20/01/2021 - Anche a distanza di molti anni, il Comune può ordinare la demolizione di un abuso edilizio senza dover dare alcuna spiegazione. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza 8501/2020.
Abusi edilizi, il caso
I giudici si sono pronunciati sul ricorso contro il provvedimento
di annullamento del permesso di costruire e la contestuale ingiunzione di
demolizione delle opere abusive.
Sull’area, nel 1954 era stato apposto un
vincolo paesistico. Il proprietario aveva quindi presentato richiesto il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica, ottenendole nel 1964. Dalle foto storiche era però emerso che i lavori erano iniziati già nel 1956.
Ulteriori indagini avevano anche accertato che il progetto assentito non prevedeva la costruzione del livello interrato.
Nel 2018 il Comune ha quindi annullato d’ufficio il permesso di costruire ed emesso contestualmente un ordine di demolizione, ma il proprietario ha lamentato che non ci fossero delle
ragioni di pubblica utilità che motivassero la demolizione a distanza di molti anni.
Abusi edilizi, per la demolizione non serve motivazione
I giudici del Consiglio di Stato hanno confermato l’ordine di demolizione spiegando che “la demolizione di un immobile abusivo
non richiede una motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata che impongono la rimozione dell'abuso anche laddove lo stesso sia adottato a notevole distanza di tempo dalla realizzazione dell'opera”.
In materia di abusi edilizi, l'amministrazione pubblica, anche a distanza di tempo, ha l'obbligo di adottare l'ordine di demolizione per il solo fatto di aver riscontrato l'esistenza di opere abusive.
Il proprietario, ha concluso il CdS,
non può prospettare un legittimo affidamento, cioè non può dolersi dell'eventuale ritardo con cui l'amministrazione abbia emanato il provvedimento.