07/06/2019 - La natura che attacca la città è l’immagine che negli ultimi anni si sta sempre più definendo. Allerte meteo, allarmi alluvioni, precipitazioni intense sono alcuni degli episodi, insoliti ed eccezionali, che ormai viviamo con una certa frequenza. Qual è la risposta delle città a tutto questo? Le città italiane sono capaci di mettere in atto azioni preventive piuttosto che trovarsi in stati di emergenza? Le città sono i centri dove si concentra la maggior parte della popolazione, le statistiche dicono che nei prossimi decenni assisteremo all’incremento dei centri metropolitani a sfavore dei piccoli nuclei urbani e della campagna abitata. La città assumerà sempre più un carattere di area vasta, con il conseguente incremento dell’ambiente costruito, delle urbanizzazioni, dell’uso del suolo e la riduzione delle superfici permeabili e traspiranti.
Che fine fa tutta l’acqua che precipita durante le intense piogge?
Le città sono essenzialmente costituite da aree pavimentate come le strade, i tetti e i parcheggi e queste sono tutte superfici impermeabili, la somma della capacità di infiltrazione profonda e superficiale di una superficie impermeabile raggiunge solo il 15 % rispetto a quella di un terreno che è del 50%, vuol dire che l’acqua non viene completamente captata ma è persa immediatamente per scorrimento superficiale, nel caso delle superfici impermeabili circa il 55% delle acque defluisce, innescando, nel caso di rilevanti volumi d’acqua il fenomeno del ruscellamento.
Il focus della pianificazione urbana dei prossimi anni dovrebbe essere quello di individuare “strategie su come affrontare il problema delle precipitazioni in eccesso per prevenire il deflusso e per ridurre l’impatto ambientale degli inquinanti presenti”.
In alcuni paesi nel mondo, come gli Stati Uniti, il Canada, l’Inghilterra, l’Australia ed altri il tema del water management all’interno delle città è trattato ormai da decenni, le città crescono e si trasformano, mutano e cambiano adattandosi ai cambiamenti climatici secondo i principi della resilienza.
La gestione del deflusso delle acque in ambito urbano nel mondo
Best management practices (BMPs); green infrastructure (GI); integrated urban water management (IUWM); Joint Committee on Urban Drainage (JCUD); low impact development (LID); low impact urban design and development (LIUDD); stormwater control measures (SCMs); sustainable urban drainage systems (SUDS); water sensitive urban design (WSUD) sono alcune delle definizioni usate per indicare quelle pratiche e politiche di gestione delle acque piovane già attive e parte integrante della legislazione in molti paesi del mondo.
In Europa il Regno Unito è stato un predecessore in tal senso introducendo tra gli anni 80 e 90 il SuDS (SISTEMI DI DRENAGGIO URBANO SOSTENIBILE). Un complesso di opere idrauliche relative a infrastrutture, spazi aperti e edifici, che assolve un insieme diversificato di funzioni: quelle propriamente connesse alla gestione delle portate idriche (laminazione, ritenzione, infiltrazione) e quelle legate al miglioramento della qualità delle acque e del paesaggio (urbano, agricolo e fluviale).
Negli USA, Canada e Nuova Zelanda è stato introdotto per la prima volta nel 1977 il LID - low impact development - il cui obiettivo è quello di ottenere risultati simili a quelli del ciclo idrologico naturale (deflusso - infiltrazione - evapotraspirazione) mediante una corretta progettazione del sito, il progetto di un paesaggio urbano su un sistema idrologico.
Rientrano tra le pratiche LID i rain garden, la realizzazione di superfici pavimentate drenanti, la dispersion ovvero la possibilità di convogliare i flussi di acqua che si concentrano sulle strade o sui marciapiedi verso trincee o fossi drenanti, le quali possono essere vegetate con specie igrofile o con tappeto erboso per favorire anche la rimozione dei possibili inquinanti questo consente di frazionare le grandi portate di acqua che convogliano verso i macro sistemi di deflusso, cisterne per raccolta delle acque piovane che raccolgono per esempio l’acqua che defluisce dalle coperture, riducendo i picchi di acqua piovana, le durate e i volumi, l’acqua delle cisterne può essere riutilizzata ai fini abitativi, i green roof, gli scavi di fondazione contenuti al fine di alterare minimamente il profilo naturale del suolo, questo preserva la maggior parte delle proprietà idrologiche del suolo.
Sono sistemi SuDS le bioswales che potrebbe tradursi con aree di ritenuta. Invasi realizzati sfruttando la conformazione del terreno oppure realizzando opere di scavo o arginature, utilizzati per intercettare, invasare e trattenere - anche grazie alla realizzazione di opere di presa e regolazione - i volumi di piena dei corsi d’acqua o le acque meteoriche drenate dalle superfici impermeabili in ambito urbano. Le zone umide artificiali, con la medesima funzione di raccolta e filtraggio dell’acqua, ma ad una scala più grande. Le zone umide artificiali replicano attraverso un meccanismo ingegnerizzato i processi ecologici delle zone umide naturali risultando anche un ottimo sistema per l’eliminazione degli inquinanti presenti nelle acque (batteri, metalli pesanti, idrocarburi, particolato, ecc.), vasche di prima pioggia, invaso destinato all’ accumulo delle acque di prima pioggia per il loro successivo conferimento alla depurazione, che permette di intercettare ed escludere dallo scarico una notevole percentuale degli inquinanti veicolati dalle acque meteoriche.
Bacini di ritenzione o sedimentazione, aree di ritenzione dell’acqua piovana intese a compensare l'acqua in eccesso che potrebbe sovraccaricare la capacità dei sistemi di filtraggio o drenaggio. I bacini di ritenzione possono assumere varie forme e possono essere utilizzati come sistemi permanenti integrati in un progetto urbano o misure temporanee per controllare lo scarico dei sedimenti durante le attività di cantiere per le costruzioni.
Inoltre la maggior parte dei paesi che adottano questi sistemi per la gestione della risorsa idrica sono muniti di efficienti mappe georefenziate come dataset del modello idro-geologico nazionale del sottosuolo nel Regno Unito o mappe interattive che geolocalizzano tutti i sistemi di drenaggio quali rain gardens, bioswales, e altri nel nord America.
La gestione delle acque in Italia “fa acqua da tutte le parti”?
Le acque occupano uno spazio marginale all’interno dei piani urbanistici, spesso relegate all’interno di piani di settore. Emergono nella maggior parte dei casi lacune degli apparati normativi in materia di gestione delle risorse idriche, scarse relazioni tra analisi e scelte progettuali, frammentarietà degli approcci progettuali nella realizzazione di interventi lungo i corpi idrici, disomogeneità tra le discipline urbanistiche nei territori dei bacini e le visioni degli enti preposti alla valutazione degli interventi sulle acque, mancate correlazione tra le previsioni di sviluppo dei territori e lo stato delle infrastrutture.
L’attuale normativa italiana in materia di acque è il Dlgs n. 152/2006 “Norme in materia di ambiente”, la legge seppur ha abrogato la precedente legge n. L. 36/94 ne ha mantenuto quasi totalmente i contenuti. Al suo interno si parla del ciclo dell’acqua come Sistema idrico integrato (SII) articolato nelle seguenti fasi: captazione - adduzione e distribuzione - fognature - depurazione delle acque - scarico verso il corpo idrico ricettore. I sistemi citati nel precedente paragrafo lavorano a monte, ossia durante la fase di captazione, adduzione e distribuzione, migliorando e rendendo efficace lo scarico verso i corpi idrici. Cosa che purtroppo non è attuata nei sistemi idrici della maggior parte delle città italiane.
Acqua come oro blu: un patrimonio e non un rischio
Cosa bisognerebbe fare dunque? avviare la costruzione di quadri conoscitivi, aggiornare e condividere dati e informazioni relativi alle condizioni delle acque nel territorio a scala comunale e sovracomunale, costruire nuovi apparati cartografici con l’ausilio dei geographic information system (GIS) a supporto degli strumenti urbanistici.
Alcune iniziative virtuose in regioni e comuni italiani sono in essere come per esempio Reggio Emilia che si è dotata delle Linee guida per la gestione delle acque meteoriche, la Regione Puglia che con la legge regionale n. 26/2013 disciplina le acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia, la provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige con le linee guida per l’elaborazione del piano generale di smaltimento delle acque e ancora la Regione Lombardia con il progetto “a regola d’acqua: guida per la gestione delle acque nella pianificazione e regolamentazione comunale”.
Sono essenzialmente degli indirizzi e delle misure ma che portano sulla strada della costruzione di progetti e sistemi per un DRENAGGIO URBANO SOSTENIBILE, con l’obiettivo di promuovere a livello legislativo e di regolamentazione un sistema di gestione delle acque meteoriche urbane, costituito da un insieme di strategie, tecnologie e buone pratiche volte a ridurre i fenomeni di allagamento urbano, a contenere gli apporti di acque meteoriche ai corpi idrici ricettori mediante il controllo alla sorgente delle acque meteoriche e a ridurre il degrado qualitativo delle acque.