03/09/2019 - Case ‘vista mare’ costruite nel totale disprezzo delle leggi, del paesaggio, del diritto collettivo a poterne godere e della sicurezza di chi ci vive. Spesso addirittura si trovano intere cittadelle dove non c’è nemmeno un mattone in regola. Il cemento illegale ha invaso negli ultimi decenni le coste italiane e ancora oggi sembra esserci una sola certezza: poco o nulla viene buttato giù. Le demolizioni dei manufatti abusivi sono ferme al palo e nelle zone costiere è ancora più evidente. Bastano pochi numeri per capire l’entità del fenomeno.
Secondo
Legambiente sono 32.424 le ordinanze di demolizione emesse dal 2004 al 2018 in poco più del 20% dei comuni costieri italiani che hanno risposto all’
indagine “Abbatti l’abuso”. Di queste però solo 3.651 sono state eseguite, cioè con il ripristino dei luoghi e l’abbattimento del manufatto abusivo: in pratica
poco più dell’11%. E se nelle aree interne la media delle ordinanze di demolizione è di 23 a comune, spostandosi al mare il dato decuplica arrivando a 247 per ogni comune, a conferma del fatto che l’abusivismo lungo costa sia quello quantitativamente maggioritario.
Numeri presentati il 5 agosto scorso in occasione del passaggio in Campania di
Goletta Verde, la storica imbarcazione ambientalista in viaggio anche quest’anno contro i nemici del mare. Una regione, la Campania, scelta non a caso: qui le demolizioni lungo il litorale negli ultimi quindici anni non arrivano neanche al 2%. Peggio fanno solo il Molise (fermo a zero) e le Marche (dove si sfiora l’1%), ma chiaramente con dati quantitativi molto diversi: la Campania guida, infatti, la classifica delle regioni per numero di ordinanze emesse, sia nei comuni costieri che nei comuni dell’entroterra, ma ha demolito solo il 3%.
Se prendiamo in considerazione solo gli abusi realizzati lungo la costa in questa regione si contano ben 11.092 ordinanze emesse e solo 220 quelle eseguite. In
Calabria siamo al 5,2% e in
Puglia al 6,4%. Tra le regioni del Sud, fa eccezione la
Sicilia, che arriva a una percentuale del 15% nel rapporto tra ordinanze di abbattimento emesse e realmente eseguite. La performance migliore, secondo l’elaborazione di Legambiente, è del
Friuli-Venezia Giulia, con il 45%.
“Siamo di fronte a una pagina vergognosa della storia italiana che ha prodotto e alimentato illegalità e ha cambiato i connotati a intere aree del Paese - dichiara
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente -. Non c’è altra soluzione, contro gli abusi edilizi il migliore deterrente sono le demolizioni e non certo nuovi condoni
come fatto con il Decreto Genova lo scorso anno per la ricostruzione post terremoto nel cratere del centro Italia e per Ischia”.
“Per farlo però occorre procedere a una riforma legislativa che
passi ai prefetti la competenza delle operazioni di abbattimento, perché non condizionati dal ricatto elettorale, lasciando ai Comuni solo il controllo urbanistico del territorio e la repressione dei reati, compresa l’emissione delle ordinanze di demolizione. Solo così potremo riscattare interi territori e le loro comunità, ripristinando legalità, sicurezza e bellezza”.
In un quadro già di per sé negativo (all’indagine di Legambiente sull’abusivismo nei comuni italiani hanno risposto appena il 22,6% degli enti), i Comuni litoranei - nonostante siano quelli colpiti da un tasso di abusivismo maggiore - rispondono anche meno rispetto alla media nazionale: solo il 20,3% ha voluto fornire informazioni. Le regioni più trasparenti sono state l’Emilia-Romagna, con il 64,3% dei comuni litoranei che ha messo a disposizione le informazioni; il Veneto con il 45,5% e la Sardegna con il 38%. In Campania e nel Lazio ha risposto il 16,7% dei comuni, in Sicilia il 16,4%, in Calabria il 10,3%, mentre
solo il 7,5% dei comuni costieri della Puglia ha dato risposta, relegandola a fanalino di coda della classifica.
Di demolizioni si parla sempre meno nel nostro Paese, nonostante si tratti di una realtà molto diffusa, e in particolare nelle regioni meridionali, dove i litorali sono più belli e quindi più appetibili. Le ruspe faticano ad arrivare, perché
le case per le vacanze ‘non si toccano”. Perché spesso tra quelle villette affacciate sull’arenile, che consentono di fare un tuffo in mare percorrendo pochi passi, non ci sono solo quelle dei mafiosi ma anche quelle dei “colletti bianchi”. E per salvare le loro case abusive, salvano anche tutte le altre.
A questa regola,
fanno eccezione pochi casi, che Legambiente racconta puntualmente nei suoi dossier, come ad Altavilla Milicia, in provincia di Palermo, a Lecce o nella fascia costiera di Licata, sul mare agrigentino.
Fonte:
Legambiente