NORMATIVA
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Abusi edilizi, chi paga per il titolo abilitativo errato?
NORMATIVA
Abusi edilizi, chi paga per il titolo abilitativo errato?
È responsabile solo il progettista o anche il committente? Risponde la Cassazione
04/09/2019 - Quando un’opera risulta abusiva e il Comune ne ordina la demolizione, vengono chiamati in causa il committente, il progettista e il professionista che ha diretto i lavori. Con la sentenza 18342/2019, la Cassazione ha stabilito che la responsabilità dipende dalle competenze dei soggetti coinvolti e dal tipo di incarico rivestito nell’ambito della realizzazione dell’intervento.
Il committente sosteneva invece che il professionista avesse omesso, a sua insaputa, di presentare al Comune la relazione tecnica illustrativa degli interventi da realizzare su sua commissione. Sulla base di questi motivi aveva presentato ricorso contro la decisione del Tribunale territoriale, che sembrava addossargli la responsabilità dell’abuso sollevando invece il progettista.
Il cumulo dell'incarico di progettista dei lavori e di direttore degli stessi, si legge infatti nella sentenza, fa sì che egli debba rispondere nei confronti del committente della conformità del progetto alla normativa urbanistica e della individuazione in termini corretti della procedura amministrativa da utilizzare.
La scelta del titolo abilitativo in relazione al tipo di intervento edilizio progettato, ha affermato la Cassazione, rientra nelle competenze tecniche del professionista incaricato di progettare l’opera anche nel caso in cui, per ipotesi, tra professionista e committente ci sia un accordo illecito che prevede la realizzazione di un abuso. Questo perché, sostengono i giudici, l’incompletezza dell’istruttoria o gli errori nell’individuazione del titolo autorizzatorio, avendo carattere strumentale e preliminare rispetto all'esecuzione dell'opera, su cui il direttore dei lavori ha un ulteriore obbligo di controllo, “non possono ricadere sul committente che, in quanto profano, neppure avrebbe avuto gli strumenti per percepire l'errore”.
Anche nel caso in cui gli interventi abusivi non fossero stati progettati dal professionista, hanno concluso i giudici, essi erano stati realizzati dalla ditta appaltatrice, sotto la direzione del progettista/direttore dei lavori, che avrebbe dovuto accorgersi della difformità.
La Cassazione ha quindi accolto il ricorso del privato.
Opere abusive, il caso
Il caso esaminato riguarda l’ordine di demolizione di un’opera abusiva e il contenzioso sorto tra il committente e il progettista sulle responsabilità in merito ai lavori effettuati senza titolo abilitativo. Secondo la Corte territoriale, non c’era nessuna prova che fosse stato il professionista incaricato a progettare le opere illegittime.Il committente sosteneva invece che il professionista avesse omesso, a sua insaputa, di presentare al Comune la relazione tecnica illustrativa degli interventi da realizzare su sua commissione. Sulla base di questi motivi aveva presentato ricorso contro la decisione del Tribunale territoriale, che sembrava addossargli la responsabilità dell’abuso sollevando invece il progettista.
Abusi edilizi, il ruolo del progettista e direttore dei lavori
I giudici hanno rilevato che il professionista ricopriva sia l’incarico di progettista sia quello di direttore dei lavori. Dato il suo ruolo, avrebbe dovuto controllare e verificare la conformità delle opere realizzate a quelle progettate e la correttezza dei titoli abilitativi.Il cumulo dell'incarico di progettista dei lavori e di direttore degli stessi, si legge infatti nella sentenza, fa sì che egli debba rispondere nei confronti del committente della conformità del progetto alla normativa urbanistica e della individuazione in termini corretti della procedura amministrativa da utilizzare.
La scelta del titolo abilitativo in relazione al tipo di intervento edilizio progettato, ha affermato la Cassazione, rientra nelle competenze tecniche del professionista incaricato di progettare l’opera anche nel caso in cui, per ipotesi, tra professionista e committente ci sia un accordo illecito che prevede la realizzazione di un abuso. Questo perché, sostengono i giudici, l’incompletezza dell’istruttoria o gli errori nell’individuazione del titolo autorizzatorio, avendo carattere strumentale e preliminare rispetto all'esecuzione dell'opera, su cui il direttore dei lavori ha un ulteriore obbligo di controllo, “non possono ricadere sul committente che, in quanto profano, neppure avrebbe avuto gli strumenti per percepire l'errore”.
Anche nel caso in cui gli interventi abusivi non fossero stati progettati dal professionista, hanno concluso i giudici, essi erano stati realizzati dalla ditta appaltatrice, sotto la direzione del progettista/direttore dei lavori, che avrebbe dovuto accorgersi della difformità.
La Cassazione ha quindi accolto il ricorso del privato.