NORMATIVA
Contributo Superbonus 2024, ecco il modello
Superbonus 110%, come aprire il cantiere con un buon progetto e in tempi brevi
PROFESSIONE
Superbonus 110%, come aprire il cantiere con un buon progetto e in tempi brevi
L’architetto Renato Simoni, socio e cofounder di DVision Architecture, ci svela i suoi trucchi: digitalizzare, usare il BIM, ridefinire l’estetica dell’edificio
12/05/2021 - Sono trascorsi più di 10 mesi dall’introduzione del superbonus 110%, si sono susseguiti chiarimenti e indicazioni attuative e si sono alternati scenari di estensione della misura.
Oltre alle opportunità legate al super-incentivo, sono tanti ancora i nodi da sciogliere per affinare il processo, nella fase di progettazione e per l’avvio dell’intervento edilizio. Quali sono le soluzioni individuate sul campo dai professionisti?
DVision Architecture, società di architettura di Brescia, con commesse anche a scala internazionale, racconta la sua esperienza, forte di decine di incarichi per oltre 100 condomini, richieste di fattibilità tra Lombardia, Veneto e Trentino, per più di tremila unità abitative. E con il suo team che coniuga architettura, ingegneria e digitalizzazione, ci svela il suo metodo per velocizzare l’iter e consolidare l’approccio.
L’architetto Renato Simoni, socio e cofounder di DVA, racconta ad Edilportale* gioie e dolori del superbonus 110%.
In primis, quali sono le opportunità?
“Stando alle cifre, in media, se tutto andrà a buon fine, noi abbiamo fissato un target di 40% di risparmio di energia primaria, per una superficie di 250mila metri quadri di cappotto realizzati. Per questa fetta d’Italia del Nord, numeri importanti che hanno permesso di far ripartire l’ingranaggio. Ma i numeri sono determinanti anche per l’indotto, ecco che il contributo sul fronte del risparmio energetico è in linea anche con le direttive per la de-carbonizzazione del costruito sostenute dall’Europa. Tutto per un futuro sostenibile con al centro il progetto, possibilmente con l’architettura protagonista”.
“Bisogna pure dire che il patrimonio edilizio italiano è vetusto e il Superbonus è un incentivo e una ricetta che contribuisce a far ripartire il settore e la filiera in sicurezza e con la sostenibilità come cifra. Sostanzialmente la maggior parte degli edifici residenziali in Italia è stata realizzata prima del 1945. Più della metà di questi immobili si trova in zone climatiche che necessitano di interventi di riqualificazione energetica. A questo si aggiunga che il 75% degli edifici residenziali è in classe G, tra i 10 e gli 11 milioni di immobili”.
“Non secondaria la sicurezza sismica: in Italia ad oggi più del 50% delle abitazioni è realizzata in muratura portante, il 30% ha una struttura di calcestruzzo armato, di questo più della metà non conforme con la normativa antisismica. Inoltre, sono due milioni gli edifici residenziali in Italia dichiarati in pessimo stato conservativo. Edifici abitati, non abbandonati o in disuso. Voglio dire che il Superbonus non è solo un ricco incentivo, ma è un’occasione per il risparmio e per la riqualificazione edilizia, anche delle periferie urbane”.
Qual è il ruolo dell’architetto?
“Partiamo dal principio che il Superbonus è un incentivo che intreccia complessità che devono essere gestite. Il progettista è la figura principe all’interno di questa filiera, il suo ruolo, inoltre, dovrà essere quello di coordinamento e di garanzia della qualità”.
Parliamo del processo.
“Il processo di per sé è semplice, va sviluppato in fasi. Quella preliminare è la fase che porta alla delibera del condominio. Quando il condominio dà il suo ok, bisogna fare i conti con un’eventuale sanatoria. Poco eventuale, visto che il 95% dei condomini ha bisogno di un intervento di sanatoria, a cui seguiranno il permesso di costruire, l’approfondimento del progetto per poi arrivare finalmente al cantiere”.
Quando si arriva al progetto preliminare cosa succede?
“Uno scoglio da superare è la verifica di fattibilità, cioè se l’edificio corrisponde alle normative e ai casi di riferimento di chi può accedere al Superbonus, verificare se è raggiungibile il miglioramento di due classi energetiche e tutta una serie di questioni che riguardano problematiche urbanistiche: si pensi a tutti quei condomini che si affacciano direttamente sul marciapiede, quindi in uno spazio pubblico, problematiche sismiche e mancanza di abusi. Tutte cose che vanno preliminarmente verificate”.
In questa fase che problemi emergono?
“La maggior parte dei condomìni, come detto, ha avuto nel corso degli anni delle modifiche, a volte fatte dai singoli condomini, che riguardano gli alloggi ma anche parti esterne: la chiusura di logge e verande, l’ingrandimento di finestre e porte finestre, l’inserimento di pergole e tettoie. Modifiche che non sono in linea con la normativa o non sono autorizzate da procedimento urbanistico, delineandosi come abusi veri e propri per cui impostare una sanatoria. Le problematiche sono tante, troppe, da indagare, dall’occupazione di suolo pubblico, ai rapporti di vicinato, agli edifici sotto vincolo paesistico o monumentale. Ecco questo è un altro tema”.
Come inizia la vostra attività?
«La prima cosa che facciamo è un sopralluogo visivo che preferiamo fare con l’amministratore, poi un secondo incontro presso l’amministratore e i suoi studi serve per verificare tutta la documentazione che lui possiede, che è una prima base utile, in contemporanea si fa partire la richiesta al Comune per l’accesso agli atti perché, questo è un grande problema, i tempi sono diventati spesso biblici. Per Milano, per esempio, siamo in attesa dal 30 novembre di un feedback. Abbiamo però Comuni che in 15 giorni ti danno risposta, non ti fanno neanche andare, scansionano loro il materiale, e te lo mettono a disposizione direttamente online. Quindi verifica della conformità urbanistica, prima ipotesi di progetto, confronto con il termotecnico per verificare come risolvere le questioni legate al superamento delle due classi energetiche. Per poi passare dalla carta al cantiere”.
E poi come si procede?
“Dopo un confronto tra il tecnico e il progettista, si delinea il modo per ottenere la soluzione migliore; l’esigenza è quella di avere il minor spessore di cappotto possibile. Soprattutto nelle zone dei balconi e delle finestre per non andare a creare spazi meno fruibili agli occupanti. Tenendo sempre presente la questione economica, quindi la scelta dei materiali, ma con l’attenzione nella valutazione dei costi dei prodotti, per non rischiare di uscire dal limite dell’agevolazione. Bisogna fare una scelta tra materiali, spessore e costi”.
Quali sono le difficoltà in Lombardia, per esempio con i parametri della Legge 10?
“Una volta verificata la possibilità del salto delle due classi, con il termotecnico l’importante è tenere sotto controllo anche i parametri di Legge 10; non è automatico che avendo fatto il salto delle due classi, quell’intervento rispecchi l’attuale Legge 10, soprattutto sulla questione dei ponti termici e del comfort abitativo. Quindi verificare fin dalla fase preliminare questo elemento, è fondamentale soprattutto l’approfondimento sui ponti termici e sui balconi che spesso portano a interventi più invasivi e di dettaglio”.
Quanto incide il sismabonus?
“Ad oggi pochi condomini ci chiedono l’applicazione del sismabonus, non perché non ne abbiano necessità, ma perché viene visto come un intervento invasivo per la gestione dei condomini, delle persone. Invece è importante indagare il miglioramento sismico; oggi ci sono sistemi con intonaci strutturali e cappotti rinforzati, c’è l’utilizzo di fibre e fasciature metalliche. Bisogna considerare che, grazie al Bonus l’investimento è sempre conveniente. Anche senza salti di classe, migliorie seppur minime consentono di aumentare la sicurezza e la solidità di molti edifici, e di allargare il ventaglio di interventi possibili. Oggi purtroppo ci si concentra soprattutto sulla parte energetica, che sicuramente porta delle migliorie e vale l’investimento, ma non come un approccio completo e scevro da condizionamenti e autolimitazioni”.
Casi difficili?
“Una problematica grossa è, in città come Milano e Brescia, che molti condomini sono collegati al teleriscaldamento. Questo fa sì che, con la normativa attuale, molti condomini partano con una classe più elevata e questo vuol dire che per avere il salto di due classi dovresti lavorare sull’involucro in modo molto più pesante e complesso, oppure serve intervenire anche sulle parti private: caldaie e infissi. Inoltre, abbiamo condomìni che sono sotto vincolo paesistico o monumentale: ecco questo sono veramente casi difficili”.
Il passaggio più complicato?
“La parte normativa, è complessa. Non ha subìto nessuna semplificazione. Anzi spesso è ridondante. È difficile da gestire la verifica della conformità urbanistica: mi riferisco anche all’accesso agli atti e alla completezza delle informazioni, dato che molti Comuni non hanno le pratiche archiviate e digitalizzate. E questo lascia una serie di incertezze. Si aggiungano anche tutta quella serie di ottenimenti e prescrizioni non chiare, di infiniti pareri rilasciati, di modifiche in corso d’opera alla normativa, che hanno complicato il quadro generale, già offuscato da una campagna pubblicitaria iniziale a dir poco fuorviante. Inoltre, la pandemia e lo smartworking non hanno aiutato”.
La chiave di volta adottata da DVA?
“Il nostro trucco, per velocizzare l’iter, è stato fin dalla prima fase, l’utilizzo di rilievi laser scanner degli esterni e delle parti comuni di tutti i condomini che ci sono stati affidati. Con la digitalizzazione abbiamo accorciato i tempi. La nuvola di punti ci permette di realizzare un modellino tridimensionale da sovrapporre al materiale recuperato e di avere un riscontro immediato di quelle che sono le diversità e le incongruenze. Abbiamo visto che anticipare velocizza una serie di attività”.
“Realizziamo sin da subito un digital twin delle parti comuni che risulta essere la base per tutte le nostre analisi e le attività future. Portiamo sin da subito l’edificio in digitale, un piccolo modello-base, ma è quello che ci permette di determinare e inserire già una serie di informazioni che possiamo condividere con tecnici, consulenti e avere un collettore unico di dati che sarà la base per fare il progetto”.
“In genere gli altri progettisti rimandano il rilievo e evitano questo approccio digitale, considerando il superbonus un’attività molto tradizionale, per molti è un costo da posticipare, per noi non è mai un costo, è vantaggioso, ci permette di velocizzare e anticipare scelte. La norma è complessa e la progettazione è un lavoro di alta sartoria”.
“La digitalizzazione rappresenta un elemento cardine, soprattutto nell’applicazione di architettura tecnica e il bonus 110 è tecnologia e dettaglio al massimo livello. Modelli digitali, modelli BIM, sono utili per le soluzioni architettoniche, tecnologiche e per la verifica della conformità urbanistica”.
E quando finalmente si arriva al cantiere?
“Nella seconda fase, con il confronto con l’impresa e la definizione dei dettagli definitivi, non c’è nulla di nuovo rispetto ad altri cantieri. Si tratta solo di verificare la soluzione meno invasiva e conciliare con l’impresa le scelte tecnologiche adottate: il rapporto tra spessori, materiali e risultati energetici, e vedere se l’impresa che ha gestirà l’appalto riesce a realizzarli o ha proposte diverse. La cosa in più che cerchiamo di dare noi in questa fase del cantiere è quella di utilizzare il cappotto anche per ridefinire l’aspetto estetico dell’edificio: l’uso di spessori, l’uso del colore, di elementi distintivi e di rivestimenti per cercare di dare una qualità non solo funzionale”.
* intervista realizzata da Francesca Fradelloni, giornalista di PPAN
Oltre alle opportunità legate al super-incentivo, sono tanti ancora i nodi da sciogliere per affinare il processo, nella fase di progettazione e per l’avvio dell’intervento edilizio. Quali sono le soluzioni individuate sul campo dai professionisti?
DVision Architecture, società di architettura di Brescia, con commesse anche a scala internazionale, racconta la sua esperienza, forte di decine di incarichi per oltre 100 condomini, richieste di fattibilità tra Lombardia, Veneto e Trentino, per più di tremila unità abitative. E con il suo team che coniuga architettura, ingegneria e digitalizzazione, ci svela il suo metodo per velocizzare l’iter e consolidare l’approccio.
L’architetto Renato Simoni, socio e cofounder di DVA, racconta ad Edilportale* gioie e dolori del superbonus 110%.
In primis, quali sono le opportunità?
“Stando alle cifre, in media, se tutto andrà a buon fine, noi abbiamo fissato un target di 40% di risparmio di energia primaria, per una superficie di 250mila metri quadri di cappotto realizzati. Per questa fetta d’Italia del Nord, numeri importanti che hanno permesso di far ripartire l’ingranaggio. Ma i numeri sono determinanti anche per l’indotto, ecco che il contributo sul fronte del risparmio energetico è in linea anche con le direttive per la de-carbonizzazione del costruito sostenute dall’Europa. Tutto per un futuro sostenibile con al centro il progetto, possibilmente con l’architettura protagonista”.
“Bisogna pure dire che il patrimonio edilizio italiano è vetusto e il Superbonus è un incentivo e una ricetta che contribuisce a far ripartire il settore e la filiera in sicurezza e con la sostenibilità come cifra. Sostanzialmente la maggior parte degli edifici residenziali in Italia è stata realizzata prima del 1945. Più della metà di questi immobili si trova in zone climatiche che necessitano di interventi di riqualificazione energetica. A questo si aggiunga che il 75% degli edifici residenziali è in classe G, tra i 10 e gli 11 milioni di immobili”.
“Non secondaria la sicurezza sismica: in Italia ad oggi più del 50% delle abitazioni è realizzata in muratura portante, il 30% ha una struttura di calcestruzzo armato, di questo più della metà non conforme con la normativa antisismica. Inoltre, sono due milioni gli edifici residenziali in Italia dichiarati in pessimo stato conservativo. Edifici abitati, non abbandonati o in disuso. Voglio dire che il Superbonus non è solo un ricco incentivo, ma è un’occasione per il risparmio e per la riqualificazione edilizia, anche delle periferie urbane”.
Qual è il ruolo dell’architetto?
“Partiamo dal principio che il Superbonus è un incentivo che intreccia complessità che devono essere gestite. Il progettista è la figura principe all’interno di questa filiera, il suo ruolo, inoltre, dovrà essere quello di coordinamento e di garanzia della qualità”.
Parliamo del processo.
“Il processo di per sé è semplice, va sviluppato in fasi. Quella preliminare è la fase che porta alla delibera del condominio. Quando il condominio dà il suo ok, bisogna fare i conti con un’eventuale sanatoria. Poco eventuale, visto che il 95% dei condomini ha bisogno di un intervento di sanatoria, a cui seguiranno il permesso di costruire, l’approfondimento del progetto per poi arrivare finalmente al cantiere”.
Quando si arriva al progetto preliminare cosa succede?
“Uno scoglio da superare è la verifica di fattibilità, cioè se l’edificio corrisponde alle normative e ai casi di riferimento di chi può accedere al Superbonus, verificare se è raggiungibile il miglioramento di due classi energetiche e tutta una serie di questioni che riguardano problematiche urbanistiche: si pensi a tutti quei condomini che si affacciano direttamente sul marciapiede, quindi in uno spazio pubblico, problematiche sismiche e mancanza di abusi. Tutte cose che vanno preliminarmente verificate”.
In questa fase che problemi emergono?
“La maggior parte dei condomìni, come detto, ha avuto nel corso degli anni delle modifiche, a volte fatte dai singoli condomini, che riguardano gli alloggi ma anche parti esterne: la chiusura di logge e verande, l’ingrandimento di finestre e porte finestre, l’inserimento di pergole e tettoie. Modifiche che non sono in linea con la normativa o non sono autorizzate da procedimento urbanistico, delineandosi come abusi veri e propri per cui impostare una sanatoria. Le problematiche sono tante, troppe, da indagare, dall’occupazione di suolo pubblico, ai rapporti di vicinato, agli edifici sotto vincolo paesistico o monumentale. Ecco questo è un altro tema”.
Come inizia la vostra attività?
«La prima cosa che facciamo è un sopralluogo visivo che preferiamo fare con l’amministratore, poi un secondo incontro presso l’amministratore e i suoi studi serve per verificare tutta la documentazione che lui possiede, che è una prima base utile, in contemporanea si fa partire la richiesta al Comune per l’accesso agli atti perché, questo è un grande problema, i tempi sono diventati spesso biblici. Per Milano, per esempio, siamo in attesa dal 30 novembre di un feedback. Abbiamo però Comuni che in 15 giorni ti danno risposta, non ti fanno neanche andare, scansionano loro il materiale, e te lo mettono a disposizione direttamente online. Quindi verifica della conformità urbanistica, prima ipotesi di progetto, confronto con il termotecnico per verificare come risolvere le questioni legate al superamento delle due classi energetiche. Per poi passare dalla carta al cantiere”.
E poi come si procede?
“Dopo un confronto tra il tecnico e il progettista, si delinea il modo per ottenere la soluzione migliore; l’esigenza è quella di avere il minor spessore di cappotto possibile. Soprattutto nelle zone dei balconi e delle finestre per non andare a creare spazi meno fruibili agli occupanti. Tenendo sempre presente la questione economica, quindi la scelta dei materiali, ma con l’attenzione nella valutazione dei costi dei prodotti, per non rischiare di uscire dal limite dell’agevolazione. Bisogna fare una scelta tra materiali, spessore e costi”.
Quali sono le difficoltà in Lombardia, per esempio con i parametri della Legge 10?
“Una volta verificata la possibilità del salto delle due classi, con il termotecnico l’importante è tenere sotto controllo anche i parametri di Legge 10; non è automatico che avendo fatto il salto delle due classi, quell’intervento rispecchi l’attuale Legge 10, soprattutto sulla questione dei ponti termici e del comfort abitativo. Quindi verificare fin dalla fase preliminare questo elemento, è fondamentale soprattutto l’approfondimento sui ponti termici e sui balconi che spesso portano a interventi più invasivi e di dettaglio”.
Quanto incide il sismabonus?
“Ad oggi pochi condomini ci chiedono l’applicazione del sismabonus, non perché non ne abbiano necessità, ma perché viene visto come un intervento invasivo per la gestione dei condomini, delle persone. Invece è importante indagare il miglioramento sismico; oggi ci sono sistemi con intonaci strutturali e cappotti rinforzati, c’è l’utilizzo di fibre e fasciature metalliche. Bisogna considerare che, grazie al Bonus l’investimento è sempre conveniente. Anche senza salti di classe, migliorie seppur minime consentono di aumentare la sicurezza e la solidità di molti edifici, e di allargare il ventaglio di interventi possibili. Oggi purtroppo ci si concentra soprattutto sulla parte energetica, che sicuramente porta delle migliorie e vale l’investimento, ma non come un approccio completo e scevro da condizionamenti e autolimitazioni”.
Casi difficili?
“Una problematica grossa è, in città come Milano e Brescia, che molti condomini sono collegati al teleriscaldamento. Questo fa sì che, con la normativa attuale, molti condomini partano con una classe più elevata e questo vuol dire che per avere il salto di due classi dovresti lavorare sull’involucro in modo molto più pesante e complesso, oppure serve intervenire anche sulle parti private: caldaie e infissi. Inoltre, abbiamo condomìni che sono sotto vincolo paesistico o monumentale: ecco questo sono veramente casi difficili”.
Il passaggio più complicato?
“La parte normativa, è complessa. Non ha subìto nessuna semplificazione. Anzi spesso è ridondante. È difficile da gestire la verifica della conformità urbanistica: mi riferisco anche all’accesso agli atti e alla completezza delle informazioni, dato che molti Comuni non hanno le pratiche archiviate e digitalizzate. E questo lascia una serie di incertezze. Si aggiungano anche tutta quella serie di ottenimenti e prescrizioni non chiare, di infiniti pareri rilasciati, di modifiche in corso d’opera alla normativa, che hanno complicato il quadro generale, già offuscato da una campagna pubblicitaria iniziale a dir poco fuorviante. Inoltre, la pandemia e lo smartworking non hanno aiutato”.
La chiave di volta adottata da DVA?
“Il nostro trucco, per velocizzare l’iter, è stato fin dalla prima fase, l’utilizzo di rilievi laser scanner degli esterni e delle parti comuni di tutti i condomini che ci sono stati affidati. Con la digitalizzazione abbiamo accorciato i tempi. La nuvola di punti ci permette di realizzare un modellino tridimensionale da sovrapporre al materiale recuperato e di avere un riscontro immediato di quelle che sono le diversità e le incongruenze. Abbiamo visto che anticipare velocizza una serie di attività”.
“Realizziamo sin da subito un digital twin delle parti comuni che risulta essere la base per tutte le nostre analisi e le attività future. Portiamo sin da subito l’edificio in digitale, un piccolo modello-base, ma è quello che ci permette di determinare e inserire già una serie di informazioni che possiamo condividere con tecnici, consulenti e avere un collettore unico di dati che sarà la base per fare il progetto”.
“In genere gli altri progettisti rimandano il rilievo e evitano questo approccio digitale, considerando il superbonus un’attività molto tradizionale, per molti è un costo da posticipare, per noi non è mai un costo, è vantaggioso, ci permette di velocizzare e anticipare scelte. La norma è complessa e la progettazione è un lavoro di alta sartoria”.
“La digitalizzazione rappresenta un elemento cardine, soprattutto nell’applicazione di architettura tecnica e il bonus 110 è tecnologia e dettaglio al massimo livello. Modelli digitali, modelli BIM, sono utili per le soluzioni architettoniche, tecnologiche e per la verifica della conformità urbanistica”.
E quando finalmente si arriva al cantiere?
“Nella seconda fase, con il confronto con l’impresa e la definizione dei dettagli definitivi, non c’è nulla di nuovo rispetto ad altri cantieri. Si tratta solo di verificare la soluzione meno invasiva e conciliare con l’impresa le scelte tecnologiche adottate: il rapporto tra spessori, materiali e risultati energetici, e vedere se l’impresa che ha gestirà l’appalto riesce a realizzarli o ha proposte diverse. La cosa in più che cerchiamo di dare noi in questa fase del cantiere è quella di utilizzare il cappotto anche per ridefinire l’aspetto estetico dell’edificio: l’uso di spessori, l’uso del colore, di elementi distintivi e di rivestimenti per cercare di dare una qualità non solo funzionale”.
* intervista realizzata da Francesca Fradelloni, giornalista di PPAN