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Abusi edilizi, si può realizzare una struttura precaria su suolo agricolo?
NORMATIVA
Abusi edilizi, si può realizzare una struttura precaria su suolo agricolo?
Il Tar Lazio spiega quando i prefabbricati, anche se non ancorati al suolo, sono considerati nuova costruzione
08/09/2020 - La realizzazione di un prefabbricato in zona agricola potrebbe essere considerato come intervento di nuova costruzione e richiedere il rilascio del permesso di costruire. Lo ha spiegato il Tar Lazio con la sentenza 9127/2020.
Il Comune, al contrario, aveva sospeso i lavori e intimato la demolizione, sottolineando che la costruzione di legno, di circa 50 metri quadri, poggiava su una platea di cemento e che per la sua realizzazione sarebbe stata necessaria l’acquisizione preventiva del permesso di costruire.
Il Tar ha quindi concluso che, prima di iniziare i lavori per l’installazione del prefabbricato, il proprietario avrebbe dovuto richiedere il permesso di costruire. Questo perché il manufatto realizzato, pur presentando le caratteristiche di amovibilità, richiedeva opere di fondazione e la realizzazione di impianti tecnologici per allacciamenti permanenti e servizi, che comportano la trasformazione in via permanente di suolo inedificato.
I giudici non hanno considerato rilevante la situazione di necessità spiegando che l’urgenza non doveva impedire la richiesta del titolo abilitativo dal momento che le procedure sono “ormai molto accelerate e semplificate”. Il Tar ha aggiunto che il responsabile dell’intervento avrebbe potuto richiedere a posteriori il permesso, presentando un’istanza di accertamento di conformità.
Sulla base di questi motivi, il tar ha respinto il ricorso del proprietario, confermando così l’ordine di demolizione del Comune.
Prefabbricato precario su suolo agricolo, il caso
Nel caso esaminato, un soggetto, dopo aver subito uno sfratto, aveva installato un prefabbricato su un terreno agricolo di sua proprietà, ma il Comune gli aveva intimato la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi. Secondo il responsabile dell’intervento, si trattava di un manufatto di natura precaria per sopperire ad una esigenza abitativa temporanea, in attesa di un alloggio di edilizia popolare, realizzato in un’area priva di vincoli e circondata da numerose costruzioni abusive, che il Comune stava regolarizzando con il rilascio di permessi in sanatoria.Il Comune, al contrario, aveva sospeso i lavori e intimato la demolizione, sottolineando che la costruzione di legno, di circa 50 metri quadri, poggiava su una platea di cemento e che per la sua realizzazione sarebbe stata necessaria l’acquisizione preventiva del permesso di costruire.
Abusi edilizi e nozione di ‘nuova costruzione’
I giudici hanno spiegato che anche una struttura prefabbricata, anche se semplicemente appoggiata al suolo senza ancoraggio rientra nella nozione di “nuova costruzione” urbanisticamente rilevante ai sensi dell’art. 3 del DPR 380/2001, ove sia destinata ad essere stabilmente utilizzata come abitazione o locale lavorativo.Il Tar ha quindi concluso che, prima di iniziare i lavori per l’installazione del prefabbricato, il proprietario avrebbe dovuto richiedere il permesso di costruire. Questo perché il manufatto realizzato, pur presentando le caratteristiche di amovibilità, richiedeva opere di fondazione e la realizzazione di impianti tecnologici per allacciamenti permanenti e servizi, che comportano la trasformazione in via permanente di suolo inedificato.
I giudici non hanno considerato rilevante la situazione di necessità spiegando che l’urgenza non doveva impedire la richiesta del titolo abilitativo dal momento che le procedure sono “ormai molto accelerate e semplificate”. Il Tar ha aggiunto che il responsabile dell’intervento avrebbe potuto richiedere a posteriori il permesso, presentando un’istanza di accertamento di conformità.
Sulla base di questi motivi, il tar ha respinto il ricorso del proprietario, confermando così l’ordine di demolizione del Comune.