Dispositivi di protezione individuale, in vigore le nuove regole per la sicurezza
SICUREZZA
Dispositivi di protezione individuale, in vigore le nuove regole per la sicurezza
Sanzioni fino a 150mila euro per i produttori che non effettuano le verifiche previste dal regolamento Ue
13/03/2019 - Sono in vigore le nuove regole sui dispositivi di protezione individuale (Dpi). È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.lgs. 17/2019 che modifica la normativa italiana perché si adegui al Regolamento europeo 425/2016.
In precedenza, le norme sui dispositivi di protezione individuale erano state definite a livello europeo con la Direttiva 89/686/CEE. La norma è stata poi recepita in Italia con il D.lgs. 475/1992.
Nel 2016, nel rivedere e aggiornare le disposizioni, l’UE ha cambiato approccio e ha approvato il Regolamento 425. I regolamenti europei prevalgono sulla normativa interna dei Paesi membri e non hanno bisogno di norme di recepimento. Il D.lgs. 17/2009, infatti, ha modificato il Testo unico della sicurezza sul lavoro (Dpr 81/2008) e il vecchio D.lgs. 457/1992 per renderli uniformi al Regolamento del 2016.
Quelli di categoria I proteggono da rischi minimi, come ad esempio le lesioni meccaniche superficiali. I dispositivi di categoria III devono proteggere dai rischi che possono causare conseguenze molto gravi quali morte o danni alla salute irreversibili, ad esempio cadute dall'alto e scosse elettriche. Il Regolamento non entra nello specifico della categoria II, ma spiega che “comprende i rischi diversi da quelli elencati nelle categorie I e III”.
I produttori e gli importatori che immettono sul mercato prodotti non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza, contenuti nell’Allegato II del regolamento, potranno subire l’arresto fino a tre anni.
Rispetto alla vecchia normativa, saranno soggetti a sanzioni, fino a 60mila euro, anche i distributori che non ne verificano i requisiti prima di immetterli sul mercato.
Dispositivi di protezione individuale, il quadro normativo
Rispetto al passato, cambia l’approccio normativo. Ciò che può sembrare una modifica solo formale, in realtà rivela la volontà di avere regole più chiare, stringenti e uniformi sul territorio europeo.In precedenza, le norme sui dispositivi di protezione individuale erano state definite a livello europeo con la Direttiva 89/686/CEE. La norma è stata poi recepita in Italia con il D.lgs. 475/1992.
Nel 2016, nel rivedere e aggiornare le disposizioni, l’UE ha cambiato approccio e ha approvato il Regolamento 425. I regolamenti europei prevalgono sulla normativa interna dei Paesi membri e non hanno bisogno di norme di recepimento. Il D.lgs. 17/2009, infatti, ha modificato il Testo unico della sicurezza sul lavoro (Dpr 81/2008) e il vecchio D.lgs. 457/1992 per renderli uniformi al Regolamento del 2016.
Dispositivi di protezione individuale, le categorie
I Dispositivi sono suddivisi in tre categorie, a seconda dei rischi da cui devono proteggere gli utilizzatori.Quelli di categoria I proteggono da rischi minimi, come ad esempio le lesioni meccaniche superficiali. I dispositivi di categoria III devono proteggere dai rischi che possono causare conseguenze molto gravi quali morte o danni alla salute irreversibili, ad esempio cadute dall'alto e scosse elettriche. Il Regolamento non entra nello specifico della categoria II, ma spiega che “comprende i rischi diversi da quelli elencati nelle categorie I e III”.
Dispositivi di protezione individuale, le sanzioni
I produttori che non ottemperano agli obblighi sulle procedure per la valutazione di conformità, saranno puniti con multe fino a 150mila euro.I produttori e gli importatori che immettono sul mercato prodotti non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza, contenuti nell’Allegato II del regolamento, potranno subire l’arresto fino a tre anni.
Rispetto alla vecchia normativa, saranno soggetti a sanzioni, fino a 60mila euro, anche i distributori che non ne verificano i requisiti prima di immetterli sul mercato.