
Professionisti, la pubblicità può sostituire il compenso?
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Professionisti, la pubblicità può sostituire il compenso?
Tar Lombardia: anche un utile modesto può comportare il vantaggio di essersi aggiudicati una gara d'appalto. Fondazione Inarcassa: 'pubblicità non è retribuzione'
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del 07/07/2021

09/11/2020 - La retribuzione può essere compensata o sostituita dalla pubblicità o da un arricchimento del curriculum? Sì, secondo la sentenza 2044/2020 del Tar Lombardia, che ha considerato regolare e conveniente un’offerta che, rispetto alle altre, ha tagliato una parte dei costi di natura intellettuale.
Secondo i ricorrenti, gli aggiudicatari non avrebbero conteggiato una parte dei costi di natura intellettuale. Considerando tali costi, l’importo offerto sarebbe aumentato di 3.600 euro e gli aggiudicatari si sarebbero classificati al secondo posto in graduatoria.
I vincitori si sono difesi spiegando che i software a loro disposizione, le tecniche di programmazione del progetto nelle varie fasi hanno consentito il contenimento dei costi.
Giustificazioni che i ricorrenti hanno giudicato insufficienti, tanto da presentare ricorso.
La verifica dell’anomalia, hanno aggiunto i giudici, non mira ad individuare singole inesattezze, ma ad accertare che la proposta contrattuale sia seria e affidabile. In altre parole, non serve per effettuare ritocchi dell’offerta al rialzo o al ribasso, ma a capire se gli eventuali errori siano in grado di erodere quella soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala.
Per soglia minima di utile, però, non si intende guadagno economico. I giudici hanno spiegato che la giurisprudenza è unanime nel ritenere che “al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico”.
Sulla base di questi motivi, il Tar ha confermato l’aggiudicazione, ritenendo valida l’offerta del raggruppamento classificatosi primo.
“Correttamente lo Stato tutela i lavoratori che hanno remunerazioni minime, noi però lo invitiamo a fare altrettanto con i professionisti, specie se giovani, chiamati a svolgere la propria attività a costo zero, o quasi” ha affermato in una nota il Presidente di Fondazione Inarcassa, Franco Fietta.
Fondazione Inarcassa respinge il concetto che la pubblicità possa equivalere, o compensare, una retribuzione.
“Nel vedere ottusamente solo gli aspetti di economicità immediata - continua Fietta - la Pubblica Amministrazione non comprende che ad un progetto correttamente remunerato ed eseguito, corrisponde un risparmio nel breve, medio e lungo termine di gran lunga superiore” conclude il Presidente Fietta, confermando l’impegno istituzionale contro l’irregolarità dei bandi della fondazione che presiede.
Appalti e costi di natura intellettuale, il caso
Il caso preso in esame riguarda una gara per l’aggiudicazione della progettazione relativa ai lavori per la realizzazione di una nuova scuola. Il raggruppamento di professionisti classificatosi al secondo posto ha impugnato l’atto di aggiudicazione lamentando, tra i vari motivi, che i costi indicati dal vincitore fossero troppo bassi.Secondo i ricorrenti, gli aggiudicatari non avrebbero conteggiato una parte dei costi di natura intellettuale. Considerando tali costi, l’importo offerto sarebbe aumentato di 3.600 euro e gli aggiudicatari si sarebbero classificati al secondo posto in graduatoria.
I vincitori si sono difesi spiegando che i software a loro disposizione, le tecniche di programmazione del progetto nelle varie fasi hanno consentito il contenimento dei costi.
Giustificazioni che i ricorrenti hanno giudicato insufficienti, tanto da presentare ricorso.
Costi bassi, utile ridotto giustificato dalla pubblicità
Il Tar ha respinto il ricorso giudicando regolare l’offerta presentata dai vincitori. I giudici hanno spiegato che, in base all’articolo 97 del Codice Appalti (D.lgs. 50/2016), gli operatori economici sono tenuti a dare alla Stazione Appaltante spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse, sulla base di un giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell'offerta.La verifica dell’anomalia, hanno aggiunto i giudici, non mira ad individuare singole inesattezze, ma ad accertare che la proposta contrattuale sia seria e affidabile. In altre parole, non serve per effettuare ritocchi dell’offerta al rialzo o al ribasso, ma a capire se gli eventuali errori siano in grado di erodere quella soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala.
Per soglia minima di utile, però, non si intende guadagno economico. I giudici hanno spiegato che la giurisprudenza è unanime nel ritenere che “al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico”.
Sulla base di questi motivi, il Tar ha confermato l’aggiudicazione, ritenendo valida l’offerta del raggruppamento classificatosi primo.
Fondazione Inarcassa: ‘pubblicità non è retribuzione’
La decisione dei giudici ha destato i malumori dei professionisti, impegnati con le iniziative per la tutela dell’equo compenso.“Correttamente lo Stato tutela i lavoratori che hanno remunerazioni minime, noi però lo invitiamo a fare altrettanto con i professionisti, specie se giovani, chiamati a svolgere la propria attività a costo zero, o quasi” ha affermato in una nota il Presidente di Fondazione Inarcassa, Franco Fietta.
Fondazione Inarcassa respinge il concetto che la pubblicità possa equivalere, o compensare, una retribuzione.
“Nel vedere ottusamente solo gli aspetti di economicità immediata - continua Fietta - la Pubblica Amministrazione non comprende che ad un progetto correttamente remunerato ed eseguito, corrisponde un risparmio nel breve, medio e lungo termine di gran lunga superiore” conclude il Presidente Fietta, confermando l’impegno istituzionale contro l’irregolarità dei bandi della fondazione che presiede.