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È possibile determinare la resilienza di una città?
NORMATIVA
È possibile determinare la resilienza di una città?
Pubblicata la ISO 37123 che fornisce gli indicatori per valutare la capacità di adattamento delle città
17/02/2020 - Jeff Speck, noto urbanista americano, in occasione del suo discorso al TEDCity2.0 nel settembre 2013, affermò che “l’espansione urbana è la peggiore idea che abbiamo mai avuto”. Diceva questo riferendosi al modello della città americana che aveva favorito una riorganizzazione del paesaggio e la creazione del paesaggio stesso attorno alla esclusiva necessità dell'uso di automobili. Tale affermazione, seppur forte, può trovare riscontro in quasi tutti i modelli di città contemporanea che sono stati prodotti.
Infatti, dati statistici (fonte: IEFE-Bocconi, dati UN - 2016, UNEP - 2016, FAO - 2017), mettono in luce come le città siano dei centri di consumo, esse occupano solo il 3% della terra ma totalizzano 60-80% del consumo energetico e il 75% delle emissioni di CO2. Percentuali destinate a crescere, dato che si stima che entro il 2030 il 60% dell’intera popolazione mondiale vivrà in aree urbane e che il 95% dell’espansione urbana avrà luogo nei paesi in via di sviluppo.
Le città sono anche dei centri di inefficienze strutturali nell’uso di risorse basti pensare che la domanda municipale di acqua corrisponde all'11% del prelievo globale; di questo solo il 3% viene consumato e il restante 8% viene scaricato come acque reflue, lo spreco di acqua si attesta sul 73%. Lo spreco di energia negli edifici tocca punte del 50% della quota totale dei consumi urbani, e nelle aree urbane dei paesi industrializzati, i rifiuti alimentari generati dai consumatori rappresentano il 22% della produzione alimentare totale.
Numeri, percentuali, statistiche, che danno l’idea di come l’urbanizzazione è un fenomeno che porta con sé numerosi impatti, ma come può la Città del XXI secolo affrontare tutto questo? Il modello delle città contemporanee, cosi come concepito fin ora, non può essere più il riferimento per il prossimo futuro. La struttura della città deve essere in grado di ridurre l’impatto ambientale negativo; sostenere rapporti economici, sociali e ambientali positivi tra le zone urbane, periurbane e rurali; raggiungere la gestione sostenibile e l’uso efficiente delle risorse naturali e dimezzare lo spreco pro capite globale di rifiuti; adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze; essere inclusiva, sicura, sostenibile.
Per raggiungere questi obiettivi la città ha bisogno di flessibilità e adattabilità, deve essere resiliente.
Secondo l’UNEP (United Nations Environment Programme) - la principale autorità a livello globale sui temi ambientali - una città o un sistema urbano resiliente è caratterizzato dalla capacità di resistere a shock e minacce; utilizzare gli stress come opportunità per riorganizzarsi e svilupparsi conservando le stesse funzioni; adattarsi ai mutamenti sociali, politici, economici e ambientali.
Ma come si produce la resilienza? Come si può conoscere questa caratteristica delle città? C’è una regola o un metodo empirico applicabile?
La International Organization for Standardization (ISO) ha lavorato sul tema, formulando una serie di norme ISO sul concetto della Gestione Sostenibile delle comunità. La più recente, la ISO 37123 “Indicators for resilient cities”, fornisce gli indicatori per valutare il livello di resilienza delle città, cioè la loro capacità di adattarsi alle sfide e di reagire in caso di eventi imprevisti, mantenendo attive le funzioni essenziali.
Tutte le ISO, che fanno parte di questa famiglia, hanno lo scopo di aiutare le comunità ad attuare una strategia di sviluppo sostenibile, che tenga in considerazione il contesto economico, sociale e ambientale. Esse sono studiate per offrire alle comunità una strategia di sviluppo a lungo termine, rispettando le risorse e i bisogni delle generazioni presenti e future. “Questi standards forniranno alle città le misure necessarie per ricercare soluzioni innovative in risposta alle sfide incontrate”, afferma Patricia McCarney, convenor dell’organo tecnico che ha sviluppato la norma.
Cosi come, Bernard Gindroz, presidente dell’ISO/TC 268 e autore della ISO, afferma che “Le città stanno affrontando un numero crescente di eventi inaspettati: condizioni meteorologiche estreme, attacchi informatici, conflitti politici. Hanno la possibilità di prepararsi comprendendo appieno i rischi che affrontano e, di conseguenza, agire in modo da ridurre la loro vulnerabilità. La ISO 37123 aiuterà i centri urbani fornendo una serie di criteri confrontabili a livello globale, utilizzati per identificare nelle città di tutto il mondo le aree di debolezza”.
Questo lavoro risulta essere in linea con lo scopo della New Urban Agenda, ossia impegnare i suoi firmatari a rafforzare la resilienza urbana attraverso "lo sviluppo di infrastrutture di qualità e pianificazione territoriale, adottando e attuando politiche e piani integrati e approcci ecosistemici in linea con il Framework di Sendai (accordo volontario firmato dagli stati membri delle Nazioni Unite) per la riduzione dei rischi di catastrofi per il periodo 2015-2030 ".
Le città possono essere le protagoniste nella transizione globale verso il cambiamento, "in virtù del loro ruolo di centri di consumo, ma anche di innovazione, di relazioni economico-sociali e di produzione", ma possono perseguire questo obiettivo solo costruendo la propria resilienza. Le città devono identificare i propri rischi, vulnerabilità e punti di forza, in modo da prendere decisioni informate e valutare le conseguenze delle misure messe in atto.
Infatti, dati statistici (fonte: IEFE-Bocconi, dati UN - 2016, UNEP - 2016, FAO - 2017), mettono in luce come le città siano dei centri di consumo, esse occupano solo il 3% della terra ma totalizzano 60-80% del consumo energetico e il 75% delle emissioni di CO2. Percentuali destinate a crescere, dato che si stima che entro il 2030 il 60% dell’intera popolazione mondiale vivrà in aree urbane e che il 95% dell’espansione urbana avrà luogo nei paesi in via di sviluppo.
Le città sono anche dei centri di inefficienze strutturali nell’uso di risorse basti pensare che la domanda municipale di acqua corrisponde all'11% del prelievo globale; di questo solo il 3% viene consumato e il restante 8% viene scaricato come acque reflue, lo spreco di acqua si attesta sul 73%. Lo spreco di energia negli edifici tocca punte del 50% della quota totale dei consumi urbani, e nelle aree urbane dei paesi industrializzati, i rifiuti alimentari generati dai consumatori rappresentano il 22% della produzione alimentare totale.
La città del prossimo futuro deve essere resiliente
Numeri, percentuali, statistiche, che danno l’idea di come l’urbanizzazione è un fenomeno che porta con sé numerosi impatti, ma come può la Città del XXI secolo affrontare tutto questo? Il modello delle città contemporanee, cosi come concepito fin ora, non può essere più il riferimento per il prossimo futuro. La struttura della città deve essere in grado di ridurre l’impatto ambientale negativo; sostenere rapporti economici, sociali e ambientali positivi tra le zone urbane, periurbane e rurali; raggiungere la gestione sostenibile e l’uso efficiente delle risorse naturali e dimezzare lo spreco pro capite globale di rifiuti; adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze; essere inclusiva, sicura, sostenibile.Per raggiungere questi obiettivi la città ha bisogno di flessibilità e adattabilità, deve essere resiliente.
Secondo l’UNEP (United Nations Environment Programme) - la principale autorità a livello globale sui temi ambientali - una città o un sistema urbano resiliente è caratterizzato dalla capacità di resistere a shock e minacce; utilizzare gli stress come opportunità per riorganizzarsi e svilupparsi conservando le stesse funzioni; adattarsi ai mutamenti sociali, politici, economici e ambientali.
La produzione della resilienza passa attraverso degli standard
Ma come si produce la resilienza? Come si può conoscere questa caratteristica delle città? C’è una regola o un metodo empirico applicabile?La International Organization for Standardization (ISO) ha lavorato sul tema, formulando una serie di norme ISO sul concetto della Gestione Sostenibile delle comunità. La più recente, la ISO 37123 “Indicators for resilient cities”, fornisce gli indicatori per valutare il livello di resilienza delle città, cioè la loro capacità di adattarsi alle sfide e di reagire in caso di eventi imprevisti, mantenendo attive le funzioni essenziali.
Tutte le ISO, che fanno parte di questa famiglia, hanno lo scopo di aiutare le comunità ad attuare una strategia di sviluppo sostenibile, che tenga in considerazione il contesto economico, sociale e ambientale. Esse sono studiate per offrire alle comunità una strategia di sviluppo a lungo termine, rispettando le risorse e i bisogni delle generazioni presenti e future. “Questi standards forniranno alle città le misure necessarie per ricercare soluzioni innovative in risposta alle sfide incontrate”, afferma Patricia McCarney, convenor dell’organo tecnico che ha sviluppato la norma.
Cosi come, Bernard Gindroz, presidente dell’ISO/TC 268 e autore della ISO, afferma che “Le città stanno affrontando un numero crescente di eventi inaspettati: condizioni meteorologiche estreme, attacchi informatici, conflitti politici. Hanno la possibilità di prepararsi comprendendo appieno i rischi che affrontano e, di conseguenza, agire in modo da ridurre la loro vulnerabilità. La ISO 37123 aiuterà i centri urbani fornendo una serie di criteri confrontabili a livello globale, utilizzati per identificare nelle città di tutto il mondo le aree di debolezza”.
Le città saranno protagoniste nella transizione globale verso il cambiamento?
Questo lavoro risulta essere in linea con lo scopo della New Urban Agenda, ossia impegnare i suoi firmatari a rafforzare la resilienza urbana attraverso "lo sviluppo di infrastrutture di qualità e pianificazione territoriale, adottando e attuando politiche e piani integrati e approcci ecosistemici in linea con il Framework di Sendai (accordo volontario firmato dagli stati membri delle Nazioni Unite) per la riduzione dei rischi di catastrofi per il periodo 2015-2030 ".Le città possono essere le protagoniste nella transizione globale verso il cambiamento, "in virtù del loro ruolo di centri di consumo, ma anche di innovazione, di relazioni economico-sociali e di produzione", ma possono perseguire questo obiettivo solo costruendo la propria resilienza. Le città devono identificare i propri rischi, vulnerabilità e punti di forza, in modo da prendere decisioni informate e valutare le conseguenze delle misure messe in atto.