
Gare di progettazione, i parametri non sono obbligatori
NORMATIVA
Gare di progettazione, i parametri non sono obbligatori
Il CdS spiega: sono una base di riferimento ma non possono costituire nuove tariffe minime
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del 16/10/2023

03/04/2019 - Negli appalti di progettazione, l’Amministrazione può discostarsi dai parametri contenuti nel DM 17 giugno 2016 per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara. Lo ha spiegato il Consiglio di Stato con la sentenza 2094/2019.
Il Presidente della Regione aveva individuato il compenso da attribuire ai professionisti incaricati delle attività accessorie tra il 6% e l’8% del valore dell’intervento, da definire in base alla natura dell’opera e dell’entità dell’impegno intellettuale necessario per l’espletamento del compito.
Successivamente, era stato approvato il progetto di fattibilità tecnica ed economica dei lavori per un costo di 2,85 milioni di euro, di cui 228mila euro da destinare ai corrispettivi dei professionisti incaricati. Si era giunti a questo importo applicando la percentuale dell’8% al costo complessivo dell’opera.
In seguito, il bando per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, recava un importo a base di gara di 153 mila euro. Un allegato al bando specificava che l’importo totale era stato calcolato in base alle tariffe professionali stabilite dal DM 17 giugno 2016. Dal momento che superava la soglia dell’8% del valore dell’intervento, era stato rimodulato in 228mila euro per tutti i servizi accessori e in 153mila euro per i servizi posti a gara.
Una circostanza che ha fatto scattare il ricorso degli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti della Provincia competente per violazione dell’articolo 24, comma 8 del Codice Appalti (D.lgs 50/2016).
La situazione è stata ribaltata dal Consiglio di Stato. I giudici hanno spiegato ciò che per loro è la corretta interpretazione dell’articolo 24, comma 8, del Codice Appalti. Secondo il CdS il Codice non impone alle Stazioni Appaltanti l’obbligo di far ricorso ai parametri stabiliti dalle tabelle ministeriali, “poiché essi costituiscono, in ogni caso, criteri o base di riferimento, con conseguente facoltà di discostarsi dai minimi tariffari ivi previsti”.
Il legislatore, si legge nella sentenza, non avrebbe potuto sancire l’obbligo per le stazioni appaltanti di fare applicazione dei parametri contenuti nelle tabelle ministeriali senza porsi in contrasto con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza euro-unitaria, nazionale e dallo stesso legislatore italiano sul superamento del criterio della “inderogabilità dei minimi tariffari”.
In altri casi, ha concluso il CdS, la giurisprudenza ha addirittura ritenuto legittimi bandi di gara che prevedevano l’affidamento degli incarichi professionali a titolo gratuito. Mentre era già in vigore il Codice Appalti, ad esempio, il CdS con la sentenza 4614/2017 ha affermato che “La garanzia di serietà e affidabilità, intrinseca alla ragione economica a contrarre, infatti, non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, che resti comunque a carico della Amministrazione appaltante: ma può avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto”.
Sulla base di queste considerazioni i giudici hanno affermato che i corrispettivi posti dalle tabelle ministeriali non costituiscano “minimi tariffari inderogabili” e ha respinto il ricorso degli Ordini.
Gare di progettazione e parametri, il caso
I giudici si sono pronunciati sul ricorso presentato contro il bando per l’affidamento di servizi di ingegneria e architettura riguardanti la progettazione, il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, le attività tecnico amministrative connesse alla progettazione, la direzione lavori, il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e i collaudi.Il Presidente della Regione aveva individuato il compenso da attribuire ai professionisti incaricati delle attività accessorie tra il 6% e l’8% del valore dell’intervento, da definire in base alla natura dell’opera e dell’entità dell’impegno intellettuale necessario per l’espletamento del compito.
Successivamente, era stato approvato il progetto di fattibilità tecnica ed economica dei lavori per un costo di 2,85 milioni di euro, di cui 228mila euro da destinare ai corrispettivi dei professionisti incaricati. Si era giunti a questo importo applicando la percentuale dell’8% al costo complessivo dell’opera.
In seguito, il bando per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, recava un importo a base di gara di 153 mila euro. Un allegato al bando specificava che l’importo totale era stato calcolato in base alle tariffe professionali stabilite dal DM 17 giugno 2016. Dal momento che superava la soglia dell’8% del valore dell’intervento, era stato rimodulato in 228mila euro per tutti i servizi accessori e in 153mila euro per i servizi posti a gara.
Una circostanza che ha fatto scattare il ricorso degli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti della Provincia competente per violazione dell’articolo 24, comma 8 del Codice Appalti (D.lgs 50/2016).
Gare di progettazione, i parametri non sono le nuove tariffe minime
In primo grado, il Tar ha accolto le richieste degli Ordini affermando che il legislatore con la definizione dei parametri per la determinazione dei corrispettivi a base di gara, non ha voluto introdurre un obbligo di utilizzo, ma garantire la qualità delle prestazioni. “Ne consegue che - ha affermato il Tar - gli atti regionali con i quali è fissata nel 6% o nell’8% del valore dell’intervento il compenso per le attività accessorie, per quanto coerenti con i principi di efficienza, economicità ed efficacia, trascurerebbero l’obiettivo della qualità delle prestazioni tecnico professionali”.La situazione è stata ribaltata dal Consiglio di Stato. I giudici hanno spiegato ciò che per loro è la corretta interpretazione dell’articolo 24, comma 8, del Codice Appalti. Secondo il CdS il Codice non impone alle Stazioni Appaltanti l’obbligo di far ricorso ai parametri stabiliti dalle tabelle ministeriali, “poiché essi costituiscono, in ogni caso, criteri o base di riferimento, con conseguente facoltà di discostarsi dai minimi tariffari ivi previsti”.
Il legislatore, si legge nella sentenza, non avrebbe potuto sancire l’obbligo per le stazioni appaltanti di fare applicazione dei parametri contenuti nelle tabelle ministeriali senza porsi in contrasto con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza euro-unitaria, nazionale e dallo stesso legislatore italiano sul superamento del criterio della “inderogabilità dei minimi tariffari”.
In altri casi, ha concluso il CdS, la giurisprudenza ha addirittura ritenuto legittimi bandi di gara che prevedevano l’affidamento degli incarichi professionali a titolo gratuito. Mentre era già in vigore il Codice Appalti, ad esempio, il CdS con la sentenza 4614/2017 ha affermato che “La garanzia di serietà e affidabilità, intrinseca alla ragione economica a contrarre, infatti, non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, che resti comunque a carico della Amministrazione appaltante: ma può avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto”.
Sulla base di queste considerazioni i giudici hanno affermato che i corrispettivi posti dalle tabelle ministeriali non costituiscano “minimi tariffari inderogabili” e ha respinto il ricorso degli Ordini.