettamente i temi dell’urbanistica e dell’architettura si è concentrato sulla grande questione della riqualificazione delle periferie, esiste un argomento che nel nostro Paese ha almeno la stessa importanza dal punto di vista del portato culturale, ovvero la condizione e le prospettive della miriade di centri storici di cui è costellata la Penisola.
L’Istituto Nazionale di Urbanistica se ne occupa attraverso la Community “Città storica”, coordinata da Marisa Fantin. L’argomento sarà al centro anche dell’esposizione e degli incontri della settima Rassegna Urbanistica Nazionale “Mosaico Italia: raccontare il futuro”, in programma a Riva del Garda dal 3 al 6 aprile.
Proprio in questi giorni all’attenzione della cronaca c’è la decisione dell’amministrazione comunale veneziana di introdurre gradualmente, fino al 2022, una vera e propria tassa che risponde allo scopo di limitare e controllare le presenze del turismo cosiddetto “mordi e fuggi”. Nel corso del lavoro impostato finora, la Community di Fantin ha operato sulla raccolta di esperienze e la promozione del confronto con associazioni, Ordini professionali, Università.
Il tema della necessità, per le città d’arte e i rispettivi centri storici, di affrontare e gestire un turismo sempre più invasivo è emerso nell’ambito di questo percorso in tutta la sua forza. Fantin spiega: “Penso ad Airbnb, che sta distruggendo nelle città d’arte il sistema degli affitti e cambiando il volto dei centri storici. È ormai una criticità che si aggiunge ad altre più annose, come la crisi della rete commerciale”.
La responsabile della Community dell’Inu inquadra il dibattito con l’esempio di Venezia e del suo centro storico: “Una parte di opinione pubblica la considera una città perduta, tanto che il suo modello turistico sta letteralmente invadendo anche le città circostanti in Veneto, che si stanno attrezzando secondo quelle esigenze. Esiste un numero, anche se ridotto, di centri storici, penso anche a Matera, che sono difficilmente recuperabili come residenze stabili. In generale ritengo su questo versante che occorra ripensare a quali sono le caratteristiche di una città abitabile per contrastare il turismo come unica scelta possibile per la rivitalizzazione dei centri storici. Non dimentichiamo che si tratta quasi sempre di porzioni di territorio ridotte, e un ruolo importante lo dovrebbe giocare il resto della città che deve tornare a riappropriarsi del centro, attraverso una diversa distribuzione dei servizi”.
Un altro tema inquadrato da Fantin riguarda le modalità di intervento nei centri storici: “Manca una riflessione organica, eppure è un argomento fondamentale”, che acquista tutta la sua centralità nel momento in cui si pone la necessità di recuperare o ricostruire un centro storico che si è perso, a causa di una calamità o per un altro tipo di processo, economico o sociale: in un certo senso il problema opposto a chi invece deve gestire una sovrabbondanza di arrivi. Riguarda, a ben vedere, un gran numero di centri del nostro Paese, ad esempio delle aree interne. Per Fantin “l’unica via non può essere quella basata sulla bellezza e sulla condivisione del progetto, bisogna chiamare in causa anche la vivibilità e trovare lo spazio di un dialogo che riguarda la scala urbanistica e quella edilizia”.
In conclusione, spiega la coordinatrice della Community dell’Inu, la sfida che reclama la questione dei centri storici è innanzitutto culturale: “I centri storici stanno diventando le nostre periferie: caratteristiche come il processo di allontanamento dei servizi, il deficit di sicurezza e il sottoutilizzo degli edifici di cui spesso sono gravati, sono le stesse che contraddistinguono una periferia urbana. Alla base c’è una questione filosofica: occorre tornare ad avere consapevolezza che il centro storico è un bene comune, non solo dei proprietari delle abitazioni e dei commercianti che vi lavorano. Fa parte della memoria urbana e della cultura, ed esiste una responsabilità condivisa che riguarda e chiama in causa il patrimonio delle città. L’energia che si sta spendendo per porre attenzione e affrontare il problema delle periferie andrebbe moltiplicata e applicata ai centri storici, considerato che qui intervenire è più difficile, vista la maggiore presenza di vincoli”.
Fonte: ufficio stampa INU
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