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Climatizzatori, Aicarr spiega come utilizzarli durante l’emergenza coronavirus
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Climatizzatori, Aicarr spiega come utilizzarli durante l’emergenza coronavirus
Corretta ventilazione e aumento della portata di aria di rinnovo, lo schema degli interventi di precauzione
08/04/2020 - Sul ruolo degli impianti di climatizzazione dell’aria nella diffusione del coronavirus c’è molta confusione. Esordisce così il documento redatto dall’Associazione italiana condizionamento dell’aria, riscaldamento e refrigerazione (Aicarr), che ha elaborato dei consigli per la gestione ottimale.
Secondo Aicarr, nella gestione degli impianti è necessario considerare il rischio di contagio da bioaerosol, su cui la comunità scientifica discute. Si tratta della possibilità che il virus sia trasmesso attraverso goccioline che, per le ridotte dimensioni, non risentono della gravità e restano sospese nell’aria.
Negli impianti dotati di ventilazione meccanica controllata (VMC) il rischio di contagio si riduce se si aumenta la portata dell’aria di rinnovo. Inutile, spiega Aicarr, spegnere i climatizzatori che, invece, sono un utile alleato, come i dispositivi di protezione individuale.
Negli impianti a tutta aria a servizio di un unico ambiente, Aicarr consiglia di aumentare la portata d’aria esterna e tenere il ricircolo interno sempre chiuso.
Negli impianti a tutta aria a servizio di grandi edifici, Aicar suggerisce di chiudere ogni serranda di ricircolo dell’aria.
Per gli impianti a tutta aria con ricircolo di zona a servizio di pochi ambienti di un’unica proprietà, il problema maggiore è dato dallo spostamento delle persone e la chiusura degli impianti non porta a sostanziali riduzioni del rischio.
Negli impianti ad aria primaria, in cui rientrano quelli dotati di ventilatori, gli impianti a travi fredde, gli impianti radianti e gli altri impianti con ricircolo nel singolo ambiente, Aicarr sostiene che l’unico elemento per diminuire i rischi è aumentare la portata d’aria esterna di rinnovo. Secondo l’associazione, non ci sono evidenze sul fatto che lo spegnimento, consigliato dal documento Rheva Covid-19 della Federation of European Heating, Ventilation and Air Conditioning Associations, abbia qualche efficacia.
Gli interventi suggeriti, a seconda dei casi e dalle caratteristiche dell’impianto esistente, sono l’aumento della portata d’aria, la forzatura delle serrande in sola aria esterna, la disattivazione o by-pass del recuperatore di calore, il mantenimento del set point dell’umidità relativa al di sopra del 40%, il funzionamento in continuo dell’immissione di aria esterna.
Ad ogni modo, Aicarr precisa che si tratta di accorgimenti che rispondono al principio di precauzione, perché spesso non esiste una reale prova sull’efficacia nella riduzione del rischio.
Secondo Aicarr, nella gestione degli impianti è necessario considerare il rischio di contagio da bioaerosol, su cui la comunità scientifica discute. Si tratta della possibilità che il virus sia trasmesso attraverso goccioline che, per le ridotte dimensioni, non risentono della gravità e restano sospese nell’aria.
Coronavirus e climatizzaori, Aicarr: serve la corretta ventilazione
Sia nel settore delle attività produttive, che dovranno ripartire, sia nelle residenze private, la riduzione del rischio di contagio, sostiene Aicarr, passa attraverso la corretta ventilazione degli ambienti.Negli impianti dotati di ventilazione meccanica controllata (VMC) il rischio di contagio si riduce se si aumenta la portata dell’aria di rinnovo. Inutile, spiega Aicarr, spegnere i climatizzatori che, invece, sono un utile alleato, come i dispositivi di protezione individuale.
Negli impianti a tutta aria a servizio di un unico ambiente, Aicarr consiglia di aumentare la portata d’aria esterna e tenere il ricircolo interno sempre chiuso.
Negli impianti a tutta aria a servizio di grandi edifici, Aicar suggerisce di chiudere ogni serranda di ricircolo dell’aria.
Per gli impianti a tutta aria con ricircolo di zona a servizio di pochi ambienti di un’unica proprietà, il problema maggiore è dato dallo spostamento delle persone e la chiusura degli impianti non porta a sostanziali riduzioni del rischio.
Negli impianti ad aria primaria, in cui rientrano quelli dotati di ventilatori, gli impianti a travi fredde, gli impianti radianti e gli altri impianti con ricircolo nel singolo ambiente, Aicarr sostiene che l’unico elemento per diminuire i rischi è aumentare la portata d’aria esterna di rinnovo. Secondo l’associazione, non ci sono evidenze sul fatto che lo spegnimento, consigliato dal documento Rheva Covid-19 della Federation of European Heating, Ventilation and Air Conditioning Associations, abbia qualche efficacia.
Coronavirus e climatizzatori, lo schema degli interventi necessari
Aicarr ha schematizzato il protocollo per la riduzione del rischio attraverso degli interventi sugli impianti di climatizzazione e ventilazione esistenti. Ogni intervento è contrassegnato da un bollino di un diverso colore a seconda che richieda azioni sui sistemi di controllo, azioni del personale o modifiche impiantistiche.Gli interventi suggeriti, a seconda dei casi e dalle caratteristiche dell’impianto esistente, sono l’aumento della portata d’aria, la forzatura delle serrande in sola aria esterna, la disattivazione o by-pass del recuperatore di calore, il mantenimento del set point dell’umidità relativa al di sopra del 40%, il funzionamento in continuo dell’immissione di aria esterna.
Ad ogni modo, Aicarr precisa che si tratta di accorgimenti che rispondono al principio di precauzione, perché spesso non esiste una reale prova sull’efficacia nella riduzione del rischio.